Inseguendo la fine

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Corsi ovunque, non saprei dire per quanto tempo.

Non lo trovai.

Avevo attraversato la città, percorso strade mai viste e incontrato tante persone che non erano lui.

Mi ero fermata, per la stanchezza. Perché avevo smesso di sentire le gambe e perché se non l'avessi fatto sarei crollata a terra.

Nella testa avevo dovuto mettere da parte sensi di colpa e speranze, illusioni e prospettive tristi  di realtà.

Avevo corso ancora, poi avevo camminato, avevo pianto.

Lui non c'era.

Così avevo deciso che forse l'avrei trovato in un posto preciso, e alla fine ero arrivata lì, nel giardino in cui lui mi aveva portata.

Mi sdrai sull'erba, chiusi gli occhi.

Non avevo idea di che ore potessero essere.
Rimasi immobile ad ascoltare la pace intorno a me.

Ero sola, completamente.

Ripensai a ciò che era successo quando ero stata lì con lui. A come mi avesse parlato di me e della mia famiglia nel modo in cui nessuno sarebbe stato in grado di fare.

Avrei davvero voluto trovare delle risposte, delle spiegazioni. A tutto, tutto quanto. Ma la realtà era così chiara: non ne avevo, e probabilmente non ne avrei mai avute.

Mi sollevai leggermente sulla schiena, riaprii gli occhi e mi guardai intorno. Sapevo che soltanto una stupida avrebbe potuto sperare di vederlo ricomparire all'improvviso senza una ragione, ma dopotutto con lui non era sempre stato così?

Guardai lentamente intorno a me, è ancora una volta fu inutile.

Sarei partita entro poche ore e non l'avrei neanche potuto salutare.
Mi sentii terribilmente infantile di fronte a quel pensiero, soprattutto viste le circostante in cui mi trovavo, ma non c'era niente che potessi fare.
La mia mente lavorava da sola, e sarei stata ipocrita a rinnegare quelle sensazioni soltanto per la paura del mio stesso giudizio nei miei confronti.

Nel vuoto intorno a me riconobbi la tristezza che poco per volta stava incominciando a farsi strada  dentro di me, e d'un tratto fu un po' come essere già ritornata in Carolina.
Perché era esattamente così che mi sarei sentita una volta ricominciata la mia vecchia vita.

Sola.

Chiusi gli occhi una seconda volta, stufa di tutti quei pensieri. E stanca, troppo stanca per poter resistere ancora.

Mi addormentai.

Quando mi risvegliai, il sole aveva smesso di essere caldo e il cielo era diventato più scuro.
Mi guardai intorno. Non c'era nessuno, come quando mi ero addormentata.
Dentro di me, trovai lo stesso vuoto che avevo lasciato prima di chiudere gli occhi.

Mi rialzai e incominciai ad incamminarmi verso casa, rassegnata al fatto che forse certe cose non si potevano cambiare.

Avevo raggiunto il confine con il bosco.
Mi fermai, guardai la casa che a breve avrei dovuto abbandonare e provai una fitta forte allo stomaco. Ansia, rabbia e inquietudine continuavano a farsi strada in me.

Tornai a guardare il bosco e, improvvisamente, presi la mia decisione.

Trassi un respiro profondo e, ancora una volta, lasciai che la mia incoscienza prendesse il sopravvento su tutto il resto.

Il sole stava tramontando, ma nonostante la luce che ancora la illuminava, la foresta non era meno inquietante.
La percorsi in profondità senza pensare ai rumori che sentivo ovunque intorno a me; senza lasciarmi suggestionare dai rami che con i piedi spezzavo e dai versi degli animali tra gli alberi.

Pensai allo Sconosciuto mentre continuavo a farmi strada verso il lago.
Pensai all'impatto devastante che aveva avuto su di me in così poco tempo. Alla voglia che avevo di non lasciarlo, di rivederlo. Di sentirlo vicino.
Lui rappresentava la forza che non avevo mai avuto. Stavo correndo verso il peggio del mondo, ed ero davvero io. Era come se qualcosa in me fosse cambiato drasticamente grazie a lui. Soltanto due mesi prima non sarei mai stata in grado anche soltanto di pensare a nulla di simile.

Continuai a camminare, alternando passi veloci alla corsa fino a quando, all'improvviso, me lo ritrovai davanti.

Il lago.

Mi fermai, mi guardai intorno.
Tutto sembrava tranquillo, silenzioso.
L'unico rumore che sentivo era quello del mio respiro.

Feci alcuni passi in avanti, fino alla sponda.
Sapevo che sarebbe potuto succedermi di tutto. Andava bene, ne ero consapevole. Avevo preso una decisione. Se lo Sconosciuto aveva lasciato un segno così profondo dentro di me, qualcosa doveva significare.

Mi chinai sull'acqua, la toccai con le mani.
Tutto sembrava normale.

Rimasi lì ferma immobile sulla sponda per un po', come se  pensassi che il fatto di non andarmene mi avrebbe potuto dare ciò che volevo.

Ma lui non si fece vedere.

Non sapevo che cos'altro avrei potuto fare.
Mi voltai verso il bosco, cercando di tenere a freno quella sensazione devastante di ansia che stava esplodendo dentro di me.

Incominciai a camminare e percorsi un buon pezzo di strada quando, di colpo, risentii ciò che Desmond mi aveva detto prima di salutarmi, all'alba.

La sensazione che ho avuto quando poche ore fa ti ho rivista nel bosco con lui è stata quella della fine. La fine di tutto.

Non ripensai semplicemente a quelle parole, le risentii proprio dentro la mia testa.
Come se lui fosse lì accanto a me e le stesse pronunciando in quel preciso istante.

Poi, all'improvviso, sentii un rumore provenire da dietro le mie spalle.

Dal lago.

Mi voltai, e lo vidi.
Non ero molto vicina, ma abbastanza per non avere neanche un dubbio.

Lo Sconosciuto stava riemergendo dall'acqua, e tra le braccia teneva il corpo di Desmond.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora