I miei cambiamenti

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All'inizio dell'estate, ci fu la consegna delle pagelle. Rimasi sorpresa nel constatare che la mia media scolastica non aveva subito variazioni negative, bensì positive: i miei voti non erano mai stati tanto alti in vita mia!
Quando mamma si trascinò all'edificio giallo, in quel vestito alquanto elegante e troppo largo per il suo fisico smunto, i professori furono felici di farle presente che, finalmente, avevo cominciato a sorridere. La personalità di Cosima sta venendo finalmente fuori, declamarono, ma ovviamente si presero i meriti del mio brillante cambiamento, anche se in realtà l'unica persona a cui dovevo i miei miglioramenti era Lino, che col suo amore per il pattinaggio in linea era riuscito a scovare in me la strada per la felicità.
I miei compagni di classe avevano iniziato a guardarmi con occhi diversi. Sostenevano che la mia risata fosse contagiosa, spesso cominciarono ad invitarmi alle loro feste serali e, dopo molti anni, finalmente ebbi accesso ai loro incontri pomeridiani extra-scolastici.
Non li considerai mai miei amici, ma fu comunque un piacere, per me, avere dei coetanei con cui intrattenere conversazioni e condividere sogni e opinioni.
Sofia e Jaqueline, un giorno, mi avevano perfino invitato a correre insieme a loro: avevo doppiato Sofia in quattro e quattr'otto, ma Jaqueline continuava ad essere troppo veloce per me. Tuttavia, sapevo che con un costante allenamento, nel giro di poco tempo, sarei stata in grado di superare anche lei.
Sasha, di tanto in tanto, mi rivolgeva boccacce e facce buffe per farmi ridere, tanto amava la mia risata, ed Andrea, nell'ultima settimana di scuola, mi chiese aiuto coi compiti. In cambio, ricevetti caramelle e dolciumi di tutti i gusti che divisi, nel pomeriggio, con Lino.
Ad un vero agonista, mi ammonì, i dolciumi sono proibiti!
Tuttavia, neanche ebbi il tempo di ribattere, poiché le sue mani scavarono tra le caramelle, e in un battibaleno furono decimate.
La scorpacciata di zuccheri provocò nel mio amico un senso di colpa tanto avuto da intensificare, per quel pomeriggio, ogni allenamento.
Per parecchio tempo, ripensando a Lino, mi venne in mente l'immagine dei suoi lisci capelli biondi bagnati dal sudore, e le sue mani
La mia vita era nettamente migliorata da quando avevo scoperto di cosa necessitava il mio cuore per essere felice.
Sfrecciavo nel vento acquisendo, giorno dopo giorno, maggior sicurezza su quegli scarponcini a quattro ruote del colore del cielo. Correvo tanto veloce da non riuscire a distinguere la vegetazione attorno a me: macchie di verde scuro dei sempreverde si alternavano ad un verdino chiaro e delicato dell'erba, fino a giungere al colore sgargiante dei rovi. Di tanto in tanto, scorgevo dinanzi a me una macchia rossa, e capivo che doveva trattarsi di Lino. Spesso riuscivo a superarlo, anche se sotto sotto sapevo che rallentava apposta per farmi credere di essere tanto brava da doppiarlo.
Gli facevo facce buffe e lui ricambiava col suo solito sorriso, inevitabilmente accompagnato dal curioso modo di piegare il collo da un lato che ormai tanto mi era familiare.
Le mie cadute diminuivano, giorno dopo giorno, e la mia resistenza fisica migliorò notevolmente, nel giro di poche settimane.
L'estate scorreva, ed il sole picchiava sulle nostre teste costringendoci ad interrompere le nostre pattinate almeno ogni mezz'ora.
Ci sedavamo all'ombra del sempreverde e, dopo una lunga bevuta, ci stendevamo a guardare il cielo. Spesso fantasticavamo su come sarebbe stato emozionante partecipare alle gare nazionali, anche solo per poterci confrontare con altri ragazzi della nostra età, per scambiarci opinioni e tecniche. O anche solo per pattinare su piste meglio attrezzate e, senza alcun dubbio, migliori della nostra.
Giugno lasciò il posto ad un afoso luglio, composto di lunghissime giornate da trascorrere sui pattini, come ormai accadeva da tempo.
Nel frattempo, continuavo a tenere nascosta la mia amicizia con Lino a mia madre, e a ciò si aggiungeva la consapevolezza che, se avesse saputo che trascorrevo le mie giornate a pattinare, lei avrebbe sicuramente disapprovato, e probabilmente mi avrebbe impedito di frequentare ancora il mio migliore amico.
Mi sentivo in colpa per ciò che nascondevo a mia madre, ed i segreti erano un macigno pesantissimo, e se a ciò si aggiungeva la consapevolezza di calzare dei pattini che un tempo erano stati suoi, e di farlo senza averlo chiesto il permesso, il macigno diventava un peso insostenibile che più e più volte mi tentò alla confessione.
Poi, la paura di deluderla, accompagnata alla sensazione di procurarle ancor più dolore dei suoi problemi personali che, da tanti, troppi anni già l'affliggevano, senza mai darle tregua, mi fecero desistere.
Sapevo di star approfittando della sua malattia che le impediva di dubitare sulle mie uscite, ma l'amore per ciò che stavo imparando in quel periodo fu più forte di ogni senso di colpa.

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