La pagina che aveva aperto era quella che parlava dell'omicidio di Melissa Clarkson, la tua madre biologica.

Era stata uccisa il giorno prima e avevo sentito la notizia per radio.
Così incominciai a leggere l'articolo, anche se non avrei voluto. Era qualcosa che non mi riguardava, e quell'estraneo mi aveva appena chiesto di adottare sua figlia.
Mi sembrava una situazione assurda.
Ma poi, dopo che ebbi terminato la lettura, mi raccontò della bambina che era stato costretto a lasciare in quella stanza di albergo.

Ed io, all'improvviso, considerai seriamente le sue parole.>>

Guardai Mitch, socchiusi le labbra. Sentii un'onda improvvisa di freddo invadere il mio corpo.

Lui aveva conosciuto mio padre.
Il mio vero padre.

<<Che cosa ti disse poi? Perché mi aveva lasciata in quella camera d'albergo?>>

<<Per proteggerti, Rose.>>

Provai una fitta alla stomaco.
Una sensazione che veniva da dentro, e che non ero in grado di gestire.

<<Proteggermi da cosa?>>

Mitch scosse la testa, si guardò le mani, poi guardò nei miei occhi.

<<Non lo so. Non me lo disse. Glielo chiesi, e lo feci più di una volta. Ma disse che non era necessario che io lo sapessi. Disse che non mi sarebbe servito.>>

Si fermò per qualche istante, e potevo sentire il suo respiro.
Aveva assunto un'espressione così seria, così intensa. C'era una luce che nei suoi occhi non avevo ancora mai visto prima di quel momento.

<<Stava scappando da qualcuno, Rose. Probabilmente dalla stessa persona che aveva ucciso tua madre. O dalle stesse persone.

Ti aveva portata nella stanza di quell'albergo, poi aveva chiamato la Polizia ed era rimasto nei paraggi fino a che non fosse stato certo che gli agenti ti avessero trovata. Ma non avrebbe potuto fermarsi o tenerti con sé.
Mi disse che sarebbe stato troppo rischioso per te. Ma credimi, tesoro: non vidi mai più nessuno con la stessa disperazione negli occhi che aveva lui quando mi chiese ciò che mi chiese. Mai più.>>

Guardai Mitch, mentre i pensieri si accavallavano nella mia testa. Erano inarrestabili, ingestibili.

<<Perché venne proprio da te?>> gli chiesi, cercando ti tenere a freno la rabbia che sentivo crescere sempre più forte dentro di me.

<<Glielo domandai anche io, Rose. Mi disse che venne da me perché sapeva che tipo di persona io fossi. Mi parlò come se mi conoscesse da sempre, anche se io non l'avevo mai visto prima di quel giorno.>>
<<E poi? Che cosa fece?>>
Mitch scosse la testa, accennò un sorriso.
<<Mi guardò a lungo negli occhi, e poi mi disse che era certo che avrei preso la decisione giusta.>>
<<E tu?>>
<<Non risposi nulla. Ero ancora troppo scosso da quanto stava succedendo.>>
<<Ti disse qualcosa sull'omicidio della mia madre biologica?>>
Mio padre scosse la testa. La sua espressione era seria. E malinconica, in qualche modo.
<<No, non mi disse nulla. Mi spiegò che non sarebbe potuto rimanere a Mainwood o a Charleston, e mi fece capire che sarebbe partito immediatamente. Era come se stesse scappando da qualcosa di terrible. E io ho sempre pensato che ciò da cui fuggiva avesse a che fare con la morte di tua madre. Ma non sono mai riuscito a scoprire nulla al riguardo, purtroppo.>>

Annuii, guardai Mitch.
Non sapevo come avrei fatto a metabolizzare tutte quelle scoperte. In realtà, non sapevo se vi sarei mai riuscita.

<<L'hai più rivisto, in seguito?>>
<<Sì, una sola volta. Qualche anno dopo. Tre, forse quattro. E solo per poco tempo. Ero in casa con tua madre, tu stavi dormendo. Lui era fuori. Mi chiamò al telefono ed io uscii. Anche in quell'occasione non sembrava tranquillo, continuava a guardarsi le spalle. Ma voleva sapere come stavi, Rose. Voleva vederti. Così lo feci entrare in casa. Salutò Cecile, poi lo accompagnai in camera tua. Rimase qualche istante immobile davanti al tuo letto, poi ti accarezzò una guancia e ti diede un bacio sulla fronte. E subito dopo se ne andò.
Prima di farlo, sulla porta di casa, mi guardò dritto negli occhi, ed io ricambiai quello sguardo.
Lui era in debito con me, ma anch'io ero in debito con lui. Perché dandomi la possibilità di stare con te, mi aveva fatto il regalo più bello che potessi mai sperare di ricevere.

Ci stringemmo la mano, poi se ne andò.

Si chiamava Nate, e questo è tutto ciò che so di lui.>>

<<E quella fu l'ultima volta che lo vedesti?>> gli chiesi, mentre sentivo che di nuovo in gola si era stretto un nodo.

<<Sì, quella fu l'ultima volta. Poi non lo rividi più.>>

Guardai mio padre negli occhi, e vidi che erano diventati lucidi.

Avrei voluto scappare da lì e abbracciarlo al tempo stesso.

Avrei voluto chiedergli perché non me ne avesse parlato prima, ma non vi riuscii.
C'erano troppe emozioni, troppe sensazioni contrapposte dentro di me in quel momento.

Avrei voluto parlare con qualcuno di esterno alla mia famiglia, qualcuno con cui potermi sfogare davvero senza dover pensare a parole dolorose o sensi di colpa.

Per qualche ragione, avrei davvero voluto che lo Sconosciuto fosse lì con me.

Mi strofinai gli occhi, guardai a lungo Mitch, pensai a qualcosa da dire.

Poi, all'improvviso, il campanello di casa suonò.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now