73. Carezze di vetro

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Un mare in tempesta invade il mio cuore e la mia anima.
Un urlo sordo fende l'aria con i miei respiri ravvicinati.
Non riesco a muovermi, la confusione e i ricordi affollano la mia mente, prendendosi tutto ciò che mi necessita per rimanere lucida.
Tu e solo tu riesci a farmi stare così male e così bene allo stesso tempo.
Le gambe non rispondono ai comandi impartiti dal mio cervello e continuo  a rimanere accasciata a terra, mentre Rita, afferra con forza le maniglie della sedia a rotelle e la dirige accanto al lettino, ignara di quello che sta accadendo.

Non riesco a guardarti, sento l'aria carica di te, del tuo profumo, infilarsi tra i capelli e, leggera, sfiorarmi la pelle del viso come una carezza di vetro.
Sì! Perché i graffi che hai lasciato nella mia anima e sul mio corpo sono stati laceranti come il vetro che rimane infilato nella carne.
Quella carne che hai tanto amato e che poi hai gettato via, come fosse spazzatura.
Allora? Dovrei odiarti? Dovrei alzarmi e fare finta di non conoscerti?
Sei così esile e malconcio... che ne è stato del mio bellissimo amore? Di quell'uomo nascosto nei panni di un ragazzo, che mi ha preso con forza da un vortice di distruzione dove ero prigioniera e, mi ha reso la vitalità di una ragazzina? Dove?  Dove sei finito?
"Giulia? Potresti far accomodare il Sig. Arena sul lettino? Io arrivo subito!"
Riesco ad appellarmi a tutta la forza che non ho, punto le mie iridi sul viso dolce di Maria e mi volto verso colui che ho amato più di ogni altra cosa al mondo e... espiro gettando la risposta più ovvia.
"Certamente, Rita! Vai pure..."
"Buon giorno, Sig. Arena, io sono Giulia, l'Oss, che la assisterà durante la pre-sedazione e durante l'esame che andrà a sostenere.
Ora... riesce ad alzarsi? Dobbiamo andare a stenderci su quel lettino con le lenzuola verdi, pensa di farcela, o ha bisogno del mio aiuto?"
Di colpo il meraviglioso viso di mia figlia scompare e le sue iridi blu oltremare, sgranate dalla sorpresa e dallo sgomento, nel vedermi lì, perfettamente calzata nel mio ruolo, ondeggiano come fiamme sulle mie, provocando uno squilibrio del mio essere, nella stessa misura di un corpo che cade giù da un burrone, senza mai toccare terra.
Le sue mani serpeggiano su per la mia vita fino ad accarezzare l'ovale del mio viso, lasciando scintille di quello che è stato e che dobbiamo reprimere entrambi, probabilmente per sempre, provocandomi spasmi addominali.
Il cuore martella nella cassa toracica, impazzito, come a voler scappare via.
"Sei tu?"
Afferro dolcemente la sua mano ormai ridotta all'osso e, la imprimo nel calore e nella morbidezza della mia guancia sinistra, socchiudendo le palpebre per un minuscolo istante, cercando di vivere quel millesimo di straordinaria emozione.
Con il capo annuisco.
"Sono io... la tua piccola Oss".
Con il capo completamente abbandonato sui miei seni, pone l'orecchio sul ritmo impazzito del mio cuore.
"Perdonami! Perdona tutto il male che ti abbiamo arrecato, ti scongiuro, amore mio".
Con l'indice affondo leggermente sulle sue labbra ancora carnose e sensuali, rosse come ciliegie, dal sapore ineguagliabile.
"Shh! Non dire nulla... stai calmo e pensa a guarire. Ormai le nostre vite hanno preso delle pieghe diverse e mai si potrà tornare indietro. Nulla potrà mai tornare come prima, solo l'amore, se è stato vero , resterà per sempre in una parte remota del nostro cuore. Un giorno forse, tra qualche milione di anni, due stelle brilleranno assieme e illumineranno gli occhi di chi volgerà lo sguardo al cielo. Io e te, soltanto in questo modo potremo stare per sempre l'una accanto all'atra. Felici e libere di essere ciò che siamo e di provare ciò che proviamo. Ora ho una figlia che amo più della mia stessa vita e non ho nessuna intenzione di perderla a causa di gente che ha il letame al posto del cuore e della coscienza".
"So tutto di te, di voi... di quello che è accaduto in America e mi dispiace da morire, te lo giuro. Ho provato a cercarti ma era troppo tardi. Io ero cresciuto e, tu, giustamente, eri già andata avanti con la tua vita. Non avrei comunque rinunciato a lottare ma poi..."
Un tumulto che viene dal cuore e dall'anima scuote le sue spalle e il suo stomaco, facendolo contorcere dai colpi di tosse, una tosse feroce, che assorbe ogni sua forza.
Dolcemente e con le braccia piene di forza, lo aiuto a liberarsi dai muchi che gli stanno ostruendo il respiro. Lo sostengo e lo sistemo con le spalle contro il mio petto.
"Mi sono ammalato, mi sono ridotto così e, tutto è andato a puttane!"
"Shh! Calmati e pensa a guarire... tra poco arriverà il medico e vedrai che tutto si sistemerà. Io sarò qui con te, non ti lascerò un secondo, i miei occhi saranno quello che vedrai prima di assopirti e i primi quando ti ridesterai. Vedrai, andrà tutto bene..."
Con molta fatica riesco ad aiutarlo a stendersi nel lettino, questa posizione è pessima per la sua sofferenza polmonare, che scaturisce colpi di tosse ripetuti, fino a portarlo allo stremo.
Riesco a catturare in un barattolino sterile il suo espettorato, lo porrò all'attenzione del medico in un secondo tempo.
Cerco di apporre sotto le sue spalle due cuscini per sollevarlo un po' e posiziono il saturimetro sul suo dito indice, per cercare di capire quanto satura in aria ambiente.
Come immaginavo la SpO2 è 93 su 100 e la Fc è pari a 90 battiti.
Di mia iniziativa collego due piccole cannule ad un filo lungo circa due metri e libero nel suo naso una piccola fonte di Ossigeno; 5lm, per aiutarlo a respirare meglio.
"Come stai? Va un po' meglio?"
Con una piccola garza, rimuovo le piccole gocce di sudore che si sono create con lo sforzo, dalla sua fronte corrucciata.
"Sei così dolce e brava. Sto molto meglio, grazie".
Rita e il dottore sono pronti ad eseguire la broncoscopia.
Sono molto agitata, frastornata ma felice di poterlo rivedere oltre i miei ricordi.
Non è esattamente l'incontro che speravo ma, Dio ha decisamente dei piani del tutto singolari per me.
Paolo vieta l'ingresso al padre durante l'esame e lo invita ad aspettarlo fuori.
Sfioro delicatamente il suo volto e porgo la mia mano per poterla stringere e farsi coraggio.
Ho ancora il tremore dato dall'emozione che corre su e giù nel mio corpo come un gatto che da la caccia ad un topo.
"Vai con la prima dose di Midazolam, Rita!"
"Ora la nostra infermiera, le inietterà una  dose di anestetico che le permetterà di non sentire fastidi, da questo ago cannula, la prima dose è pronta a partire. È pronto?"
"Vada pure dottore!"
Un ultimo sguardo prima di lasciarsi andare.
Sono tesa come una corda di violino, ho paura di cosa potrebbero trovare.
Mi hanno fatto delle cose orribili, lo ammetto, ma, mai vorrei il suo male.
La mano esperta del dottore, infila nel naso di Paolo, gradualmente il broncoscopio, fino a scendere nelle cavità polmonari, da lì, silenzioso, inizia a guardare, ispezionare aree anche molto piccole ma a lui sospette, finché:
"Rita? Preleva! Più avanti, inietta acqua, vai leggermente indietro, vai!"
Ha trovato ciò che lo indispettiva e, come suo solito, non ha mollato, finché non ha visto ciò che voleva vedere.
Piccoli frammenti dei suoi polmoni, vengono prelevati e messi in una soluzione liquida e trasparente, che li mantiene tali, fino all'esame di laboratorio.
"Fatto! Pensate voi a sistemarlo, i genitori sono là fuori."
Chissà se questa brutta situazione avrà portato un po' di umiltà nei loro vecchi modi di fare?
Ne dubito!
Delicatamente asciugo il suo viso e lo accarezzo fino al suo risveglio.
"Ben tornato! È tutto finito, sei stato coraggioso".
Leggermente accenna ad un sorriso e stringe la mia mano, che mai ha lasciato, durante tutto l'esame.
L'odore che è fuoriuscito è nauseante, perciò cerco di lavarlo, una volta messo seduto sulla sedia a rotelle.
"Ora devo riportarti dalla tua famiglia. Rita, io metto a lavare tutti gli attrezzi, ci pensi tu?"
Paolo mi guarda con la morte nel cuore.
"Venga! La porto io in sala risveglio, li dovrà stare una quarantina di minuti e poi, se tutto andrà bene, potrà andare."
"Grazie mille!"
Lo saluto con una carezza veloce ai capelli.
Una lacrima scende pesante e corposa dalla guancia e subito dopo un'altra, dall'altra parte la segue.
Non sono certa di quello che io abbia dovuto sopportare oggi, tuttavia, ho una vaga idea di quello che dovrò sopportare da domani.

Ditemi un po'... Vi aspettavate una scena del genere?
Vi immaginavate Paolo così ridotto? E di incontrarlo proprio lì?
Che avrà?
Guarirà da questa maledetta polmonite? E i suoi? La riconosceranno?

Piccola OssOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz