La corsa nel vento

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I miei rilucenti capelli biondi che fino ad allora avevo considerato insignificanti, sfrecciavano nel vento, come una bandiera che con fare trionfante illustra al popolo la sua magnificenza.
Il caldo sole di aprile picchiava sulle nostre teste amiche, illuminava la pista filtrando tra i rami degli alberi che sovrastavano la grande struttura su cui stavamo giocando.
Lino faceva sul serio: era, quello, per lui, un ordinario giorno d'allenamento, ma per me era pura magia.
Sentivo il cuore battere al ritmo dei miei piedi, che a loro volta tentavano invano di stare al passo con i pattini professionali del giovane agonista.
Quelle rotelle giravano tanto veloci da innescare quasi scintille, e mi sembrava che da un momento all'altro il ragazzino potesse spiccare il volo.
Pareva che i suoi rollerblade non poggiassero neanche più sull'asfalto, tanto correva veloce.
Immaginai che Lino fosse un aereo, coi pattini che fungevano da ruote per il decollo, e le sue braccia tese a ricreare le ali.
Il mio cuore batteva all'impazzata, un po' per lo sforzo, un po' per la grande emozione che provavo nel correre nel vento insieme al mio nuovo amico.
Le ore trascorrevano, e per la prima volta compresi quanto il tempo possa avere una variabile soggettiva: se ti annoi, non passa mai, ma se ti diverti trascorre troppo velocemente.
"Se guardi l'acqua, non bolle più", ripeteva la mamma. Solo ora comprendevo appieno il significato del suo curioso modo di dire.

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