Arrivo in hotel

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Il treno si fermò ed io mi svegliai di colpo. Eravamo arrivati a Jamestown.

Scendemmo e guardai l'orologio della stazione, quasi deserta. Era l'una passata.

Pioveva, l'aria era fresca.

<<Credo che a questo punto dovremmo cercare un posto dove dormire>> disse lo Sconosciuto, guardandomi.

Arrossii.

Ci avevo pensato, in realtà, ma avevo sempre cercato di spostare la mia attenzione su qualcos'altro.

<<Già>> dissi, sottovoce.

Attraversammo la stazione quasi deserta e raggiungemmo un'area riservata ai taxi. Salimmo sul primo disponibile e chiedemmo al tassista di portarci in un hotel vicino al centro della città.

Durante il tragitto non parlammo molto. Io mi appoggiai a lui e chiusi gli occhi.

Pensai alla notte che avremmo trascorso insieme. Mi chiesi se sarebbe successo qualcosa tra di noi. Rifletterci era inevitabile, perché per me l'amore era qualcosa di così nuovo. Anche se, non avendolo davvero mai provato, non potevo essere certa che quel sentimento che mi vibrava dentro quando eravamo vicini, e anche quando non lo eravamo, fosse davvero amore. In fondo, non potevo saperlo. Mi sentivo tranquilla con lui accanto, ma avevo così tante domande che correvano in tutte le direzioni attraverso la mia testa.

Respirai il suo profumo, sentii il suo calore avvolgere il mio corpo e i miei sensi.
Qualunque cosa fosse, ne ero totalmente dipendente.

Pensai al detective che l'indomani saremmo andati a cercare. Ero terrorizzata dall'idea che una grande parte di verità sul mio passato entro poche ore avrebbe potuto divenire parte della mia vita di oggi.

Ero terrorizzata anche da ciò che avremmo potuto scoprire, perché davanti a me c'era soltanto il buio. Così come alle mie spalle.

Non è facile descrivere come mi sentissi in quel momento. Da un lato ciò che provavo per lo Sconosciuto mi aiutava a tenere a distanza, per un po', tutti quei pensieri negativi che cercavano di mandarmi a fondo. Dall'altro, però, c'erano momenti in cui non ci riuscivo. La notte era più scura del giorno, le domande non avevano risposte. Io non sapevo chi fossi. Non lo sapevo. Ed era qualcosa di terrificante.

Riaprii gli occhi, guardai la notte fuori dal finestrino del taxi. La strada diritta e deserta davanti a noi, desolata come il vuoto che sentivo crescere dentro di me.

<<Ripetimi ancora perché sei qui>> dissi allo Sconosciuto in un filo di voce, senza guardarlo, continuando a fissare la strada fuori dal vetro.

Lui non rispose subito. Non si allontanò da me, il calore del suo corpo continuava ad avvolgermi.

<<Per restarti vicino, Rose. Perché questo è ciò che voglio.>>

Era troppo facile con me, per lui. Sapeva ciò che provavo, sapeva cosa dirmi per farmi star bene.

<<Come posso essere sicura che me lo stai dicendo perché è davvero così e non perché è ciò che vorrei sentirmi dire?>>

Lui esitò, mi strinse un po' di più.

<<Non puoi. Devi credere che sia possibile, però.>>

Si fermò, mi guardò negli occhi. La sua espressione era così limpida, così sincera. Disarmante, in tutto.

<<Pensi di potercela fare?>> mi chiese, serio come non l'avevo mai visto prima.

Sentii i battiti del mio cuore prendere velocità.
Era la domanda che continuavo a pormi anche io dal momento in cui l'avevo conosciuto, in realtà.

Lasciai da parte il mio essere curiosa, il mio volere tutto e subito, il mio timore verso il mondo, e gli risposi.
Di istinto, di pelle, di cuore.

<<Sì>> dissi, cercando la sua mano <<penso di potercela fare.>>

La trovai, la strinsi.

Le caselle del puzzle che lo riguardavano e che non si incastrano tra di loro erano tante, troppe. Eppure quella stretta di mano era molto più di quanto avessi mai avuto fino a quel momento dalla vita, per tutto ciò che riguardava il mio rapporto con il mondo esterno. Con i ragazzi.

Non sapevo quanto a lungo mi sarebbe bastato quel calore, ma per il momento andava bene così. Anche perché erano troppe le questioni che volevo risolvere. Troppe e troppo delicate.

Averlo accanto, in quel momento, per me era tutto.

Il taxi si fermò, lo Sconosciuto pagò e scendemmo.

Davanti a noi, il Clever Hotel.

Era una struttura a tre piani, sembrava piuttosto vecchio.

Corremmo sotto il portico, mentre la pioggia continuava a cadere, fredda, incessante.

I miei capelli lunghi si bagnarono, così come i miei vestiti, perché il temporale era davvero violento. Anche i suoi erano tutti bagnati.

Ci fermammo sotto il portico e rimanemmo qualche istante immobili. Ci guardammo senza dire nulla. Dopo qualche secondo io lo superai, intenzionata ad aprire il portone dell'hotel. Ma lui mi afferrò un braccio, lo strinse nella sua mano e, di colpo, mi baciò. E fu un bacio diverso dagli altri che ci eravamo dati. Fu più lungo, più intenso, più profondo. Mi provocò dei brividi incredibili in tutto il corpo. Qualcosa che non avevo mai sentito prima di quel momento.
Mai.

Ci separammo, lo guardai negli occhi, senza trovare le parole giuste da dire.

Lui aprì il portone dell'hotel, mi fece entrare per prima, poi mi venne dietro e raggiungemmo la reception.
Mi sembrava che tutto stesse succedendo così in fretta. Ed era così bello. Così dolce.

Arrivò il portiere, lo Sconosciuto mi guardò ancora una volta negli occhi e poi si sporse verso di lui.

<<Vorremmo una stanza, per favore. Matrimoniale.>>

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora