Interrogazioni e bugie

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Quell'afosa e secca sera di fine luglio, intonavo canzoncine pop mentre preparavo la cena.
La mamma sedeva a tavola, e durante il ritornello portava il ritmo battendo con la mano sul tavolo.
L'atmosfera appariva tranquilla, al pari di ogni altro giorno.
L'ampia finestra della cucina era spalancata, ed un dolce venticello entrava a rinfrescare la stanza, quasi volesse danzare sulle note dei miei motivetti.
La luna era al suo solito posto nel cielo, e poche piccole stelle macchiavano l'oscurità di mezza estate.
All'improvviso, la rauca voce di mia madre spezzo l'incanto.
Cosima, come trascorri le tue giornate?, mi chiese con apparente ingenuità.
Rimasi come immobilizzata, l'ansia fermò le mie gambe ed il cuore prese abbattermi forte. Perfino il vento sembrava essersi fermato, in quell'attimo durato un'eternità.
Poi, cercando di prendere in mano la situazione, mi girai e, cercando di evitare il suo sguardo, presi a mugugnare parole incomprensibili.
Cosima, starai forse trascorrendo le tue giornate prendendoti a botte con qualcuno? Guarda che puoi parlarmene, ti darò dei consigli, non preoccuparti, non mi arrabbierò.
La sua voce appariva calda e rassicurante, e delle lacrime rigarono improvvisamente il mio viso, quasi a voler sciogliere la tensione degli ultimi dieci secondi.
Ero commossa dalle sue parole di conforto e protezione materna, ma allo stesso tempo ero sollevata del fatto che non sospettasse nulla a proposito dello sport che, contro la sua volontà, praticavo ormai da qualche tempo.
L'abbracciai, in un impeto d'affetto insolito, e lei dovette ricambiare il gesto, poiché sentii le sue mani screpolate sulle mie spalle, mosse in una carezza tipica di chi è disabituato a qualsiasi atto smielato.
Quella sera, la cena fu piacevole. Era come se quella semplice domanda, il suo tono preoccupato, avesse rotto le barriere che si erano create tra me e la mamma. Ovviamente, sapevo che i suoi sensi di colpa erano ancora lì, ed ero già preparata ad un' eventuale ricaduta.
Ma, nel frattempo, mi godetti quella serata tranquilla in compagnia della donna che mi aveva messo al mondo e di cui mi prendevo cura da sempre.
Era un aggrapparci alla vita continuo, il nostro.
Era un aggrapparci l'una all'altra in una sopravvivenza forzata, lo comprendevo.
Tuttavia, avevamo bisogno l'una dell'altra per andare avanti, ed anche se adesso avevo Lino ed il pattinaggio, sapevo di aver ancora bisogno di lei. Dei suoi lamenti notturni, che attribuivano in me la consapevolezza che la mia mamma fosse al piano inferiore, che lottasse ancora. Dei suoi occhi spenti, dei suoi no.

Il volo dell'angeloWhere stories live. Discover now