La sottile pioggerella di metà luglio bagnava i nostri abiti smanicati, i pattini e la pista.
I maestosi alberi, sopra le nostre teste, fungevano da ombrello, ma a poco servivano, con quelle fitte gocce che, come lance affilatissime, si lanciavano a capofitto su di noi, che imperterriti continuavamo a danzare sui nostri rollerblade, incuranti della pioggia incessante che continuava a bagnare il cemento senza interruzione.
Un capitombolo pose fine alla mia corsa sotto la pioggia: ero ancora troppo insicura per potermi azzardare a corse spericolate tra le pozzanghere, così mi rassegnai e mi sedetti con rabbia ai piedi del sempreverde.
Dopo poco, Lino mi imitò.
I miei pattini a rotelle non vogliono saperne di resistere alla pioggia, oggi!, mi lamentai.
Il mio amico mi guardò sorpreso, poi prese a guardare i miei rollerblade e mi rimproverò.
Non per aver attribuito la colpa del mio ruzzolone ai pattini, ma per il modo errato in cui li avevo definiti.
I nostri non erano pattini a rotelle, mi corresse, bensì "pattini in linea".
Alzai le spalle, come a voler asserire che non c'era differenza, ma evidentemente Lino teneva particolarmente alla terminologia, poiché, sistemandosi meglio al riparo, accanto a me, indicò il telaio in acciaio e cominciò a spiegare.
La disposizione delle ruote su un'unica fila centrale che caratterizzava i nostri rollerblade, evidentemente differiva dalle due coppie allineate longitudinalmente dei pattini più antichi.
Perfezionista in ogni sfaccettatura del suo essere, il mio amico Lino appariva perfettamente a suo agio mentre tamburellava con le dita sul metallo e, senza un briciolo di arroganza, continuava a parlarmi della storia del pattinaggio.
I rollerblade, che prendevano il nome dall'azienda leader nel settore, erano nati solo pochi decenni prima, sostenne. Poi attaccò a parlare, con enfasi, di un certo Olson, lo statunitense che voleva realizzare un attrezzo per facilitare i giocatori di hockey nei loro allenamenti in assenza di ghiaccio e, quasi per caso, aveva dato vita ai nostri tanto amati pattini.
Raccontava storie e leggende su questo sport senza mai perdere il filo, e percepii lo scintillio nei suoi occhi e l'emozione che provava nel condividere le sue conoscenze con me.
Amava ciò che faceva, e la passione per il pattinaggio si percepiva dal suo simpatico modo di coinvolgermi nei suoi racconti, intervallando storie a riflessioni, freddure a curiosità.
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Il volo dell'angelo
Teen Fiction"I miei rilucenti capelli biondi che fino ad allora avevo considerato insignificanti, sfrecciavano nel vento, come una bandiera che con fare trionfante illustra al popolo la sua magnificenza. Il caldo sole di aprile picchiava sulle nostre teste am...