Tre mesi dopo - ottobre

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Erano trascorsi tre mesi da quando ero tornata a Saint Claire.

Seduta con mia madre in veranda, respiravo il profumo dell'aria nuova dell'autunno, mentre le foglie che avevano incominciato a cadere dagli alberi coloravano di giallo il mio primo ottobre lontana dalla Carolina.

La vita era bella. Il mio nuovo mondo era ok. Anche se soffrivo ancora molto per diverse ragioni. Prima fra tutte, la mancanza di Desmond.

Non avevo più avuto sue notizie. Nessuno aveva più saputo nulla di lui, né dell'ultima ragazza che era scomparsa.

Mi stavo rassegnando all'idea che forse non sarebbero mai più tornati. Era triste, ed era qualcosa con cui mi ritrovavo a combattere quotidianamente. Per fortuna c'era lo Sconosciuto accanto a me. Mi sosteneva nei momenti più difficili, quando la speranza lasciava il posto al pessimismo, alla tristezza, all'ansia.
Mi sembrava di provare ogni singola emozione in modo troppo intenso, troppo estremo. Se ero triste, ero davvero triste. Se avevo bisogno di sentirmi amata, era un bisogno viscerale. Era come se ogni mio sentimento, ogni mia voglia, ogni mio desiderio fosse amplificato al massimo da qualcosa che non ero in grado di controllare.
Ero sicura che fossero i primi effetti reali, oltre le visioni, del mio essere ibrido.

Andava bene così. Non era facile, ma andava bene ed io lavoravo molto su me stessa.

Avevo riallacciato alla perfezione il rapporto con mia madre e sentivo Mitch al telefono tutti i giorni. Gli avevo promesso che per Natale sarei andata a trovarlo in Carolina, e ne era stato felice.
Mi ero anche ritrovata improvvisamente a dover pensare al mio futuro. Con una certa sorpresa da parte mia, mi ero resa conto di non avere nessuna intenzione di proseguire gli studi. Ne avevo parlato con mia madre e lei si era rassegnata ad accettare la mia posizione. In realtà, si era riservata di lasciarmi un anno intero a disposizione per pensarci. Nel frattempo avrei lavorato. Ero contenta di iniziare ad occuparmi davvero di qualcosa, e il vecchio Jackson mi aveva offerto un posto alla locanda.
Forse perché sentivo tanto la mancanza di Desmond, o forse perché ero consapevole che non avrei avuto la concentrazione necessaria ad impegnarmi in nulla di diverso, avevo accettato.
Il lavoro non era tanto faticoso, ma camminavo continuamente. Mi occupavo dei clienti e servivo le cene. Era tutto nuovo, ed era bello. Mi sentivo parte di qualcosa, e quell'impiego mi aiutava a tenere la mente libera dai pensieri che mi tormentavano.
La verità era che non avevo mai smesso di sperare che, un giorno o l'altro, avrei visto Desmond entrare dalla porta principale, e riabbracciare suo nonno. Riabbracciare me.

Stranamente, non avevo corso alcun rischio particolare durante quei mesi. Mi ero tenuta lontano dal lago e avevo trascorso la maggior parte del mio tempo alla locanda. Ero convinta che fosse proprio per quel motivo che ero stata al sicuro. Non avevo mai dimenticato le parole di Nate. Lui mi aveva detto che la locanda sarebbe stata importante per me, e forse avere accettato quel lavoro era stato un po' volerlo ascoltare nel profondo del mio cuore. Volermi fidare di mio padre. Ma non avevo più avuto sue notizie, e in qualche modo sentivo anche la sua mancanza.

Avevo sentito Alex un paio di volte, ed era stato bello ritrovarlo. Con il pensiero ero tornata anche a lui, al modo in cui in Carolina e a Mainwood si era preso cura di me. Era una bella persona, e speravo con tutta me stessa che prima o poi avrei potuto rivederlo.
Anche lui lo sperava, ma sapevo che si trattava di una situazione delicata. Continuava a provare qualcosa per me, e non volevo illuderlo. Non era ciò che meritava.

La vita con lo Sconosciuto era fantastica. Mi amava, lo amavo. Ed era tutto così semplice, così naturale. Mi faceva sentire perfetta. Come se fossi l'unica ragazza presente al mondo. Come se tutto il resto non esistesse.

Era la mia giornata di sole senza fine.

Era la speranza, era la fiducia. Era sapere che il mondo intorno a me aveva ancora un senso. Era essere sempre certa che, comunque sarebbero andate le cose, non sarei mi rimasta da sola.

Ridevamo, scherzavamo, litigavamo, facevamo l'amore, ci addormentavamo vicini, ci scambiavamo i respiri, ci tenevamo per mano.

Non avrei potuto chiedere nulla di più alla vita.

<<A cosa pensi, tesoro?>> mi chiese Cecile, voltandosi verso di me.

Io appoggiai lo sguardo sulla luce del sole che, davanti a noi, stava tramontando.

<<A nulla, mamma. Penso che.. Che sia bello essere qui insieme. Parlare con te. Grazie, davvero?>>

Lei mi guardò, sorpresa.

<<Per cosa?>>
<<Per tutto. Per questo posto. Per esserci sempre. Io..>>

Mi si avvicinò e mi abbracciò. Era da tanto che non lo faceva, e fu bello. Mi sentii sua amica. Pensai alla sua storia con lo sceriffo O'Hara. Era diventata qualcosa di più serio, ed io ero felice per loro e soprattutto per lei. Meritava l'amore. Meritava la tranquillità.

Stavo per dire qualcosa, ma poi il mio telefono squillò.

Era un numero che non conoscevo.

Mi alzai istintivamente e mi diressi in casa, senza sapere perché.

Non appena fui sola, risposi.

<<Pronto?>>

Ci fu un silenzio dall'altra parte. Un silenzio lungo, pesante. Poi, qualcuno parlò.

<<Rose.>>

Era una voce intensa, calda.

La riconobbi all'istante.

<<Nate...>> dissi, in un sussurro.

Ancora un silenzio.

<<Come stai, Rose?>>

Esitai, sentii i battiti del cuore accelerare.

<<Io... Bene. Sto.. Sto bene. Tu come stai?>>

Ancora un silenzio, più lungo di quello precedente.

<<Succederà tra poco, tesoro. Penserai che tutto sarà finalmente come dovrebbe essere. Ogni cosa ti sembrerà al posto giusto, e il tuo cuore sembrerà perfetto, completo. Crederai che la sofferenza, la paura, il dolore saranno ormai alle tue spalle, ma non sarà così. >>

Si interruppe, lasciandomi senza parole, e poi riprese.

<<Quando ciò accadrà, stai attenta, tesoro, perché quello sarà il momento più pericoloso. Per te e per tutti gli altri. La fine non sarà mai così vicina come succederà allora. Te lo dico perché succederà a breve. Ma dovrai avere fede. Essere forte. E aspettarmi. Perché io ti raggiungerò per aiutarti, Rose. Non ti lascerò sola. Non lo farò mai.>>

La voce gli tremava, adesso, come le mie mani, che erano diventate di ghiaccio.

<<Papà...>> dissi, soffocando il respiro.

<<Sta per succedere, Rose. Sii forte. Cerca di..>> ma là comunicazione, a quel punto, si interruppe.

<<Papà!>> dissi, alzando la voce ma cercando di stare attenta a non farmi sentire da Cecile. Ma lui non rispose.

<<Papà!>> dissi ancora, e ancora, e ancora.

<<Papà... Papà!>>

Ma ormai, dall'altra parte del telefono, c'era solo più il silenzio.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora