Il desiderio

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Da quel fatidico giorno, la mia vita era nettamente migliorata.
Nel giro di poco tempo, avevo trovato un compromesso con me stessa e coi miei sensi di colpa: di mattina sarei andata a scuola, avrei studiato intensamente, e dopo il suono della campanella avrei corso verso la pista per trascorrere il pomeriggio con Lino.
Lui, nel frattempo, continuava ad allenarsi incessantemente, e quando al mattino oltrepassavo la pista mentre correvo per arrivare in tempo a scuola, mi intrufolavo tra i rovi per raggiungere la pista e, con un rapido gesto della mano, picchiavo sulla balaustra attirando l'attenzione di Lino che, alle otto in punto del mattino, era già intento ad allenarsi e quasi non si accorgeva della mia presenza. La sua maglietta rossa era una macchia nel verde della vegetazione, ed il suo sorriso, inevitabilmente accompagnato dal piegamento del collo su un lato, era ormai un gesto tanto familiare da darlo per scontato.
Le ore a scuole scorrevano lente, e nell'intervallo non uscivo in cortile insieme ai miei compagni, ma approfittavo della pausa per terminare tutti i compiti che i professori ci assegnavano per casa. Mi impegnavo tantissimo senza mai arrendermi, e la mia invidiabile media, seppur con immensa fatica, riuscì a non abbassarsi se non in modo quasi impercettibile.
Quando la stridula campanella finalmente suonava, riecheggiando nei lunghi e lugubri corridoi dell'edificio dall'intonaco giallo, io ero già pronta da un pezzo per correre via, verso la struttura di cemento dove Lino mi attendeva sui suoi affascinanti pattini professionali.
Zaino in spalla, passo veloce che nel giro di poco si tramutava in corsa, e nel giro di pochi minuti raggiungevo la pista, e poggiando per terra la cartella, battevo la mano sulla balaustra arrugginita per salutarlo. Quel rituale doveva ripetersi almeno tre volte prima che Lino si accorgesse di me, troppo intento nel contare i secondi, col vento che frusciava nelle sue orecchie, sempre più forte man mano che la velocità aumentava.
Poi, finalmente, il suono stonato del metallo giungeva alle due orecchie ed allora, con un rapido movimento delle caviglie, frenava e si rivolgeva verso di me. Piegava il collo e sorrideva, ricambiando il mio saluto. Il metallo vibrava al tocco delle sue mani, ed allora scavalcavo la balaustra e lo raggiungevo, per cominciare la nostra corsa quotidiana attorno al perimetro piastrellato che ormai era diventato il nostro punto d'incontro.
In effetti, io e Lino ci incontravamo ogni giorno, ma solo dopo tempo mi accorsi di non averlo mai visto senza i suoi inseparabili pattini in linea, tanto curiosi quanto professionali. Ma non osai mai chiedergli di saltare l'allenamento per uscire a fare una passeggiata. Anzi, il mio interesse verso lo sport che lui tanto amava, aumentava giorno dopo giorno.
Desideravo anch'io avere delle ruote sotto le mie scarpe, per scivolare sul cemento senza mai sollevare i piedi. Il mio desidero di imparare a pattinare cresceva giorno dopo giorno. Mi chiedevo se mai avrei avuto dei pattini. In fondo, sia la mia mamma, sia il mio migliore amico, praticavano ed amavano questo sport, ed il mio desiderio di approcciarmi a questa disciplina faceva tutt'altro che placarsi.

Il volo dell'angeloWhere stories live. Discover now