Non ti dimenticherò

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Rimasi immobile a guardare Desmond.

Mi aveva raccontato della sua capacità di sentire. Io ovviamente non potevo sapere di che cosa si trattasse, ma non gli avevo mai parlato della visione che avevo avuto sull'uomo con l'impermeabile nero.

C'era una sola spiegazione: anche lui doveva avere avuto una sorta di visione.
Qualcosa di simile a ciò che avevo visto io.

<<Des...>> gli dissi, e lui sembrava ancora davvero sconvolto.

Non mi rispose.

Lo sceriffo mi chiamò, ed io mi voltai nella
sua direzione.

Feci qualche passo indietro e mi avvicinai nuovamente all'auto che mi avrebbe condotta lontano da Saint Claire per sempre.

Osservai Desmond allontanarsi da me senza smettere di guardarmi, mentre quell'espressione di terrore continuava ad essere così limpida sul suo volto.

Salii in macchina, lo sceriffo chiuse la portiera e si sedette al volante. Mia madre, accanto a lui, si voltò verso di me e mi guardò negli occhi.

<<Tutto ok?>> mi chiese.
Io annuii, senza togliere lo sguardo da Desmond.

Lo sceriffo partì e lentamente ci allontanammo da lì.

Mi voltai e vidi che Des continuava a restare immobile dove l'avevo lasciato. Guardava ancora verso di me.

Non sapevo quale significato potessero avere le sue parole. Non c'erano spiegazioni da cercare, soluzioni logiche. Ero sicura che non ne avrei trovate.

Avrei dovuto stare attenta ad un uomo con un impermeabile nero, e l'avrei fatto. Mi sarei guardata intorno. Ma sapevo anche che entro poche ore sarei stata lontana da Saint Claire, e che tutte quelle paure, un po' alla volta, sarebbero svanite lontano, lontanissimo.

Prima di dirigerci all'aeroporto passammo da casa.
Presi la mia valigia, la riempii con i pochi vestiti che avevo utilizzato in quei giorni e la richiusi, pronta per una nuova partenza.

Guardai fuori dalla finestra e vidi mia mamma e lo sceriffo all'interno dell'auto, che mi aspettavano.

Mi sedetti un istante sul letto e posai lo sguardo sulla porta della mia stanza. Quella contro la quale lo Sconosciuto mi aveva spinta quando ci eravamo baciati per la prima volta.

Tornai con il pensiero ancora una volta a quel momento e un nodo terribile mi si strinse in gola.

Pensai al fatto che non l'avrei mai più rivisto.

Era entrato nella mia vita all'improvviso e poi, in silenzio, aveva cambiato tutto il mio dentro.
Ci aveva messo così poco, ed era stato così bello. Qualcosa che non avevo mai provato prima.
Non sapevo come avrei fatto a rassegnarmi all'idea di non pensarci più. Anche accettare il suo comportamento, alla fine, era difficile, doloroso. Ma restava il fatto che lui mi aveva permesso di provare sensazioni che prima avevo potuto soltanto immaginare.
Mi sarebbe mancato, nonostante non lo conoscessi affatto.

Mi alzai, presi la valigia, e poi la vidi.

Una lettera, chiusa in una busta di carta bianca, sul cuscino del mio letto.

Il cellulare squillò. Mia mamma. Dovevo andare, non c'era più tempo.

Presi la lettera, la valigia, e poi guardai per l'ultima volta la mia stanza.

Esitai un istante, poi accostai la porta e scesi le scale.

O'Hara posò la valigia nel portabagagli, mi aprì la portiera e mi fece sedere dietro.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora