Quando Rose incontra lo Sconosciuto

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Non mi ero mai vista bella.

Le poche ragazze che avevo frequentato durante gli anni del liceo mi erano sempre sembrate molto diverse da me. Non possedevo la loro sicurezza né tantomeno la loro malizia, e non avevo la più pallida idea di che cosa significasse sentirsi al centro del mondo, per quanto piccolo il mondo di una liceale potesse essere.

Ci riflettevo mentre l'autobus che trasportava  me e mia madre si apprestava a raggiungere Saint Claire, tremila anime circondate da una foresta sterminata che rappresentava l'ultima barriera tra Canada e Stati Uniti.
Sentivo il freddo entrarmi sotto la pelle, mentre con la testa appoggiata al finestrino fissavo il panorama grigio e verde che mi correva accanto, veloce e silenzioso.

<<A che cosa pensi, tesoro?>>

Mi tolsi le cuffie dalle orecchie e fermai la musica sul telefono.
La guardai. Stava raccogliendo i lungi capelli biondi in una coda di cavallo. Gli occhi, verdi e grandi, scrutavano nei miei nella maniera tipica di quando si preparava ad affrontare un discorso di una certa importanza.
Mia madre Cecile era una bella donna. Nessuno avrebbe faticato a scambiarla per una mia sorella maggiore.
<<A nulla, mamma>> risposi, ma avrei voluto dirle la verità. Dirle che lasciare la nostra vecchia casa non mi sembrava una buona idea. Che c'erano persone che mi sarebbero mancate. Non molte, d'accordo, ma almeno un paio. E che più di ogni altra cosa la Carolina mi sarebbe mancata. Ma non lo feci. Sapevo che dopo il divorzio l'unica cosa che desiderava era ricominciare da capo. In un posto nuovo, diverso, lontano dal luogo che fino ad ora era stato tutta la sua vita. Il cambiamento che avrei dovuto affrontare mi spaventava, ma credevo che se fosse esistita anche una sola possibilità  di felicità per lei, non avrei voluto che si frantumasse a causa mia.

<<Tesoro, vedrai che Saint Claire ti piacerà. Ho sentito dire che è un posto così bello. Immerso nel verde, tranquillo. Staremo bene. Ne sono sicura.>>

Non le risposi e mi guardai le mani. In fondo anche io, come lei, mi ritrovavo seduta su quel bus piena di speranze verso il futuro. Avevo diciott'anni e dentro mi sentivo così vuota. Sapevo che la colpa era mia e di tutti i limiti che mi imponevo.
Pensai a mio padre. Rividi gli ultimi giorni insieme in Carolina prima del divorzio. Risentii i pianti di mia madre, mentre l'autobus costeggiava il lago.
Pensai al silenzio che anch'io mi portavo dentro. Al fatto che non avevo mai avuto un ragazzo. Mai nemmeno un vero amico.

Mi soffermai a guardare il mio riflesso sul finestrino.

Stavo per scoprire un altro dettaglio di me che non mi piaceva, quando il bus rallentò e poi si fermò. Le persone incominciarono a scendere. Mia madre mi appoggiò la mano sulla spalla e sorrise.
<<Ci siamo, Rose>> disse entusiasta, <<siamo arrivate.>>

Afferrai la mia valigia e  scesi anch'io, facendo attenzione a non cadere dagli scalini, stanca per il viaggio che mi era sembrato infinito e pensando a quanto avrei desiderato una doccia bollente.

E fu allora che lo vidi per la prima volta.

Era solo, immobile al centro della piccola piazza, lo sguardo rivolto nella nostra direzione.

Non riuscirei a spiegare cosa provai in quel momento. So soltanto che fu come se qualcuno mi avesse strappato il cuore fuori dal petto, gli occhi fuori dalle orbite, il cervello fuori dalla testa.
Un gelo improvviso avvolse le mie mani e un brivido intenso si fece strada veloce in tutto il mio corpo.

I nostri occhi si incrociarono per una frazione di secondo, poi mia madre mi chiese qualcosa che non capii e mi voltai per un istante verso di lei.

Fu un attimo.

Quando tornai a rivolgere lo sguardo verso di lui, non c'era più.

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Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora