Marika ascoltò l'amica in silenzio, accarezzandole le mani ogni qualvolta i singhiozzi la interrompevano. Solo alla fine trovò il coraggio per chiederglielo: «Ma Jack ora dov'è?».


Due mesi dopo

Marika si spostò di lato per evitare di rovinare la foto a una comitiva di turisti. Via dei Fori Imperiali era gremita di gente; nell'aria risuonavano frasi in una dozzina di lingue diverse, il suono ritmico dello scalpiccio dei cavalli che trainavano una carrozza e il ronzio dei monopattini elettrici.

Le sue iridi non riuscivano a soffermarsi su una sola meraviglia. Il Colosseo alle sue spalle troneggiava imperioso, mentre il Vittoriale sfoggiava tutta la sua bellezza sul fondo della strada.

Sotto, nei Fori, come tante piccole formiche, le persone si muovevano tra le rovine antiche, ammirando la bellezza di un popolo che dopo duemila anni continua a incantare con la sua storia.

Marika respirò a pieni polmoni quell'atmosfera sospesa nel tempo e nello spazio e strinse più forte la mano di Jack.

Lui rispose alla stretta e le rivolse un sorriso che non riuscì a nascondere del tutto l'ansia che provava. Marika lo notò e si fermò, gli passò le mani intorno alla vita e lo strinse a sé. «Andrà tutto bene, vedrai.»

Jack le posò due dita sotto il mento e delicatamente glielo sollevò per far combaciare le loro labbra.

Fu un bacio dolce, quasi timido, che nascondeva una tacita domanda a cui rispose con tutto l'amore di cui era capace. Era lì per lui e ci sarebbe stata ancora per molto. Gli accarezzò i capelli biondi che nell'ultimo periodo erano allungati, poi gli passò le mani sulle spalle irrobustite. Abbandonare la vita di strada aveva giovato sia al suo fisico che alla sua anima.

Si erano messi insieme dopo che era stata dimessa dall'ospedale. Jack era andato a trovarla tutti i giorni e lì aveva conosciuto Claudia e Marcello. Aveva raccontato loro la sua storia e aiutato Marika a raccontare la parte che riguardava lei e Rebecca. Non era stato facile, né per lei, né per i suoi genitori che si erano colpevolizzati per non aver capito che qualcosa non andava. Alla fine, però, si erano perdonati tutti e tre a vicenda e avevano ritrovato un equilibrio.

Marcello aveva pure trovato un lavoro a Jack nella fabbrica di un suo caro amico, grazie al quale il ragazzo riusciva a permettersi l'affitto di un piccolo appartamento poco lontano dal centro.

L'indagine della polizia che riguardava Sandro Menna e l'organizzazione era ancora in corso e nessuno dei due aveva la più pallida idea di quando sarebbe finita. Marika temeva che si ripercuotesse su di loro, soprattutto su Jack, ma per il momento non era accaduto niente. Jack, alla fine, aveva fatto solo il nome di Sandro Menna, anche perché degli altri conosceva a malapena i soprannomi, ed era convinto che qualche suo sottoposto lo avesse già rimpiazzato.

La loro visita a Roma, però, non riguardava quell'argomento. Almeno non completamente. Da quando la verità era divenuta di dominio pubblico, i genitori di Jack avevano provato a contattarlo più volte, ma lui si era sempre rifiutato di vederli. Aveva confidato a Marika di non sentirsi ancora pronto a perdonarli. Non li biasimava per non avergli creduto, ma l'abbandono continuava a bruciare. Suo fratello minore, però, era un'altra storia. Era lui che lo stava attendendo seduto a un tavolino fuori dal bar dall'altro lato della strada.

Jack sospirò piano e Marika rabbrividì quando il respiro caldo le colpì il collo. Gli sorrise di rimando incatenando le iridi alle sua.

«Sono qui, Jack. Comunque andrà io sono qui.»

Lui l'abbracciò e le nascose il viso nell'incavo del collo. «Ti amo, Marika.»

Lei lo strinse forte mentre l'ormai familiare sensazione di calore gli scaldava il cuore. «Anche io.»

Jack sospirò di nuovo, poi sciolse l'abbraccio e si allontanò di un paio di passi. Marika rispose alla sua espressione incerta con un sorriso rassicurante e rimase a guardarlo finché non attraversò la strada. Come giunse davanti al bar distolse lo sguardo per lasciarli un po' di privacy e si voltò verso i Fori.

Godendosi il sole sulla pelle e la brezza che le accarezzava i capelli, si avvicinò alla ringhiera e vi appoggiò i gomiti. Si sentiva leggera e innamorata.

Alla fine nel baratro c'era caduta, ma inaspettatamente sul fondo aveva trovato la felicità.

Ripensò agli ultimi mesi con Jack e un sorriso le affiorò sulle labbra. Non erano stati facili, né canonici, ma erano stati insieme e giorno dopo giorno la vita era tornata alla normalità.

Le iridi marroni le caddero su due bambini che si rincorrevano tra le rovine e dopo su tre ragazze in posa per una foto ai piedi di una colonna. Stava pensando di chiedere a Jack di visitarle dopo, magari insieme a suo fratello che era impaziente di conoscere, quando la suoneria del suo cellulare le raggiunse le orecchie.

Leggendo il nome di Rebecca sullo schermo, il sorriso che aveva sulle labbra si allargò. Rispose: «Amica mia, che bello sentirti, come va a casa?».

Dall'altro lato della cornetta le giunse un singhiozzo e il suo cuore perse un battito mentre la paura le afferrò le viscere. No. Non di nuovo.

«Rebe? Cosa cavolo...»

Lasciò cadere la frase e parte della tensione, perché il pianto di Rebecca si era trasformato in risata carica di gioia.

«Si è svegliato, Mari. Papà si è svegliato.»


ANGOLINO DELL'AUTRICE

Ed eccomi qui, un anno e mezzo dopo la pubblicazione del primo capitolo di Doveva essere una stupida storia d'amore, a scrivere la parola fine. Marika, Jack e Rebecca mi hanno accompagnato in questo viaggio e, anche se in alcuni momenti li ho messi da parte, non mi sono mai dimenticata di loro.

Grazie Marika e Rebecca per avermi ricordato l'importanza dell'amicizia che a volte ci porta a fare cose folli; grazie Jack per non esserti arreso. So di essere stata dura con te nella storia - (colpo di tosse imbarazzato) necessità di trama - , ma spero che nel finale tu mi abbia perdonata.

Grazie al mio ragazzo che ha letto i capitoli in anteprima e ogni tanto mi ricordava che dovevo finire di scriverla.

Grazie mamma per aver letto il manoscritto in anteprima.

E grazie a tutti voi: a quelli che sono arrivati fino a qui, a quelli che hanno dato una possibilità alla storia e a tutti coloro che mi hanno dato dritte e consigli per migliorare. Le storie senza i lettori perderebbero la loro magia. Spero che Marika, Jack e Rebecca vi abbiano coinvolto con le loro vicende. Se avete voglia di darmi il vostro parere ne sarei contenta: critiche e consigli sono sempre ben accetti 🥰

Spero di ritrovarvi di nuovo nei prossimi viaggi tra le parole, nel frattempo se avete voglia di fare due chiacchere, leggere recensioni di libri e stralci di vita di un'autrice alle prime armi che ama i libri da più di un decennio, mi trovate su instagram e tiktok.

Alla prossima,

_anotherway

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Doveva essere una stupida storia d'amoreKde žijí příběhy. Začni objevovat