Insolito, solito giorno

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Anche quell'anno, il giorno del mio compleanno giunse in punta di piedi, tanto silenziosamente che quasi non me ne ricordai, e trascorse, e finì nel medesimo modo. Quasi non me ne accorsi.
Quella mattina, come d'altronde tutte le altre, il sole aveva illuminato la mia stanza e, coi miei migliori propositi per la giornata che era appena cominciata, mi ero vestita di tutto punto ed ero scesa frettolosamente in cucina per preparare colazione. Per due persone, come al solito, anche se mamma continuava a starsene rinchiusa nella sua stanza fingendo di dormire.
Comunque, preparai, come ogni giorno, le più invitanti leccornie e lasciai la sua porzione sul tavolo. Poi, afferrata la cartella, mi ero catapultata per strada.
Ero largamente in anticipo, la campanella che segnava l'inizio delle lezioni scolastiche non sarebbe suonata prima di un'ora e mezzo, così decisi di fare una passeggiata rilassante nella natura, per quelle strade dalla vegetazione rigogliosa che dividevano la mia abitazione dal plesso scolastico.
Qualche uccello, lì in alto, cinguettava, come a rendere più suggestiva l'atmosfera.
Casa mia era poco distante dal resto del paese. Abbastanza appartata, indipendente, ma comunque sulla strada principale per raggiungere il centro abitato.
Tra i rovi, poco distante, si scorgeva quel manto piastrellato, ormai ricoperto d'erbetta, che una volta era stata una pista di pattinaggio. Abbandonata da ormai molti anni, se ne stava in disparte, ed un po' mi somigliava. Restava nascosta, ma c'era.
Doveva sentirsi un peso, quasi a deturpare quel paesaggio selvatico e naturale, ma esisteva. Non era colpa sua se c'era. C'era e basta. Non l'aveva scelto lei, ma comunque si nascondeva, quasi come ad addossarsi la colpa di chi l'aveva posizionata lì, tanto tempo prima.
E così mi sentivo io. Non avevo scelto di nascere, eppure cercavo di non dare fastidio, quasi come ad auto-attribuirmi la colpa della mia esistenza nel mondo.
Comunque, mi ero stesa per l'ennesima volta su quelle piastrelle coperte di foglie e di insetti, e solo dopo un bel pezzo realizzai di compiere gli anni quel giorno. Tredici, per l'esattezza, che non erano molti, ma neanche troppo pochi.
Mi misi a sedere d'improvviso, e cercai di ricordarmi in che modo avessi festeggiato il mio compleanno, gli anni precedenti.
Poi, non riuscendo a rievocare feste, attaccai a pensare a quanto doveva essere stata grassa mia madre, quando mi trovavo nel suo grembo.
Probabilmente era stata l'unica volta nella sua vita ad essere stata in sovrappeso. Da quando avevo ricordi, la rimembravo magra a tal punto da scorgere le ossa in molteplici punti del corpo.
Soffocai a stento una risatina, pensando alla mia mamma mentre faceva l'amore, ma inevitabilmente il mio pensiero si spostò nel giro di poco a quello che doveva essere stato mio padre.
Mia madre, nei suoi rari momenti di lucidità, mi aveva raccontato di essere stata mollata da lui prima ancora della mia nascita, ma ogni volta che le avevo chiesto, anche insistentemente, la ragione, aveva chinato il capo e si era chiusa nel suo solito silenzio, quasi come ad indicare che l'argomento era chiuso.
Il sole, quasi improvvisamente, mi accecò, risvegliandomi dai miei pensieri. Capii che doveva essersi fatto tardi, dato che la grande palla di luce incandescente era ormai alta nel cielo.
Raccolsi la cartella, mi scrollai di dosso foglie ed insetti, e corsi a scuola.
Come previsto, nessuno si era ricordato del mio compleanno. Decisi di non dire nulla, così feci finta che fosse un giorno come tutti gli altri, presi appunti di formule matematiche sempre più complesse, mi offrii volontaria per l'interrogazione di storia, e mi chiesi più volte se a qualcuno sarebbe mai interessata la mia, di storia.
Poi mi convinsi che no, la mia storia non sarebbe interessata a nessuno, e mi decisi a continuare l'interrogazione senza intoppi.
Ne ebbi la conferma quando, tornando a casa, cercai di ricordare a mia madre che giorno fosse, ma ogni tentativo di farle comprendere che si trattava del mio compleanno fu vano.
Lasciai perdere, terminai la cena e sbrigai le faccende di casa, con la più assoluta consapevolezza che niente e nessuno mi avrebbe salvato.
Solo la luna e le stelle nel cielo mi facevano compagnia in quella interminabile notte, tanto uguale a tutte le altre.

Il volo dell'angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora