L'occhio dei professionisti

10 2 0
                                    

L'occhio del professionista non sbaglia mai, aveva biascicato mia madre, nell'esatto momento in cui aveva posato la sua pesante mano sulla mia spalla.
Sgranai gli occhi e restai in trance.
Stava accadendo davvero: il mio amico Lino era misteriosamente scomparso e, come se non bastasse, nel contempo mia madre aveva scoperto il mio grande segreto.
I secondi scorrevano, ma a me parvero infiniti.
Mi sorrise, poi piegò la testa su un lato e si trascinò fiaccamente verso la balaustra, fino a toccarla.
Continuai ad osservarla, cercando di captare un cenno, qualche segnale che mi facesse comprendere il suo stato d'animo.
Era adirata, delusa, o semplicemente sorpresa?
La vidi carezzare quel tubo di metallo ormai arrugginito e notai uno scintillio nei suoi occhi.
Le sue pesanti mani percorrevano con dolcezza la balaustra, mentre la voce tremante continuava a parlarmi con una piattezza estenuante. Quale punizione mi sarebbe toccata? Quali ripercussioni ci sarebbero state sul suo stato di salute già precario? Mille domande balenavano nella mia mente, ma mia madre finse di ignorare la mia apprensione e, con un gesto fulmineo, tentò invano di asciugarsi le lacrime che, nel frattempo, cadevano come pioggia sul tubo metallico.
A quel punto, parlò.
L'occhio del professionista non sbaglia mai, ripeté, stavolta con una certa enfasi.
Poi, prese ad indicare i miei lividi e, scrollando le spalle con fare disinvolto, mi confessò di aver sospettato da molto che io stessi imparando a pattinare.
A quante cadute aveva assistito, nel corso dei suoi corsi come allenatrice, e quanti capitomboli avevano colpito lei stessa, ancor prima, fino a porre fine alla sua promettente carriera.
Mia madre non era certo una dilettante, e sapeva riconoscere senza grosse difficoltà le sbucciature da pattinaggio.
Quel modo di scorticarsi la pelle, tipico delle strisciate sul marmo, e quei lividi dai colori improponibili, a testimonianza delle improvvise cadute dopo aver tentato, invano, di recuperare l'equilibrio.
Sembrò perfino felice, sotto sotto, di avermi sorpresa coi pattini-quasi-ai-piedi, e ne ebbi l'ulteriore conferma quando mi incitò a calzarli per mostrarle la mia bravura.
Come per proteggere il mio grande segreto, anche se ormai miseramente scoperto, mi rifiutai di muovere ogni singolo muscolo e declinai l'invito.
Le dissi con un filo di voce, porgendole i pattini nel mentre, che avrebbe potuto punirmi come avesse voluto. Non mi sarebbe importato, poiché in fondo quella mattina avevo perso qualcosa di più grande: il mio migliore amico.

Il volo dell'angeloWhere stories live. Discover now