C'è il sole, Rose

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Quando mi svegliai, il mattino seguente, lo Sconosciuto era ancora seduto accanto al mio letto.

Mi guardava, e aveva un'espressione serena. Qualcosa che sul suo viso di rado avevo scorto.
<<Non sapevo che parlassi nel sonno>> mi disse, sorridendo.
Spalancai gli occhi, stupita.
<<Non lo sapevo neanch'io. E che cosa dicevo?>>
Lui scosse la testa senza smettere di sorridere.
<<Questo non posso dirtelo, Rose. Potresti imbarazzarti troppo.>>
Arrossii, credo. E tanto. Poi riuscii a ridere, dimenticando per qualche istante la valanga di problemi che mi aveva sommersa negli ultimi tempi.
Sapere che lui era lì accanto a me mi faceva sentire tranquilla.

Era rimasto tutta la notte, l'aveva fatto davvero.

Mi alzai, mi guardai intorno.

<<Alex è sveglio, Rose. Sta bene.>>

Non dissi nulla. Rimasi immobile in silenzio per qualche istante.

Piansi di gioia. Perché ero stata così vicina a perderlo per sempre. Ero scappata quando lui si era trovato nella situazione peggiore, e ancora mi odiavo per questo.
Quindi sapere che era sveglio, e che tutto era andato bene, mi riempì di una gioia che non riuscii a controllare, e che in pochissimo tempo si tramutò in lacrime.

Trascorsi le ore seguenti a parlare con qualche infermiera e poi con il dottore che mi aveva tenuta sotto controllo, mentre lo Sconosciuto continuava a restare accanto a me.

Vidi nuovamente Mitch e sentii mia madre al telefono. Le raccontai tutto - beh, non proprio tutto- e alla fine mi preparai a lasciare l'ospedale.

Mi lavai, mi cambiai, e quando fuori pronta chiesi a una delle infermiere se poteva accompagnarmi nella camera dove Alex era ricoverato.
Lei, molto gentilmente, mi disse che era molto stanco dopo l'intervento e che non avrei potuto restare a lungo con lui, ma mi diede comunque il permesso di vederlo.

Lo Sconosciuto mi accompagnò fino alla porta della sua stanza, ma non entrò.

<<Aspettami>> gli dissi, e lui annuì.

Entrai e vidi Alex ricoperto da fasce e bende bianche sul torace. Era appoggiato con la schiena alla testiera del letto, e quando mi vide spalancò gli occhi in un'espressione di sorpresa e gioia.
Il mio senso di colpa poté soltanto aumentare, ovviamente.

Mi avvicinai a lui, guardandolo negli occhi.
Mi sedetti sulla sedia accanto al suo letto e poi, senza dire nulla, gli presi delicatamente una mano.

<<Rose>> mi disse, sottovoce <<sei qui.>>
<<Mi spiace così tanto, Alex. Per tutto. Mi sento malissimo per come sono andate le cose. Io non..>> ma lui mi fermò, portandosi un dito davanti alle labbra.
<<Non dire altro, Rose. Non è stata colpa tua. Avrei voluto salvarti, avrei voluto proteggerti davvero. Ma quell'uomo è stato così veloce.>>
<<Alex... Tu hai fatto tutto, troppo per me. Probabilmente non lo meritavo. Hai rischiato tutto. E in cambio l'unica cosa che sono riuscita a fare è stata scappare via, come una bambina.>>

Alex accennò un sorriso, poi intrecciò le sue dita nelle mie.

<<Se tu non fossi scappata via, il mio intervento sarebbe stato inutile. Sono contento per come sono andate le cose. E ti voglio bene, davvero.>>

Lo guardai negli occhi, in profondità.

<<Sei una bella persona, Alex. E sono contenta di averti trovato, qui, in mezzo a tutto questo vuoto. Non so perché tu tenga così tanto a me, e non so come riuscirò a sdebitarmi. Ma voglio che tu sappia che per te ci sarò sempre. Se qualche giorno ti sentirai solo, se qualche giorno non saprai dove andare a sbattere la testa, se il tuo cuore andrà mai in pezzi, sappi che non smetterò mai di essere presente per te.>>
Mi tremava la voce mentre parlavo, perché ciò che avevo appena detto era davvero ciò che provavo dentro.
Non ero mai stata brava ad esternare i miei sentimenti, ma Alex mi aveva dimostrato qualcosa.

