Verso l'oceano, insieme

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Cameron si sollevò sulla schiena, poi si guardò intorno, con aria spaesata.

<<Cameron!>> gridai, correndo verso di lui, abbracciandolo come se fosse il mio più grande amico.
Forse, a pensarci, era davvero così.

<<Rose>> disse lui, guardandosi attorno. <<Io... Uh... Non sono sicuro di cosa stia... >>

<<Non importa, Cameron. Qualunque cosa sia, non importa>> risposi, scuotendo la testa, trattenendo a stento l'amore che sentivo crescermi dentro rivedendolo così, davanti a me, vivo.

Guardai anche Nate. Si era alzato e si stava dirigendo verso la porta della mia stanza.

<<È ora di andare, Rose. Non c'è più tempo.>>

Io annuii, quindi tesi una mano verso Cameron.

<<Riesci a camminare?>> gli chiesi.

Lui si passò una mano tra i capelli, sbatté un paio di volte le palpebre e mi guardò come se avessi appena detto qualcosa di blasfemo.

<<Diavolo, ragazza. Va bene che sono un po' confuso, ma..>>

Poi, di colpo, si interruppe.

Guardò Nate come se si fosse reso conto soltanto in quel momento di averlo davanti a sé.
Lo fissò a lungo, restando immobile. La sua espressione si fece seria, cupa. I suoi occhi, che avevano ritrovato da poco la luce, sembrarono catapultarsi di colpo in un tempo lontano, inafferrabile. Indecifrabile.

<<Tu... >> disse Cameron, avvicinandosi al mio vero padre <<Tu... Sei qui. Sei.. Sei davvero tu...>>

Nate annuì, come a volerlo rassicurare che non era impazzito.

<<Sono io, Cameron. Felice che tu ti ricordi di me. Ne è trascorso di tempo, eh?>>

Cameron annuì, tornando a guardare me.

<<Mi spiegherai tutto, vero?>> mi chiese, con una smorfia sul viso.

<<Dubito di esserne in grado. Ma ci proverò, in qualche modo. Sei pronto?>> gli chiesi, indicando la porta.

<<Sono pronto>> rispose, ricordandosi di avere una pistola. La caricò, poi lanciò un'occhiata davanti a sé. 
<<Mi sono perso qualche minuto qui con voi, ma sono pronto. Immagino che adesso abbiamo davvero poco tempo. E...ho un conto in sospeso con quegli stronzi, dannazione.>>

Lo guardai.

Ero felice. Felice del fatto che fosse vivo. Felice perché ero certa che se ne fosse andato per sempre. A causa mia.

Nate, senza aggiungere altro, oltrepassò la porta della mia camera ed io e Cameron lo seguimmo.
Raggiungemmo la porta principale, quindi ci fermammo per un istante.

Nate mi guardò negli occhi, intensamente, poi rivolse l'attenzione a Cameron.

<<Andrò avanti io>> disse, con un tono che non permetteva alcun tipo di replica. <<Voi mi seguirete, ma non dovrete fare nulla. Soltanto restare dietro di me. Intesi?>>

Annuimmo entrambi, quindi uscimmo.

Fuori dalla villa, la notte era ancora silenziosa, ma a pochi metri da noi riuscii a vedere lo Sconosciuto mentre continuava a combattere.
Mitch, immobile poco distante da lui, si guardava intorno, confuso.

Per una frazione di secondo, mi ritrovai a pensare a Cecile e a Desmond. Mi chiesi come stessero, e se lui fosse riuscito a liberarla. Avevo intenzionalmente evitato di pensare a lei, in quelle ultime ore. L'ansia di saperla in pericolo e la consapevolezza di non poter fare nulla per aiutarla mi avrebbero uccisa.
Ma adesso, per qualche ragione, i miei pensieri erano scivolati inesorabilmente in quella direzione.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora