La scomparsa

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In quella calda mattina d'agosto, come al solito, avevo preparato la colazione per due ed ero corsa via: direzione pista.
L'appuntamento quotidiano con Lino era scontato: da diversi mesi ormai ci incontravamo ogni giorno per pattinare insieme.
I miei tempi miglioravano costantemente, ed ormai la mia stabilità sulle scarpe con le ruote era raggiunta da un pezzo.
Ci esercitavamo sui saltelli della partenza, sugli incroci nelle curve, e perfino sulle uscite a zig zag.
Poi ci riposavamo all'ombra dei maestosi alberi sempreverdi e ci raccontavamo aneddoti e sogni, storielle e desideri.
Quella mattina, come di consuetudine, avevo sfidato la sorte uscendo di soppiatto con i pattini tra le mani, stretti come il tesoro più prezioso esistente al mondo e, una volta fuori di casa, avevo preso a correre per raggiungere in un baleno la pista.
La macchia rossa della sua maglia in mezzo al verde della vegetazione non spiccava, quella mattina.
Nessun rumore, movimento o sua traccia. Lino non c'era.
Non era mai accaduto che io arrivassi prima di lui. Il sole era già alto nel cielo, dunque non potevo essere in anticipo, io. Era lui ad essere in ritardo.
Mi feci prendere dal panico, mi sedetti sulla balaustra arrugginita e cominciai a pensare al peggio.
Un incidente, un imprevisto? O si era semplicemente stancato di me? Non voleva più vedermi, forse?
L'ansia mi strinse il petto, e quasi non riuscivo più a respirare. Avvertivo un tremolio alle gambe che mi impediva di compiere qualsiasi gesto.
I miei occhi osservavano l'area con attenzione, e spesso m'illudevo perfino di vederlo giungere, magari di corsa, verso la pista. Poi, inevitabilmente, le speranze appena riaccese s'infrangevano miserabilmente.
Lino, perché non sei alla pista? Cosa ti è accaduto? E perché non accenni a farti vivo?
Sembrava quasi di vederlo, con la sua t-shirt abitudinaria, alla linea di partenza ormai quasi cancellata del tutto dal tempo, con le sue gambe mingherline perfettamente piegate, pronte a scattare tra saltelli e spinte laterali.
Poi tornavo alla dura realtà, e mi accorgevo per l'ennesima volta che la pista era vuota, deserta senza Lino.
La mia mente iniziò a viaggiare, a fare mille e mille supposizioni. Inventai le teorie più strambe, ma nessuna sembrava essere chissà quanto logica.
Infine, posai i pattini sul manto piastrellato e cominciai a piangere sommessamente.
Tuttavia, una mano si posò sulla mia spalla.
Mi voltai di scatto, e capii che stava accadendo, in quell'esatto momento, qualcosa che avrebbe segnato la mia vita per sempre.
Non potevo credere ai miei occhi.

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