Capitolo 67

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Il mattino è pallido, come se tutti i colori del cielo fossero stati prosciugati. Al posto dell'azzurro che c'era ieri null'altro se non una coperta grigia. Come spesso accade al cielo di Londra. Non mi capitava di fare così caso al tempo, quando vivevo coi ragazzi: troppo presa a comprendere quello che mi circondava, presa dagli allenamenti, la scuola.

Mi si stringe lo stomaco se penso che c'è una percentuale di probabilità che io non vi metta più piede. Dipende tutto da come riesco a gestire i miei genitori oggi. Se non riuscissi a farli ragionare raccoglierei i miei vestiti in fretta e furia e me ne andrei con il buio, senza dare spiegazioni a nessuno. Non voglio rinunciare ai miei amici, non voglio rinunciare a sedere al solito tavolo per le pause pranzo, ai corridoi, nemmeno ai litigi.

Poco fa la macchina dei miei genitori è entrata nel vialetto. Non hanno portato Jillian con loro. Sanno quanto avrei voluto vederla, non portarla è una mossa calcolata: se dovessi rifiutarmi di andare con loro la userebbero come minaccia, come ricatto. Molto probabilmente non potrei più vederla. Ma non permetterò più ai loro modi di piegarmi e di costringermi al volere di qualcuno che non sia il mio. Devo concedere a me stessa il lusso di poter procedere per gradi: vedere Jillian è una priorità, ma difendere la mia libertà e le mie decisioni anche. Inoltre non posso ignorare gli altri rapporti che ho creato finora, anche loro devono essere protetti. E poi c'è Snyder ed il modo in cui ho promesso ai ragazzi che sarei stata dalla loro parte per riuscire ad abbatterlo.

Osservo la mia immagine allo specchio un'ultima volta: indosso la felpa di Harry, la stessa che aveva abbandonato nello Sheol, tempo fa, e che io gli ho sottratto: non l'ha mai cercata, dubito che sappia sia in mio possesso. Ce l'ho da molto, ragion per cui l'originario profumo è sbiadito tanto da scomparire quasi del tutto, ma se chiudo gli occhi e ripenso intensamente ai suoi abbracci ritorna alle mie narici. Indossare questo mi fa sentire meno sola, mi da forza; non credo di essermi resa conto, a dire il vero, di cosa sto per affrontare.

Scendo le scale, sono tutti in soggiorno. Ancora in piedi, si salutano e si abbracciano, sistemano i cappotti sull'attaccapanni. Ci vuole un poco prima che si accorgano di me, la prima a farlo è mia madre. Rivedere il suo viso dopo tanti mesi ravviva in me emozioni contrastanti: non sono mai stata lontana da casa per così tanto tempo, e mentirei se dicessi che non mi è mancato vederla tutte le mattine, prima di andare a scuola. E' pur sempre mia madre, nonostante tutti gli errori che ha commesso nel crescermi e, sopratutto, nell'abbandonarmi. Sembra stanca ma gli occhi sorridono prima della bocca. Forse è contenta ti vedermi. 

Lentamente cala il silenzio, gli occhi dei presenti cadono su di me ma io non guardo altri se non mia madre. Compie alcuni passi verso di me, non ha ancora detto una parola e sembra abbia paura, come se dovesse cercare di accarezzare una bestia feroce.
"Ciao mamma." interrompo poi, andandole incontro a mia volta. Questo sembra darle la giusta sicurezza, perché mi trascina in un abbraccio che è decisamente inaspettato. C'è una parte di me che vorrebbe gioire, ma un'altra, quella più prepotente, mi ricorda che è troppo tardi. I suoi sensi di colpa non devono essere anche miei. I suoi abbracci non c'erano, né il suo amore, quando piangevo disperata perché non mi allontanassero dall'unico modo che avessi mai conosciuto. 

Sollevando lo sguardo oltre la sua spalla posso notare mio padre. Rigido, grigio nel suo completo elegante. Non posso evitare un sorriso: si è presentato qui come se dovesse andare in ufficio, non come se fosse a casa dei propri genitori ad incontrare sua figlia, che non vede da quattro mesi. Ma non mi sorprende. 

"Sei così diversa." nota mia madre allontanandosi lentamente. Mi scruta da capo a piedi senza ritegno. Nonno Peter e nonna Ofelia mi guardano con un pizzico di compassione negli occhi: nessuno vorrebbe essere al mio posto, lo so bene. Guardo l'uomo che è mio padre, colui che ha avuto l'ultima parola sul fatto di spedirmi lontano da casa. Questa deve essere la resa dei conti, glie lo leggo negli occhi. Alla fine in lui potrei perfino trovare un alleato: per quanto paradossale, lui mi vuole lontano da casa tanto me. 

SheolWhere stories live. Discover now