Non restare davanti al lago

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La mano stringeva con forza la mia bocca. Non potevo parlare e facevo fatica addirittura a respirare. Cercai di allontanarmi da quella presa ma ogni mio tentativo fu vano.
Era troppo forte.

Cercai di voltarmi ma non vi riuscii.

Adesso la persona che si trovava dietro di me aveva afferrato la mia vita con l'altra mano e sembrava trascinarmi all'indietro, nella direzione dalla quale ero venuta. Provai ancora a voltarmi e ancora non ne fui in grado.

Davanti a me continuava a non esserci nulla: nessuna ragazza e nessun urlo adesso a riempire quella notte senza stelle.

C'eravamo solo più io e il mio aggressore.

Continuò a trascinarmi con sé verso l'interno del bosco, sempre più lontano da lago e senza togliere la sua mano destra dalla mia bocca mentre con la sinistra continuava a stringere il mio corpo. Il mio cuore continuava a battere all'impazzata e le mani mi sudavano.
Avrei voluto combattere, cercare un modo per liberarmi. Ma ero troppo sconvolta. Il mio corpo era un insieme di paura e adrenalina, e la mente sembrava correre per conto proprio, incontrollabile.
Così chiusi gli occhi e mi lasciai andare.

Quando li riaprii erano trascorsi soltanto pochi istanti che però mi erano sembrati un tempo infinito.

Mi guardai intorno.

Ero seduta per terra, sulle foglie, la schiena appoggiata contro uno dei tanti altissimi pini che riempivano ovunque lo spazio del bosco.

Ma soprattutto ero libera.

Accanto a me, appollaiata sulle ginocchia e nascosta dietro ad un altro pino, riuscii finalmente a scorgere la persona che mi aveva sorpresa poco prima.

Era un ragazzo che non avevo mai visto prima di quel momento.

Nel buio era difficile capire con chiarezza che aspetto avesse, ma ero certa che non fosse né lo Sconosciuto né uno dei ragazzi che avevo notato quella stessa sera davanti alla locanda.

<<Si può sapere chi diavolo sei?>> gli chiesi cercando di trattenere la voglia di urlare che sentivo essersi accumulata in me.

Ma nulla, lui non rispose.

Scosse semplicemente la testa. Pensai che non rispondere alle domande fosse un tratto comune negli abitanti di Saint Claire.

Mi guardai intorno. Nel buio che ricopriva tutto era difficile mettere a fuoco le immagini, le figure, le sagome. Mi domandai dove fosse la ragazza che avevo sentito gridare tutte quelle volte, e soprattutto chi fosse quel ragazzo che se ne stava fermo poco distante da me, nascosto dietro ad un albero.

Perché mi aveva messo la mano davanti alla bocca? Perché mi aveva trascinata nel cuore del bosco fino al punto in cui ci trovavamo ora?

Senza avvicinarmi a lui iniziai a guardarlo con più attenzione. Riuscii a riconoscere tratti e lineamenti delicati sul suo volto. Sembrava alto e piuttosto muscoloso. Non troppo, ma abbastanza. I capelli erano corti e scuri, e anche gli occhi sembravano scuri, ma non potevo esserne certa.

Senza dire nulla e cercando di non fare rumore feci qualche passo verso di lui.
Sembrava fissare un punto preciso del lago, in lontananza.

Il cuore mi batteva ancora forte e il silenzio che regnava ovunque intorno a noi era angosciante.
Quando fui abbastanza vicina a lui da poterlo guardare con più attenzione, lo feci.

Era bellissimo.

Il mio cuore aumentò ancora di più i battiti ed io sentii che la mia testa era diventata il caos.

Lui, d'un tratto, ricambiò il mio sguardo. Fu solo un attimo ma mi sembrò non finire mai.
Aveva un'espressione tesa, sconvolta.

<<Che cosa ci fai qui?>> mi chiese.

Mi avvicinai ancora un po' e posai una mano contro il pino dietro il quale adesso entrambi ci stavamo nascondendo.

<<Io... Ho sentito delle urla provenire dalla direzione del lago. Abito a pochi metri dal bosco e così sono corsa qui. Stavo raggiungere la sponda quando tu mi hai fermata. Perché l'hai fatto?>>
<<Perché laggiù non è sicuro. Non restare davanti al lago>> mi disse ed io sentii un'ansia forte crescermi dentro.
<<Le urla provenivano da lì. Cosa c'è al lago?>> chiesi, sconvolta.
<<Non lo so. Era quello che stavo cercando di scoprire quando ho visto te. Ma non è sicuro laggiù. Ho visto... >>
<<Che cosa?>> lo incalzai.

Scosse la testa e si avvicinò ancora un po' a me. La perfezione del suo corpo, la sintonia dei suoi movimenti, tutto in lui era esattamente come avrebbe dovuto essere.

<<La mia ragazza, Joey. È scomparsa alcuni giorni fa. Tre, per l'esattezza. Nessuno ha saputo più nulla di lei e poi stanotte ho ricevuto una telefonata. Mi diceva di correre al lago e che era in pericolo. Diceva qualcosa riguardo qualcuno.. che... l'aveva rapita, o almeno così ho capito... ma poi la linea è caduta. Quindi sono corso qui.>>
<<E sei riuscito a vederla?>>
<<Forse.. Forse soltanto per un attimo. Perché avevo sentito le sue grida, quelle che hai sentito tu. Provenivano dal lago così sono corso fino alla sponda e c'era qualcuno.. Sembrava lei e sembrava che qualcuno la stesse trascinando da qualche parte. Ma poi..>>
Si interruppe bruscamente e con il cellulare si illuminò il collo in modo che lo potessi vedere.
C'erano dei graffi profondi.
<<Cosa ti è successo?>> gli chiesi.
<<Non lo so. Qualcosa.. Qualcuno nell'oscurità mi ha afferrato di colpo dal collo e mi ha graffiato. Poi mi ha sollevato e mi ha fatto cadere a terra. Senza che me ne rendessi conto mi sono ritrovato lontano dal lago e lontano da quella che poteva essere Joey.>>
<<E poi che cosa hai fatto?>> gli chiesi.
<<Ho provato a tornare verso il lago ma non c'era più nulla. A parte te che sembravi così indifesa. Vista la situazione non mi è sembrato il caso di lasciarti avvicinare alla sponda.>>

Non ci potevo credere. Era la seconda persona che in un solo giorno si era preoccupata per me. In Carolina non era mia capitato.
Mai.
Lo guardai negli occhi e mi resi conto che, proprio come mi era sembrato da lontano, erano scuri e intensi.

<<Grazie per esserti preoccupato per me>> gli dissi <<Mi chiamo Rose. Piacere di conoscerti.>>

Si sporse ancora un po' verso di me. Oramai eravamo attaccati. I suoi occhi sembravano lucidi adesso.

<<Grazie per esserti preoccupata per la mia ragazza>> rispose <<Io mi chiamo Desmond. Desmond Black.>>

Sentii in lontananza le sirene della polizia che stava arrivando mentre Desmond, dopo essersi inginocchiato, appoggiò la schiena contro il pino e si portò la testa tra le mani.

Fu la prima volta nella mia vita in cui vidi un ragazzo piangere.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now