Domande senza risposte

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Se c'era una cosa che non avrei mai fatto, era confessare a mia madre della mia amicizia con Lino.
Pensavo continuamente ai suoi lisci capelli biondi, al suo elegante modo di pattinare, a quel suo buffo modo di sembrare un aereo, con le ruote che quasi provocavano scintille sul cemento della vecchia pista.
Da dove veniva?, perché aveva iniziato a pattinare?, e come aveva scoperto quella pista semi-nascosta tra la rigogliosa vegetazione boschiva di una strada desolata di campagna?
Ma, cosa più importante, ce l'avrebbe fatta a realizzare il suo sogno? Avrebbe vinto la gara nazionale a cui tanto aspirava? Si sarebbe classificato almeno tra i primi dieci?
Ero sicura di sì. Lo avevo visto allenarsi tanto duramente e, pur non avendo mai visto nessun altro pattinare, ero fermamente convinta che lui fosse davvero veloce e dotato di capacità sopra la media. Avrebbe impressionato presto il pubblico e la giuria, e se anche non avesse vinto il primo premio, sarebbe stato senz'altro convocato dai migliori allenatori del Paese per continuare ad allenarsi e migliorare ulteriormente i suoi tempi e il suo stile.
A quel punto, sarebbe tornato qui, o non l'avrei mai più rivisto? In cuor mio, speravo che lui rimanesse in paese, in modo da poterlo incontrare ogni giorno. Ma, in qualsiasi caso, Lino mi aveva insegnato qualcosa di importante: la forte determinazione nel raggiungimento di un obiettivo e l'importanza che un sogno può rivestire in una persona, tanto da portarla a rinunciare senza pentimenti ad una vita comune.
Avevo imparato a non tempestare Lino di domande. Aveva sempre risposto ad ognuna delle innumerevoli questioni che gli avevo posto fino ad allora, ma percepivo lo sforzo che compiva in quel troppo parlare a cui, evidentemente, non era abituato.
Erano tanti gli argomenti di cui avrei voluto chiedergli: partendo dal momento e dalla ragione per cui aveva iniziato a pattinare, fino a giungere al parere dei genitori per la sua scelta tanto azzardata di lasciare la scuola per concentrarsi sugli allenamenti sportivi. Cosa lo aveva spinto a diventare mio amico?
Lino era un tipo taciturno, parlava solo nel momento in cui veniva interpellato, ma il più delle volte cercava di evitare qualsiasi discorso. Comunicavamo perlopiù con sguardi di intesa e lunghissime corse, e a me andava bene così. Talvolta i gesti valgono più di mille parole.

Il volo dell'angeloWhere stories live. Discover now