Epilogo

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Luci

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Luci.
Fischi.
Urla.
Ogni riflettore era puntato su di me.
La notte scintillava con eleganza attorno allo stadio, notte le cui stelle erano gli occhi della folla, tutti puntati sul mio corpo che volteggiava nell'aria.

Il mondo sembrò scomparire sotto di me, tutto ciò che ne restava era il fruscio del vento che mi sfiorava come una tiepida carezza. Ero libera, sospesa tra cielo e terra, tra sogno e realtà, come se fluttuassi nell'etere senza gravità e senza preoccupazioni.

Il mio corpo vibrava di eccitazione, le scarpe brillavano sotto le luci abbaglianti dello stadio, mentre l'adrenalina fluiva nelle mie vene con rapidità. La mia mente era vuota, come se il mondo fosse rallentato solo per permettermi di assaporare ogni singolo istante.

Il cuore batteva al ritmo della musica che risuonava nello stadio, mentre le urla della folla creavano una piacevole sinfonia nei miei timpani. Il mio corpo volteggiava nell'aria con la leggiadria di una piuma e la forza di un fulmine, mentre il vento mi accarezzava la pelle e il profumo del prato mi inebriava i polmoni.

Ogni movimento era perfetto, ogni gesto calcolato al millimetro, e la paura di sbagliare era oscurata dalla consapevolezza che il mio corpo era in sintonia con il mondo intorno a me, come se fossi parte di un'opera d'arte o di un sogno.
Sarei voluta restare lì per sempre.

«Evie!»

Luci.
Fischi.
Urla.
Ogni riflettore si spense, assieme all'illusione di non trovarmi nel campus universitario con il mio libro di Programmazione sotto il naso.

Le dita di Jessie che schioccavano di fronte ai miei occhi furono la prima cosa che misi a fuoco quando mi risvegliai dal mio stato di trance.

«Sì?» biascicai confusa, battendo le ciglia più volte come se fossi appena stata catapultata su un altro pianeta.

«Si può sapere a cosa diavolo stai pensando?» borbottò la mia migliore amica mentre gesticolava animosamente, rischiando di rovesciare il cappuccino sul suo libro di Letterature comparate.

Roteai gli occhi al cielo mentre afferravo una ciliegia dal mio porta-pranzo poggiato sul prato accanto a me. «Ripensavo alla lezione di Etica informatica» inventai con una scrollata di spalle, prima di portarmi rapidamente il frutto alle labbra.

Madison storse leggermente il naso, «Ed é stata così interessante da farti sorridere come un'ebete?» sollevò un sopracciglio con fare sospettoso.

«Magari il professore era carino» ipotizzò Jessie, «In quel caso, sono già in segreteria per iscrivermi al corso» sollevò una mano con un'espressione furba e maliziosa in volto.

«Okay, stavo semplicemente ripensando alle nazionali» ammisi infine, consapevole che non sarei riuscita a portare avanti quella farsa a lungo.

«Di nuovo?!» esclamarono quasi in coro.

«Cos'é? A voi non é piaciuto vincerle?» incrociai le braccia al petto, teatralmente offesa dai loro rimproveri.

«Ma é stato più di otto mesi fa!»

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