Capitolo 44

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Marika trattenne il fiato quando Jack bussò alla porta di legno. La tinta bianca che la ricopriva era scrostata in più punti e parte del colore si sfogliò sotto i colpi del ragazzo.

Era stato lui a lasciarle la mano arrivati di fronte all'uscio. Avevano salito due rampe di scale superando porte e pianerottoli tutti uguali, ingombri di vasi e giochi per bambini, accompagnati dallo sfarfallio di una lampadina difettosa.

Una voce femminile risuonò da dentro.

«Chi cazzo aspetta visite a quest'ora?»

Marika sussultò per l'irruenza del tono e lanciò un'occhiata a Jack, ma lui teneva lo sguardo fisso in avanti.

«Cazzo, ma', calmati! Dovrebbe essere Jack.»

«Jack? Quel Jack?»

La serratura scattò con un rumore metallico e una ragazza dai capelli fiammanti apparve dall'altro lato. Sorrise a Jack con le labbra piene tinte di nero e gli buttò le braccia ricoperte da una fitta rete di tatuaggi geometrici al collo.

«Ciao, mascalzone.»

Marika sbatté le palpebre allibita. Si era aspettata di tutto, ma quello andava oltre alla sua immaginazione.

Il ragazzo rispose impacciato all'abbraccio mentre la voce della donna tuonò di nuovo: «Che cazzo lo lasci sull'uscio, Vit? Fallo entrare!».

La ragazza tatuata fece un passo indietro e per la prima volta i suoi occhi blu si posarono su di lei. Un'espressione torva le curvò le labbra, ma Jack l'anticipò prima che ponesse la domanda.

«È con me, Vit, ordini dall'alto.»

A Marika ferì più il distacco nel tono di lui che lo sguardo dubbioso di lei.

«Non sapevo che le ragazze carine potessero fare anche i fattorini.»

«È minorenne ed è momentaneo.»

La ragazza fece un passo indietro per lasciarli passare. «Sì, come no» mormorò, ma Marika l'udì comunque.

Cercò le iridi di Jack in una muta richiesta di spiegazioni. Non era certa di aver compreso, ma lui si sottrasse al suo sguardo entrando nell'appartamento.

Uno stretto corridoio collegava l'ingresso con la cucina. Marika lo attraversò cercando di non pestare i vestiti e le scarpe sul pavimento. Dalle porte aperte, nella penombra intravide un piccolo bagno e due camere da letto. Il disordine era il medesimo in ogni stanza.

L'unica luce accesa era una lampadina che pendeva sopra il tavolo della cucina, illuminando con luce asettica i vecchi elettrodomestici. I piatti con gli avanzi della cena erano accatastati nell'acquaio.

Una donna corpulenta era seduta stravaccata su una sedia dall'aria traballante. Arricciò le labbra quando li vide.

«È già passato un mese, eh, stronzetto?»

Marika si bloccò sulla soglia imbarazzata. La donna indossava un reggiseno di pizzo sfilacciato che non lasciava niente all'immaginazione.

Jack parve non notarlo e si tolse il borsone dalle spalle. Vittoria, invece, si appoggiò al ripiano della cucina e incrociò le braccia al petto senza togliere gli occhi da Marika.

Lei abbassò lo sguardo e si concentrò sulle mani del ragazzo che armeggiavano con la zip della tasca più piccola della borsa.

«La scopata prima o dopo la consegna, Jack?»

La voce di Vittoria risuonò squillante e Marika si immobilizzò. Jack indugiò sulla cerniera.

«Stavolta passo, Vit.»

La ragazza sorrise senza allegria.

«Per lei?» Squadrò Marika da capo a piedi. «Può unirsi se vuole. Così inizia a fare esperienza.»

La donna proruppe in una fragorosa risata.

«Se devi vomitare, ragazzina, fallo fuori dalla mia cazzo di casa.»

Le guance di Marika avevano perso colore.

«No, Vit. Devo riportarla a casa.»

«E poi ritorna, no? Lo sai che se rimani qua mi danno la serata libera.»

Jack prese le bustine di plastica piene di polvere bianca e le mise sul tavolo.

«Dovrebbero essere già divise.»

Vittoria sbuffò.

«Jack?»

Lui si concentrò sulla donna che si era alzata per prendere una bilancina e l'espressione sul volto di lei si incupì. Si rivolse a Marika che aveva sempre lo sguardo abbassato.

«Quanti anni hai ragazzina?»

Marika trasalì e si ricosse. Le lanciò un'occhiata timorosa. «Diciassette.»

L'altra arricciò le labbra. «Quanto ai diciotto?»

«Quattro mesi.»

«Lo sai cosa succederà tra quattro mesi?»

«Vittoria!» Stavolta era stato Jack a richiamarla. La donna, invece, si stava godendo la scena con un sorrisetto ironico stampato in faccia mentre pesava la droga.

Lei continuò ignorando il richiamo. «Tra quattro mesi ti diranno che con quel visino sei sprecata e che guadagneresti molto di più a—»

«Va bene! La riporto e ritorno. Ma smettila.»

Vittoria sorrise soddisfatta. «Ci voleva tanto?»

Jack scosse la testa e si passò una mano sulla fronte.

«Sono tutti. Passami il mio cazzo di telefono, Vit. Chiamo Roky per confermare la consegna così Jack potrà riportare la ragazzina alla sua cazzo di casa prima che svenga sul pavimento.»

Jack si voltò di scatto e incontrò lo sguardo perso di Marika. Era rimasta immobile per tutto il tempo cercando di assimilare il significato dello scambio di battute e tenere a freno la nausea che le aveva stretto lo stomaco, ma di fronte all'espressione preoccupata di lui le fragili barriere che aveva eretto crollarono. Si strusciò una mano sugli occhi per ricacciare indietro le lacrime.

Come un déjà-vu fece un passo indietro. «Ti aspetto fuori.»

Non gli diede tempo di controbattere. Si girò e uscì.

Jack la osservò andare via con un peso sul petto. Non ce la faceva più a vederla così.

«Era proprio necessario, Vit?» La voce gli uscì atona.

«Cosa, Jack? Ferire i suoi sentimenti per evitare di farmi scopare da degli sconosciuti per una notte? Sì, ne è valsa la pena.»

Jack rimase in silenzio e aspettò che la donna effettuasse la chiamata. Quando l'uomo gli chiese se avrebbe passato la notte lì gli ripose di sì, ma come lei buttò giù si rimise il borsone sulle spalle e aggiunse: «Non tornerò, Vit. Goditi la serata libera».

«Sei innamorato, Jack? Non possiamo permettercelo. Lo sai anche tu che fine farà.»

Rabbrividì al pensiero. No. Quello non sarebbe successo.

«Buona notte, Vit.»

Doveva essere una stupida storia d'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora