77. Ancora una volta

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"Ehi, ciao piccola Oss!"
"Paolo! Che fai qui? Sei debole, non devi uscire dalla stanza, vieni! Ti accompagno".
Il suo volto si poggia lentamente sull'incavo del mio collo.
"Shh! Ti prego, aspetta un attimo" respiri leggeri e affaticati ritmano la sua difficoltà nel potermi parlare.
"Calmati, Paolo. Potrai dirmi tutto quello che vuoi anche domani, non devi stancarti troppo. Per favore, ora vieni con me".
Con una stretta al polso mi riporta allo stipite della porta.
"Perché stai lavorando da un'altra parte? Perché non sei venuta da me? Che succede?"
"Non succede nulla, sono solo stata chiamata dalla mia coordinatrice, questa mattina e informata del fatto che per i prossimi dieci giorni sarò in servizio in un altro reparto, che tra le altre cose è dipartimentale e quindi non c'è nulla da obiettare. Funziona così!"
"Va bene, mi manchi però. Non sei venuta a trovarmi e non ti ho vista al lavoro, non capivo che cosa potesse essere successo. Poi oggi la tua collega mi ha detto dove eri e ti sono venuto ad aspettare."
"Ora puoi calmarti e respirare. Sono qui, non passo da te perché ai tuoi genitori non va giù la mia presenza e ora che non sto lavorando qui, non ho la visita giustificata."
"Con loro sono stato molto chiaro, ho detto che non devono assolutamente impicciarsi e lasciarti in pace, ma evidentemente mio padre..."
"La storia si ripete, Paolo. Tu arrivi e io magicamente vengo spostata dall'altra parte dell'ospedale. Ti prego di non fare o dire nulla, perché poi sarò io a farne le spese. Te lo chiedo in ginocchio."
"Ti amo, Giulia. Questa volta si farà come dico io."

Le sue labbra calde e arrabbiate afferrano titubanti le mie, fino a perdersi nell'eco assordante dei nostri ricordi più belli, più intimi e più profondi.
Doloroso e forte il ricordo di noi si impadronisce del mio stomaco. Una dura lotta interna prende forma nelle mie vie respiratorie fino a costringermi e staccarmi con impeto da lui.

"Ti prego, Paolo. Dopo di noi c'è stato Manuel, il padre di mia figlia, mio marito, un uomo che ha cambiato il suo modo di vivere con l'unico scopo di rendermi libera e felice. Avevamo ricominciato a vivere negli Stati Uniti dopo che la tua famiglia ci aveva quasi uccise. Non posso vanificare tutto per gente che è ancora sul piede di guerra perché sono questo; una semplice Oss. Per loro non sarò altro che questo, una che non è alla tua altezza e forse un giorno capirai che è così anche per te."
"Tu sei e sarai per sempre la mia piccola Oss, ricordi? Io ti ho chiamato così, perché è di lei che mi sono innamorato, ti sei subito preoccupata di farmi sapere chi eri e che lavoro facevi, beh, io è di lei che sono innamorato ed è lei che non voglio perdere. Ci ho provato e riprovato, ma la mia vita senza te non è vita. Potrai guadagnare mille trecento euro al mese, avere una figlia non mia, ma la mia vita la vedo solo accanto a te. Per favore, Paolo è cresciuto, ha sbagliato tutto ma ora è cresciuto e ti chiede una seconda opportunità. Ti supplico."
"Ascolta, non è qui e in queste condizioni che voglio parlare con te del nostro futuro. Potrei avere una lettera di richiamo o chissà cos'altro. Durante le ore di lavoro non mi è concesso comportarmi così, ora torna in camera e se davvero vorrai provare a riconquistarmi, dovrai guarire e farlo fuori di qui."

I suoi occhi accettano la sfida che ho appena lanciato, come due scintille innescano il fuoco che sta per ardere in tutto il suo corpo.
Non posso più mostrarmi debole, è troppo quello che ho da perdere ora.

"Vedrai che non ti deluderò, che tornerai ad amarmi e io ti renderò la donna più felice del mondo."

Con l'impeto di un dannato che sta briciando tra le fiamme dell'inferno, si avventa sulle mie labbra e sul mio corpo per fondersi con una parte di lui che per troppo tempo era mancata, i ritmi dei nostri cuori hanno sempre galoppato insieme, si sono sempre parlati per primi e loro hanno stabilito che mai nessuno avrebbe cambiato la loro direzione, perché erano programmati allo stesso suono, allo stesso ritmo. Il mio cuore era suo e il suo era mio, qualsiasi sia stato l'epilogo.
Mentre boccheggiavo come un pesce, la figura che mi ha sfibrato come un filo di erba secca, svanisce nel nulla lasciandomi fortemente scossa nel corpo e nell'anima.
Frastornata dalla giornata di lavoro e dal mio bollente incontro, mi cambio per correre a casa di Leonardo.
Il tragitto in macchina è scosso dalle sensazioni che mi hanno fatto vivere quei baci, dal senso di colpa nei confronti di Manuel. Provo ad essere indifferente e ridestarmi ma quel calore è difficilissimo tenerlo a bada.
Dio. Aiutami! Non voglio sbagliare, non voglio più soffrire, non voglio fare del male a mia figlia, non voglio mancare di rispetto a mio marito...

Piccola OssWhere stories live. Discover now