Il vecchio e la locanda

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Lo Sconosciuto aveva pronunciato quelle ultime parole e poi era scomparso, come se nulla fosse.

Come se lui stesso non fosse davvero reale.

Rimasi immobile a lungo, seduta in veranda, paralizzata da una sensazione che non avrei saputo descrivere.

Cento, mille domande mi attraversavano la testa e non sapevo neanche da quale cominciare per cercare delle risposte.

Lo Sconosciuto era al centro di tutto, senza dubbio.

Pensai al modo in cui mi aveva guardata poche ore prima, appena io e mia madre eravamo arrivate in città.

Quell'aspetto così perfetto e così glaciale al tempo stesso. Qualcosa di malinconico ad attraversargli il volto.

Pensai poi a come era comparso all'improvviso nel mio giardino, e a ciò che aveva fatto. Le due visioni che avevo avuto. Era stato lui a provocarle? E per quale motivo?

Risentii le ultime parole che aveva pronunciato prima di svanire.

"Vattene da qui, Rose"

Quel tono gelido.

"Vattene."

Mi chiesi che cosa avesse voluto dire davvero. Perché avrei dovuto andarmene? Come conosceva il mio nome?

Mi alzai e feci qualche passo verso il cancello che separava la mia nuova casa dall'esterno. Appoggiai la testa contro l'inferriata e sentii il gelo del ferro scivolarmi addosso. Volsi lo sguardo verso il lago in lontananza. Era bellissimo. Improvvisamente mi venne voglia di camminare. Era appena scesa la sera e prima di cena avrei avuto ancora un paio d'ore a disposizione.

Così gridai qualcosa a mia madre ed uscii, senza avere una meta precisa in mente.

Camminai lentamente, prendendomi tutto il tempo che mi serviva per pensare a ciò che era appena successo.
Ripensai anche alle visioni. Non avevo idea di che cosa potessero significare. La casa isolata in mezzo al nulla, i pini. La canzone in lontananza. E poi quegli articoli di giornale.

Rabbrividii.

Ero quasi arrivata al centro di Saint Claire. Era giugno ma l'ari non era ancora davvero calda. Mi guardai intorno e riconobbi la piazza in cui poche ore prima avevo visto per la prima volta lo Sconosciuto. Adesso in giro non c'era quasi nessuno. Un silenzio strano sembrava regnare ovunque in quella cittadina, e cominciai a domandarmi se fosse un bene o un male. La solitudine e il silenzio mi avevano sempre fatto paura, e se con la prima avevo imparato a convivere, con il secondo no.
Presi in mano il cellulare per vedere se qualcuno mi avesse cercata. Ma nulla. Non mancavo a nessuno, e questo in fondo già lo sapevo. Ecco perché l'idea di iniziare una nuova vita lontano da quello che era sempre stato il mio mondo mi aveva affascinata. Ma ora... Mi sentivo inquieta, instabile.

"Vattene, Rose"

Risentii ancora quelle parole. E ancora una volta piombai nello sconforto.

Stavo incominciando a pensare che forse sarebbe stato meglio ritornare verso casa, quando un piccolo gruppo di persone ferme sul lato opposto della strada attirò la mia attenzione.
Senza sapere davvero per quale motivo lo stessi facendo, mi diressi lentamente verso di loro.
C'erano tre ragazze e due ragazzi, ed erano fermi davanti a quello che sembrava un albergo, o forse una locanda. Era un vecchio edificio di tre piani d'altezza, completamene in legno. Mi avvicinai al gruppetto facendo finta di scrivere un messaggio sul cellulare, curiosa di sapere di che cosa parlasse la gente di quel posto.
Ma più mi spingevo verso di loro, più il tono delle loro frasi mi sembrava preoccupato, ansioso.

<<Sono tre giorni che non la vedo e che non la sento ormai. Tre giorni. Non è mai successo prima. Mai da quando la conosco>> disse qualcuno.

<< Mi ha telefonato sua madre. Era preoccupata, perché non risponde al telefono nemmeno più a lei. Ha detto che sarebbe andata dalla Polizia>> aggiunse una ragazza. Sembrava sconvolta.

<<Mi aveva detto che sarebbe andata a fare una passeggiata al lago da sola, perché aveva voglia di pensare. Di non vedere nessuno per qualche ora. Tutta la faccenda di Mick con quell'altra... non se lo aspettava. Ma scomparire così non è da lei>> commentò un terzo ragazzo.

Quindi era scomparsa una ragazza.

Un brivido mi percorse la schiena e mi parve di sentirlo entrare fin dentro le ossa.

Avrei voluto avvicinarmi a loro, domandare se potevo fare qualcosa per aiutarli, ma mi sentii stupida all'idea. Non mi avevano mai vista prima, perché avrebbero dovuto anche soltanto parlare con me?

Avrei voluto andarmene, tornare a casa, ma ero anche curiosa di sapere di più sulla storia della ragazza scomparsa. In fondo era la cittadina in cui avrei vissuto, quindi riguardava anche me.

Feci ancora un passo verso di loro quando sentii una mano gelida posarsi sulla mia spalla.

Mi voltai di scatto e vidi un uomo alto e magro, molto vecchio, immobile dietro di me. Aveva occhi azzurri come quelli di Clint Eastwood e mi fissava impassibile.
Socchiusi la bocca cercando qualcosa da dire, ma lui mi precedette.
<<Tu devi essere nuova di qua, ragazzina>> sussurrò, chinandosi verso di me.
<< Sì>> dissi << sono arrivata oggi con mia madre. Come fa a saperlo? Siete così pochi qui?>>

L'uomo vecchio annuì.

<<Non siamo tanti. E non c'è nessuno che io non conosca>> rispose, con aria sicura.
<<Capisco. Bene, forse è meglio che io...>> avrei voluto dirgli che dovevo andare via, tornare a casa, ma non me ne diede il tempo.

<< Vieni dentro>> sussurrò indicando la locanda alle nostre spalle <<ti offro una tazza di caffè. Ti farà bene, ragazzina.>>

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora