Capitolo 51

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Marika seguì Sandro Menna fuori dallo studio. L'andatura concitata dell'uomo la costrinse a correre per non essere lasciata indietro e quando si affacciò dalla cima delle scale pregò che l'immagine che le si presentò davanti agli occhi non fosse reale: Matteo Bellanovi stava spingendo di lato Andrea Menna per spostarlo dalla porta e permettere a lui e Rebecca di entrare, mentre Edoardo Mattonai con una mano tra i capelli spostava l'attenzione tra i suoi due amici per capire in favore di chi intervenire. Rebecca inveiva contro di lui e Marika provò delle sensazioni contrastanti a vederla così: paura, perché quello che lei e Matteo volevano fare era folle, ma anche un pizzico di sollievo. Lei era l'amica che aveva avuto accanto per anni, la furia che tirava fuori gli artigli per combattere in caso di necessità, no il fantasma in cui si era trasformata nell'ultimo mese.

La chiamò: «Rebe!».

La ragazza spostò la testa verso di lei e la determinazione che le infiammava lo sguardo bruciò di più.

«Marika!»

Si buttò giù per le scale per raggiungerla, ma Sandro Menna le artigliò un braccio e la sbilanciò. Non cadde solo perché l'uomo la sorresse e la scosse. «Che cazzo hai combinato ragazzina?»

Marika tremò di fronte alle sue iridi adirate e mugolò per il dolore.

«Lasciala!»

Una terza voce si aggiunse a quelle sulla porta e sia lei che Sandro si voltarono. Jack, con il casco sottobraccio, approfittò della confusione che aveva generato il suo arrivo, e di Matteo e Andrea sempre avvinghiati, per entrare. Edoardo lo fissò con la confusione negli occhi, ma non lo fermò. Il suo volto era diventato ceruleo.

Anche Sandro sembrava scosso e Marika intuì il perché: lo sguardo di Jack era diverso. Le iridi verdi non erano stanche, ma decise. Anche la sua postura era più eretta. Non sembrava nemmeno lui.

«Lasciala andare» ripeté con fermezza arrivando alla fine delle scale.

«Che cazzo sta succedendo?» ripeté il più anziano fulminando tutti i ragazzi che gli avevano invaso casa.

Fu Jack a rispondergli. «Niente, se la lasci andare e farai finta che tutto questo non sia mai accaduto.»

Sandro Menna rise, ma nella risata non c'era traccia di divertimento. «Altrimenti cosa pensi di fare, Giacomo?»

Marika trasalì e con la coda dell'occhio vide che Edoardo era sconvolto quanto lei. Jack invece non cambiò espressione, le lanciò solo una breve occhiata che non comprese subito, le fu chiara solo dopo che lui parlò di nuovo. «Racconterò la verità.»

Sandro Menna sbuffò. «Quale?»

Non fu necessario che Jack rispondesse, l'espressione sul suo volto parlò per lui.

Andrea si fece avanti. Alla fine aveva lasciato perdere Matteo Bellanovi. Lui si era spostato davanti a Rebecca che osservava lo scambio di battute combattuta tra la perplessità e la paura. Le pareva che lei e Matteo fossero gli unici a non comprendere di cosa stessero parlando. Edoardo Mattonai era sempre più pallido.

«Quale verità, Jack?»

Il ragazzo si voltò verso Andrea e Marika non riuscì a vedere lo sguardo che si scambiarono, solo l'espressione sul volto del secondo diventare furente.

«Che l'incidente l'hai causato tu, Andrea. Che non guidavo io.»

Marika trattenne il fiato temendo che quella confessione scatenasse l'Inferno, ma nella sala calò il gelo. Non percepì gli effetti della bomba, solo i momenti subito dopo, quando una calma irreale permane il tutto negli attimi in cui la mente ha bisogno di rielaborare l'accaduto.

Fu Sandro Menna il primo a riprendersi. Le strinse il polso più forte e la fitta di dolore ridestò pure lei. Un sibilo le sfuggì dalle labbra.

«Il giudice stabilì che il colpevole fossi tu. Cos'è cambiato da allora, Jack? Pensi che la parola di uno spacciatore che vive per strada valga di più di quella del ragazzino ricco che eri? Non ti hanno creduto allora e non lo faranno adesso. Nemmeno la tua famiglia.»

Se Sandro Menna supponeva che il riferimento ai suoi genitori l'avrebbe fatto crollare, sbagliò. Jack accusò in silenzio e i suoi occhi si spostarono in quelli di Marika. Lei vi lesse tutto l'affetto che provava e sperò che anche i suoi rimandassero indietro lo stesso sentimento.

«Lasciala andare e la versione rimarrà quella finta che hai—»

La voce incerta di Edoardo sorprese tutti. «Allora è vero?»

Il ragazzo raccolse su di sé gli sguardi di ognuno, ma il suo era fermo in quello del suo migliore amico.

Sul momento Andrea rimasse immobile, poi i lineamenti del suo volto si piegarono in una smorfia sofferente come se qualcuno l'avesse colpito.

«Ti fidi più di lui che di me, Edo?»

Il ragazzo aprì la bocca e scosse piano la testa allargando le braccia. «Tutto questo per una bugia, Andrea?»

«Edoardo!» Sandro Menna lo richiamò duramente e Edoardo si girò verso di lui. Sembrava un fantasma: la pelle era pallida e tesa intorno agli occhi sgranati.

«Mi avevi giurato che guidava lui. Mi sono fidato, cazzo! Ma cosa ho fatto?»

Le iridi gli si velarono di disperazione e si portò le mani tra i capelli castani.

Marika rimase a osservare la scena incredula. Se mesi prima le avessero detto che avrebbe assistito al crollo dell'imperscrutabile Edoardo Mattonai non ci avrebbe mai creduto, ma stava accadendo proprio davanti a lei e questo la portò a una consapevolezza che la scosse ancora di più: lui era innocente. Nella distruzione della vita di Jack era stato un complice inconsapevole. L'unica colpa quella di essersi fidato del migliore amico. Marika si ritrovò a provare pena per lui e una rabbia crescente nei confronti di Andrea Menna e di suo padre.

Cercò Rebecca che era sempre accostata alla parete con Matteo. Pur non capendo erano sconvolti. Incrociò i suoi occhi e sperò che vi leggesse dentro quanto le voleva bene, che lei non l'avrebbe mai tradita a quella maniera. È vero, le aveva mentito, ma l'aveva fatto per lei, per il suo bene. Mai l'avrebbe fatto per un suo tornaconto.

Rebecca parve capirlo perché le restituì lo stesso sguardo, poi però il suo volto venne stravolto dal terrore. Il cambiamento repentino nella sua espressione la spaventò. Scattò la testa in dietro per capire cosa l'avesse provocato, ma la presa sul suo polso divenne una spinta.

Perse l'equilibrio.

Il soffitto ruotò impazzito e si sostituì al pavimento. Il vuoto l'avvolse. Urlò, ma la botta con il primo scalino le tolse il fiato e il dolore le inondò i nervi. Il mondo si tramutò in una centrifuga dolorosa e rumorosa – soffitto, gradini, dolore, urla – poi tutto divenne nero.


ANGOLINO AUTRICE

Buon giorno e buona domenica 🥰 Appaio solo per comunicarvi che siamo giunti alla fine. Il prossimo capitolo che pubblicherò in settimana sarà l'epilogo. Grazie ancora per essere arrivati fino a qui  ❤

Doveva essere una stupida storia d'amoreWhere stories live. Discover now