Mi aveva dimostrato che, per quanto tutto potesse precipitare, o distruggersi, o sgretolarsi, non bisognava mai smettere di avere fede nel prossimo.

Di avere fede in generale.

Lui mi conosceva da poco più di un mese, eppure aveva messo la mia vita davanti alla propria.
E l'aveva fatto senza esitare.
Era come se volesse dirmi che per quanto tutto stesse andando male, nel mondo c'erano ancora dei colori che valeva la pena di fermarsi a guardare.

Adesso, finalmente, lo sapevo anch'io.

Lo guardai ancora una volta, mi chinai su di lui e lo baciai sulla fronte.

<<Verrò a trovarti tutti i giorni, fino a quando non uscirai di qui, Alex.>>

Lui mi sorrise.

<<Non devi, Rose. Davvero. Non è il caso. Starò bene.>>

<<Non dire altro. Sarai contento di trovare la mia brutta faccia ogni tanto, qui con te.>>

Alex rise, e io anche, poi ci salutammo.

Una volta fuori dalla sua stanza, trovai lo Sconosciuto ad aspettarmi, immobile davanti alla porta.

<<Hai parlato con lui?>> mi chiese.
<<Sì, anche se avrei voluto dirgli qualcosa di più. Non è facile gestire quello che sento in questo momento. Non sono abituata a trovarmi in situazioni come questa.>>
<<Starà bene, Rose. E sono sicuro che starai bene anche tu. Ci vorrà del tempo, ma poi tutto si sistemerà.>>
Lo guardai, sorrisi. Era contenta del fatto che cercasse di farmi sentire meglio.
<<Lo dici perché prevedi il futuro?>>
<<Forse>> rispose lui, sorridendomi.

Lasciammo l'ospedale e ci dirigemmo verso il parcheggio.
<<Come sei venuto fin qui?>> gli chiesi, curiosa.
<<Tra poco lo scoprirai.>>

Camminammo attraverso file infinite di automobili, e poi, all'improvviso, ci fermammo.
Davanti ad una moto. Una moto che a me sembrava enorme.

<<Non avrai paura, vero?>> mi chiese lo Sconosciuto accennando un sorriso.

Non ero mai stata su una moto. E sì, avevo abbastanza paura, a pensarci.

<<Uh, io... Ma no, certo che no. Sono abituata alle moto>> dissi, dimenticandomi per un istante che c'era poco che potessi nascondergli.

Infatti lui mi sorrise, poi tirò fuori dalla della un casco rosso e me lo allacciò con cura.

Mi aiutò a salire, quindi si mise davanti a me.

<<Tieniti stretta a me, Rose.>>

Strinsi le braccia e le mani intorno al suo corpo, e mi appoggiai contro di lui.
Il cuore batteva forte, e dentro di me, in quell'istante, nonostante l'adrenalina che sentivo crescere violenta, tutto sembrava esattamente come doveva essere.

Sentii il motore accendersi ed il mio corpo vibrare improvvisamente, e poi chiusi gli occhi.

Potevo percepire la velocità che, sempre di più, continuava ad aumentare, mentre tutto il mondo ci sfrecciava accanto.

Le mie mani strette sul suo corpo mi sembravano il regalo più bello che in quel momento la vita potesse farmi.
Non avevo bisogno di altro, mentre gli alberi coloravano di verde i miei occhi.
C'eravamo noi due, la sua moto, il sole alto nel cielo.

Forse, la felicità assomigliava a giornate come quella.

Dopo una buona mezz'ora ci fermammo, ma non mi aveva portata a casa.
Alzai la visiera del casco, mi guardai intorno.

L'oceano, immenso davanti ai miei occhi, si perdeva inseguendo un punto indefinito in lontananza, fino a mischiarsi poi con il cielo.

C'era una spiaggia piccola, quasi deserta di fronte a noi.

<<Dove siamo?>> gli chiesi, sfiorando il suo collo con le mie labbra.

<<Poco lontano da dove vivi>> mi rispose senza guardarmi, fissando soltanto l'oceano.

<<C'è il sole, Rose. Ed io ho voglia di restare a guardarlo con te, adesso.>>

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora