Capitolo 33

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Mi sveglio al suono di un fischiettare leggero e continuo. Mi stropiccio gli occhi confusamente. Cerco di trovare una posizione più comoda sulla poltrona per riuscire ad addormentarmi di nuovo, ma niente: non solo sono scomodissima ma il fischiettare non sparisce affatto. Il mio collo è indolenzito, come ogni altra parte del corpo, e di colpo ho anche freddo. Apro un occhio per poter capire cosa sta accadendo attorno a me: la stanza è nascosta nel buio, ho perso la cognizione del tempo e mi sento come se fossi uscita da un coma. 

"Finalmente qualcuno ha deciso di svegliarsi!" esclama Harry lasciandosi andare ad una risata che gli fa strizzare gli occhi.

"Che ore sono?" domando stiracchiandomi ulteriormente. 

"L'ora di cena." si lascia cadere sul divano. "Dormito bene?" 

Gli riservo un'occhiata truce. Continuo a stirarmi come se stessi riscoprendo il mio corpo in questo istante: "Mi hai lasciata dormire sulla poltrona, sei un vero gentleman." lo schernisco. 

"Ringrazia che ti abbia lasciata dormire più che altro. Mi sono messo a cercare quello stupido medaglione da solo." appoggia sul tavolino una scatola di velluto nero e un panino.

"Medaglione?" chiedo alzando un sopracciglio. "Quel panino è per me?" domando, lui annuisce "Ed è avvelenato?" continuo prendendo un morso. 

"La mia bontà ti sorprende?" domanda divertito.

Mi rannicchio di nuovo sulla poltrona continuando a mangiare il panino: "Dimmi del medaglione." 

"E' l'oggetto di cui ci ha parlato Arthur." si passa la mano nei capelli, sistemando poi meglio la t-shirt bianca. Mi fa cenno verso la scatolina di velluto.

Adagio il piatto col panino, allungo la mano per afferrare la scatolina nera ma resta ferma a mezz'aria. Non so perché all'improvviso vengo pervasa da un moto di amicizia e dalla voglia di aprirmi a lui: "So che abbiamo fatto molta strada per arrivare fin qui. Per prendere questo medaglione-"

"Si, esatto." interviene.

"Ma non posso nasconderti che.. che provo una certa paura." Alzo lo sguardo su di lui, è seduto, leggermente sporto in avanti, i gomiti sulle ginocchia, le mani incrociate davanti a lui. Gli anelli che gli decorano le dita riflettono la poca luce che emana il camino ora. Ricambia il mio sguardo con intensità, decido di continuare: "Ho paura di tutto quello che sta succedendo. Sono felice di essere con voi- specifico distogliendo lo sguardo- ma ho paura di tutto quello che essere parte di questo gruppo comporta. Ho paura di ciò che potrei scoprire, che riguardi me, voi, oppure la realtà che viviamo." mi stringo nelle spalle facendomi indietro sulla poltrona. "Ciò nonostante- sospiro- non ho dubbi sulla strada che ho scelto." riposto gli occhi su di lui "Ho scelto di stare dalla vostra parte. So che non siamo grandi amici, che tra di noi non scorre buon sangue, ma paradossalmente ho la sensazione che tu sia l'unico a dirmi le cose per come stanno. Forse è per questo che ti odio tanto-" sbuffo una risata "-ma non smettere. Dimmi la tua, sopratutto se è in disaccordo con le idee degli altri. Con le idee di Arthur." specifico. 

"Lui ti intimorisce?" mi chiede con serietà 

"Non lo capisco e questo mi spaventa, si." annuisco. 

"Lo sapevo." bisbiglia senza interrompere il contatto visivo. 

"Che avrei avuto paura?" chiedo, sperando dentro di me che non mi derida e che prenda le mie parole con la dovuta serietà.

"Che ti saresti fidata di me." risponde. Lascia cadere completamente l'argomento: "Ha senso che tu sia spaventata. Ed ha senso che ti senta sola nonostante tu sia costantemente circondata da persone." prende un grosso respiro. "In più devi venire a patti con quello che sei."

SheolWhere stories live. Discover now