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Il Killer Hill mi aveva sempre trasmesso un forte senso di inquietudine

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Il Killer Hill mi aveva sempre trasmesso un forte senso di inquietudine. La rampa di scale per raggiungere la sala sotterranea era buia e polverosa, il corridoio poco illuminato che portava alle camere private era frequentato da individui ben poco raccomandabili e le insegne viola al neon sui muri conferivano all'ambiente un aspetto cupo e tenebroso. Tutto di quel luogo sembrava urlarmi "scappa", eppure io non facevo che tornarci ancora, come se la volta precedente non mi fosse bastata.

Le ballerine seminude sul palco danzavano intorno al palo con sensualità ed eleganza, seguendo il ritmo lento della musica che risuonava tra le pareti dell'edificio. Guardandole mi fu impossibile non ricordare la sera in cui avevo ballato su quello stesso palco vestita come una spogliarellista soltanto per nascondermi da Thomas e ottenere informazioni. Probabilmente, se la Evie di quel giorno mi avesse vista entrare nello stesso identico locale proprio per incontrare Thomas, mi avrebbe dato una sberla.

Fermarmi da Harry la notte precedente aveva stravolto tutti i miei piani, costringendomi ad aspettare la sera successiva per poter incontrare Hyena nel suo covo. Eppure forse ne era valsa la pena, visto che per la prima notte dopo settimane ero finalmente riuscita a dormire senza nessun incubo. Era incredibile il potere che Harry aveva su di me e, più gli permettevo di avvicinarsi, più mi rendevo conto che forse non sarei davvero stata in grado di fare a meno di lui.

Era proprio per questo che mi ero ritrovata, quella mattina, a strappare il suo modulo di dimissioni. Probabilmente non avrei dovuto: Harry avrebbe rappresentato soltanto un intralcio per quello che avevo in mente di fare, eppure, quando avevo letto le parole su quel foglio di carta sul bancone della cucina, non ero riuscita a reprimere l'impulso di tornare sui miei passi e mandare all'aria le mie stesse decisioni.
Forse se non fossi rimasta lì quella sera non avrei mai cambiato idea; forse era stata la mia empatia nei suoi confronti, la mia speranza che le cose potessero migliorare... o forse era il destino a non volerci separare, troppo intento a divertirsi nel vederci ferirci l'un l'altra per lasciare che le nostre strade si dividessero.

Osservai attentamente le persone sedute ai tavolini del night club mentre tra le dita stringevo la pistola ben nascosta nella tasca di una felpa di Luke. Questa volta ero sola: nessun microchip nel cellulare, nessun'amica travestita da stripper e nessuna guardia del corpo pronta ad intervenire in caso di pericolo.
Avevo deciso che me ne sarei occupata personalmente e così avrei fatto: era giunto il momento di imparare a risolvere da sola i problemi.

«Ma guarda un po' chi abbiamo qui!» l'inconfondibile voce di Thomas alle mie spalle mi fece sussultare dalla sorpresa.
Nonostante fosse proprio lui la persona che stavo cercando, quando mi voltai a guardarlo fu impossibile ignorare il brivido di terrore che mi si diramò lungo la schiena. Ogni volta che i miei occhi incrociavano i suoi, mi sembrava quasi di poter scorgere il riflesso del fiammifero con cui aveva dato fuoco alla mia casa scintillare all'interno delle sue iridi cristalline.

«Thomas» pronunciai a denti stretti, osservandolo mentre si avvicinava a me con aria sospettosa.

«Quale onore averti qui» mi squadrò dalla testa ai piedi con circospezione, «Cosa ti serve?»

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