Poi fu il buio

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Mi alzai, confusa, stordita. Piena di inquietudini e incertezze nuove.
Mio padre mi precedette ed andò alla porta. La aprì.

Davanti a lui vidi Alex.

Era in piedi sotto la pioggia che continuava a scendere, con un ombrello aperto a ripararlo.
I nostri occhi si incrociarono, quindi lo raggiunsi.
Guardai mio padre, esitai.
Avevo così tante questioni da risolvere, personali e non, che uscire di casa mi sembrò in quel momento la soluzione migliore per non farmi schiacciare da tutti quei pensieri.

Mio padre annuì, come a dirmi che se avevo voglia di uscire poteva capirlo.

<<Ciao, Alex>> dissi.
<<Ciao, Rose. E scusa se mi sono presentato qui senza avvisarti. È solo che.. Avevo voglia di vederti. Di fare qualcosa. Ti va?>>
Annuii.
<<Certo. Certo che mi va>> gli risposi. E in effetti ero contenta di potermi allontanare da tutto per un po', perché se fossi rimasta in casa a pensare, probabilmente sarei esplosa.
Alex non era lo Sconosciuto, ma adesso era qui, con me.
Semplicemente, c'era.
E forse andava bene già così. Era uno scoglio in mezzo all'oceano. Una possibilità per non affondare del tutto.

Prima di uscire di casa mi voltai verso Mitch.
I miei occhi incrociarono i suoi, e provai qualcosa.
Una sensazione brutta, all'improvviso.
Rimasi in silenzio, e lui anche.

<<Ci vediamo, Rose>> mi disse.
Lo guardai, e quella sensazione si era intensificata.
Mi dissi che forse era il mio corpo che, in qualche modo, assieme al mio cervello, stava reagendo a quanto avevo appena scoperto. Ma per un attimo quell'angoscia si fece talmente forte che fui sul punto di non uscire più.
Guardai Alex, e vidi che mi stava osservando con aria interrogativa.
Così smisi di pensarci e oltrepassai la porta di casa.
Alex aprì l'ombrello e mi coprì.

Mi voltai ancora una volta verso Mitch.

<<Ci vediamo, papà>> gli dissi, chiudendo la porta alle mie spalle.
Lui mi sorrise, o fece qualcosa di simile.

La pioggia continuava a cadere, ed io guardai Alex. Teneva l'ombrello su di me, per ripararmi.
Raggiungemmo la Jeep di suo padre e poi mise in moto.

<<Avevo voglia di vederti, Rose. Non ero felice di come erano andate le cose con te ieri sera. Ti avrei scritto, ma poi ho pensato che fissa meglio vederti.>>

Lo guardai. Era carino con me.
Carino a comportarsi nel modo in cui si comportava.
Forse Alex era l'unico che non mi aveva ancora mentito. L'unico ad essere esattamente la persona che sembrava.

<<Va tutto bene, Alex, davvero. Portami da qualche parte.>>

Lui sorrise e partì.

Io appoggiai la testa al finestrino e chiusi gli occhi.
Ascoltai il rumore della pioggia che cadeva a terra, cercai di rilassarmi.

Alex parlava, io un po' lo ascoltavo e un po' cercavo di non farmi trascinare a fondo dal mio cervello. Da tutti quei pensieri, quella rabbia, quella frustrazione che ormai erano diventati parte di me.

Perché la mia vera madre era stata assassinata?
Perché Mitch e Cecile non mi avevano mai raccontato nulla?
Perché il mio padre biologico mi aveva abbandonata e aveva chiesto a Mitch di prendersi cura di me? Da che cosa stava fuggendo?
Da chi?

<<Ci siamo>> disse Alex parcheggiando.

Mi guardai intorno, distogliendo l'attenzione da tutti quei pensieri per qualche istante.

Eravamo arrivati al centro di Charleston, e Alex si era fermato di fronte al Café Noir, un locale dall'aspetto accogliente. Certo, con tutta quell'acqua che continuava a cadere, ogni posto sarebbe stato accogliente.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora