54.1. Milkshake ~ PRIMA PARTE

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Seguendo il risultato del sondaggio di Instagram, ecco la prima parte del capitolo.
La seconda parte arriverà questa sera o domani.
Tenetevi pronte

Tenetevi pronte ✨

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«Viperina

Quel suono. Quel nomignolo. Quella voce.
Mai e poi mai avrei immaginato di riascoltare mio padre pronunciare quella parola mentre mi veniva incontro con un sorriso smagliante stampato sul volto. Lui era morto: come faceva ad essere lì davanti a me?

Sentii ogni muscolo del mio corpo sussultare. Poi, senza neanche rendermene conto, le mie gambe presero a correre nella sua direzione con rapidità.
Ci incontrammo a metà strada e, non appena i nostri corpi collimarono, gli circondai i fianchi con le braccia, nel disperato tentativo di colmare quel vuoto che mi aveva lasciato la sua assenza.

Il suo profumo era sempre lo stesso, così come il tocco delle sue carezze sulla testa e la risata profonda che gli echeggiava nel petto. Sembrava di vivere ad occhi aperti uno dei miei sogni, di quelli che puntualmente si trasformavano in terrificanti incubi. Ma questa volta non c'erano fiamme impetuose ad incombere su di noi, non c'era la risata perfida di Thomas a rimbombare nelle mie orecchie né tantomeno gli occhi delusi di mio padre che mi incolpava di ciò che gli era accaduto.

«Non posso credere che tu sia vivo» singhiozzai contro il suo petto, avvolta dalle sue braccia sempre robuste nonostante l'età che avanzava.

La mia villa con piscina nella periferia di Los Angeles era ancora distrutta, eppure io in quel momento mi sentii ugualmente a casa. Era sempre stato lui la mia certezza, il mio posto sicuro, la mia àncora. Non importava cosa facessi: lui era pronto a difendermi in qualsiasi situazione, perché riponeva in me una fiducia che probabilmente neppure meritavo.

«Sono sempre stato qui, piccola mia» sussurrò mentre faceva scorrere le dita tra i miei capelli.

Sollevai lo sguardo verso di lui, che sicuramente tra le sue qualità non mi aveva tramandato l'altezza, e osservai il suo volto tra le lacrime che mi offuscavano la vista. La barba brizzolata era ben curata, il colletto della camicia perfettamente stirato, alcune nuove rughe gli contornavano gli occhi e lo sguardo, seppur animato dall'affetto e dalla dolcezza nei miei confronti, non aveva perso neanche in quel momento la sua impronta di rigidità.

«Perché ora?» sussurrai con voce flebile, «Perché hai aspettato così tanto prima di tornare?»

«Quando ho visto che stavi per eliminare la mia invenzione, ho capito che era arrivato il momento» rispose, risistemandosi il berretto nero sopra i capelli per assicurarsi che nessuno lo riconoscesse, «Avresti combinato un bel guaio» mi strofinò una mano sulla testa con un sorriso amichevole mentre mi parlava come se fossi un bambino che aveva appena combinato una marachella.

Quelle parole così crude furono come uno scossone nel bel mezzo di un sonno profondo.
«É... é solo per questo che sei tornato?» balbettai con aria incerta.

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