La mia salvezza, la mia condanna

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Era trascorsa una settimana dalla notte alla capanna.

Le luci della stanza, la mia, erano basse, calde. Fuori il freddo congelava il respiro.
Nessuno mi aveva preparata all'autunno del Canada.
Ci pensavo mentre mi avvicinavo al letto sul quale dormiva Desmond e gli toccavo la fronte.

Ce l'aveva fatta.

Era sopravvissuto.

Aveva salvato la ragazza scomparsa, Lucy, così si chiamava. E per lei il sole era tornato a splendere, in qualche modo. Per la sua famiglia, per Saint Claire e i suoi abitanti.

Desmond aveva fatto esplodere qualcosa di grande in profondità, sotto l'acqua. Erano partite spedizioni subacquee per ordine dello Sceriffo e in collaborazione con l'F.B.I.
Non era stato trovato nulla.

Io sapevo che non era possibile, che là sotto qualcosa c'era. Ero sicura che loro avessero trovato il modo di rendersi invisibili, di scomparire.

Ma che cosa avrei potuto fare? Non potevo chiamare lo sceriffo e dirgli la verità. Era una cosa che potevo condividere soltanto con lo Sconosciuto e con Des.

Mi sedetti sul letto accanto a lui, gli sfiorai una mano. Avevo deciso di ospitarlo, mi ero offerta di prendermi cura di lui fino a che non si fosse ripreso, perché ero in debito con lui per ciò che aveva fatto per me e per Cecile.
L'avevo fatto anche perché ero incredibilmente contenta che fosse tornato, e sollevata perché stava bene.

Ci aveva raccontato dei tubi, di come li avesse scoperti. Aveva studiato il lago e ciò che c'era sotto l'acqua. Lui, al contrario degli altri e proprio come lo Sconosciuto e probabilmente come me, riusciva a vedere.
Pensavamo che fosse per il sangue navajo che gli scorreva nelle vene. Una sorta di capacità magica che aveva e che gli permetteva di entrare in contatto con un certo tipo di mondo. Il mio, quello dello Sconosciuto.

Aveva fabbricato un esplosivo devastante, anche se non sapevamo come. L'aveva portato sotto il livello dell'acqua ed era entrato nella struttura che ospitava gli abitanti di Elios Terzo. Era riuscito a trovare la ragazza scomparsa e aveva lottato contro di loro, fino a farsi male, fino a sanguinare, arrivando a un passo dalla morte. Ma era stato forte, e silenzioso. Le sue capacità non erano naturali. Lui, come me e lo Sconosciuto, era molto più di un normale essere umano, anche se di alieno non aveva nulla.

Forse era stato il suo sangue a salvarlo, forse la rabbia che si portava dentro. Non mi importava, in realtà.
Tutto ciò che mi stava a cuore era il fatto che ora lui fosse accanto a me, nella mia stanza, e che stesse bene.

Era riuscito a catturare uno di loro, uno degli esseri che a me nella visione erano sembrati aztechi. L'aveva catturato e l'aveva portato fuori dall'acqua, al capanno.

Aveva emesso qualche rumore, qualche suono incomprensibile, steso di fronte a noi. Poi, come se gli fosse venuto a mancare l'ossigeno, dopo pochi minuti era morto e alla fine, sconvolgendomi, si era dissolto, senza lasciare alcuna traccia di sé. Come in un'estrema autodistruzione, per evitare di lasciare segni di sé al nostro mondo.

Fuori dall'acqua, gli invasori di Elios non avevano nessuna speranza.

Era la mia salvezza e la mia condanna al tempo stesso.

Desmond riaprì gli occhi e trovò il mio sorriso.

<<Ehi, Des>> gli dissi, avvicinandomi di più a lui.
<<Ciao, Rose.>>

Ci guardammo per un istante senza aggiungere altro.

<<Non devi fare questo per me. Davvero, non mi devi far stare qui. Io..>>
<<È ciò che voglio, Des. Mi sei mancato così tanto. Sono stata così tanto in pensiero per te. Averti qui ora... È un regalo. Sei importante per me. Lo sei per tutti noi.>>

Lui annuì, poi scosse la testa. Posò gli occhi sulla mia finestra, e il suo sguardo si perse per qualche istante in lontananza.

<<È tutto così incredibile, Rose. Io li ho visti. Li ho visti.>>

Lo guardai senza dirgli nulla. Desmond non sapeva di me. Non sapeva che, in parte, ero anche io come loro. In un certo senso, ero una di loro.

Avevo paura di cosa avrebbe potuto pensare una volta al corrente di quella scoperta. Lo Sconosciuto mi aveva detto che Nate era originario di Seneca, non di Elios Terzo, quindi in realtà io appartenevo alla specie delle vittime. Ma ero pur sempre una di loro.

Avrei detto tutto a Desmond, solo che quello non era il momento.

<<Io ti credo, Des. So che li hai visti. So che esistono. E so che tu sei stato forte. L'hai salvata.>>

<<Pensi che l'F.B.I. non abbia trovato nulla perché è finita? Pensi che quell'esplosione possa aver eliminato definitivamente la loro presenza a Saint Claire?>>

Desmond non mi rispose. Scosse la testa, abbassò gli occhi.

<<Non lo so. È difficile da dire. Là sotto è tutto così... immenso.>>

Mi guardò e ancora una volta ritrovai la malinconia nei suoi occhi. Ma c'era qualcos'altro. Una luce intensa, forte. Come se stesse cercando la salvezza nei miei. La sua salvezza.

<<Lui dov'è?>> mi chiese. Sapevo che si riferiva allo Sconosciuto.

<<Da qualche parte al lago. Vuole capire che cosa può essere rimasto di loro.>>

Des annuì e non dicemmo più nulla.

Mi avvicinai di più, mi distesi sul letto accanto a lui.

Mi resi conto, in quel momento, di quanto fossi davvero felice che fosse tornato, che fosse vivo. Che ci fosse.

Appoggiai la testa contro la sua spalla e poi, senza dire niente, chiusi gli occhi.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora