Ricordi, memorie

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Non avevo toccato cibo per giorni, e nel contempo la sofferenza mi dilaniava.
Trascorrevo le mie giornate a letto, pensando a Lino, e a quanto era stato meraviglioso condividere quella piccola ma intensissima parte della mia vita con lui.
Lo avrei mai rincontrato? Avremmo pattinato ancora una volta insieme? O la pista sarebbe tornata ad essere un ammasso di piastrelle cementate coperte da foglie, dimenticata da tutti?
All'alba del quarto giorno di digiuno, mia madre fece irruzione nella mia camera con una forza che mai avevo pensato potesse avere.
La sua anima da pattinatrice o, più semplicemente, da donna agonista che aveva visto infrangersi il suo sogno, si era rifatta viva per la prima volta dopo la mia nascita.
Si era seduta sul mio letto e, quasi costringendomi a mettere sotto i denti qualcosa da mangiare, mi aveva chiesto la ragione per cui le avevo tenuto nascosto il fatto che anch'io pattinassi.
Quando ebbe ascoltato la mia risposta, annuì con aria solenne, quasi a darmi ragione.
L'ansia che io potessi cadere per compromettere il funzionamento di una o più parti del corpo, la terrorizzava. Aveva sofferto a lungo, e non voleva che accadesse lo stesso anche a me.
Tuttavia, le mie malvagie idee sulle punizioni che mi avrebbe inflitto, se avesse scoperto quale fosse il mio hobby, si rivelarono infondate ed, addirittura, esagerate.
Poi, nel momento in cui mi chiese, con assoluta ingenuità, quale fosse stata la ragione che mi aveva spinto, per la prima volta, a calzare i rollerblade, mi ammutolii. Non avrei condiviso con lei alcuna cosa riguardasse Lino. Di lui mi restavano i ricordi, che affioravano continuamente, e nient'altro.
La rabbia cominciò a rifarsi viva dentro me, e nel profondo del mio cuore accusai mia madre del fatto che Lino non si fosse fatto più vivo. Era diventata, ormai, il capro espiatorio.
Quando mia madre si accorse del peggioramento del mio umore, aveva smesso di pormi domande, prendendo lei stessa la parola, con una semplicità che mi sorprese, e prese a dare sfogo ai suoi ricordi.
Mi parlò della redazione del quotidiano del paese, la quale aveva messo all'asta un paio di pattini a rotelle, all'epoca appena inventati da un certo Olson (ma certo!, era la storia che mi aveva raccontato Lino), e tutti i ragazzini, compresa mia madre, la giovane ed atletica Marta, avevano cominciato a sfidarsi tra loro per cercare di accaparrarseli. I rollerblade erano la novità del momento, ed in televisione innumerevoli pubblicità e programmi vedevano protagonisti dei pattinatori che svolgevano qualsiasi tipo di mansione, dall'intrattenimento alla sponsorizzazione di merendine.
La gara indetta consisteva in una classica corsa, che avrebbe visto come sfidanti tutti i giovani dai sei ai venticinque anni.
La giovane Marta sfiorò il primo posto, ma sfortunatamente non riuscì ad accaparrarsi il tanto agognato premio.
Tuttavia, nella sfortuna, ci fu un aspetto positivo.
Marta guardava sfilare in rollerblade, per le strade del paese, la vincitrice della gara, e spesso aveva giocato a rincorrerla a piedi, proprio come avevo fatto io con Lino durante i nostri primi incontri.
Sorrisi, e constatai la somiglianza che finalmente si faceva viva tra me e mia madre.
Spostai le coperte ed accavallai le gambe; poi, una volta sistematomi per benino, tesi bene le orecchie ed incitai mia madre a proseguire nel suo racconto.

Il volo dell'angeloWhere stories live. Discover now