Capitolo 28

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Marika alzò la testa giusto in tempo per vedere un uomo grosso come un bufalo e con i baffi spessi fare un cenno verso di loro. Facendo appello a tutta la volontà che le rimaneva, lasciò andare il braccio di Jack e si fece superare. Per farsi forza si aggrappò alla cinghia del casco e nella mente ringraziò il ragazzo per averle detto di portalo con sé.

«Ragazzino, è sempre un piacere vederti. Hai quello che ho chiesto? I miei ragazzi hanno bisogno di una spinta» esordì l'uomo ad alta voce per sovrastare il frastuono e allargando le braccia per tirare una pacca sulle spalle strette del giovane. In confronto a lui, Jack sembrava uno stecco.

Il ragazzo barcollò sotto il colpo, ma la sua faccia non tradì nessuna emozione. «C'è tutto, Asso. Come sempre» gli rispose chinandosi per appoggiare a terra il borsone.

L'uomo rivolse la sua attenzione a Marika e le sue labbra piene si piegarono in un ghigno. Lei provò l'irrefrenabile voglia di scappare.

«Mi avevano detto che eri accompagnato, Jack. Ma non mi aspettavo una bambolina così.»

Marika rabbrividì, ma sostenne il suo sguardo. Abbassarlo non le sembrava la scelta giusta.

L'uomo proruppe in una mezza risata che gli mise in mostrai denti torti. «Hai la faccia pulita, bambolina. Come ci sei finita in questa merda di giri?»

Marika avrebbe tanto voluto che la terra sotto i suoi piedi si aprisse e la inghiottisse, ma le sue preghiere non vennero ascoltate. Deglutì e si schiarì la voce, anche se per qualche attimo temette di essersi dimenticata come si facesse a mettere insieme una frase. Le sembrava di avere un macigno al posto dello stomaco.

«Mi servono soldi» rispose di getto, non curandosi che fosse una bugia e che forse l'uomo che aveva davanti conosceva la verità.

Jack si rialzò con in mano delle bustine sigillate e venne in suo aiuto. «Il motivo è sempre il solito» aggiunse con voce atona, ma le parve che si muovesse un po' verso di lei, come a farle da scudo.

L'uomo incrociò le braccia al petto e spostò lo sguardo su tutto il suo corpo. «Interessante, bambolina.»

Marika si sforzò di non coprirsi con le braccia e di non ascoltare il suo istinto di sopravvivenza che le suggeriva di scappare a gambe levate. Quell'uomo la soppesava come si fa con la merce al mercato.

«Molto interessante» continuò lui. «Se ti stanchi di raccattare qualche spicciolo con questo stupido lavoro, fatti dare da Jack il mio numero. Potrei farti guadagnare un sacco di soldi con quel bel visino.»

Il tono allusivo e l'espressione lasciva sul suo volto per lei furono troppo. Le gambe presero a tremarle dalla paura e i suoi occhi si riempirono di lacrime. «Ti aspetto fuori» informò Jack, poi si voltò e corse via.

«Marika!» Jack provò a richiamarla, ma lei non si fermò. Stava per correrle dietro, ma una mano grande lo afferrò rudemente per il gomito. «Vuoi essere pagato, Jack? Ti conviene fare veloce, non è sicuro lasciarla andare a giro da sola in un posto così.»

Il ragazzo strattonò il braccio per liberarlo dalla morsa dell'altro. «Perché l'hai fatto? Non ci sei tu dietro a quei giri.»

Asso lo lasciò andare e prese un rotolo di banconote dalla tasca posteriore dei pantaloni. «Perché dall'alto mi hanno chiesto di testarla.»

Jack scosse la testa e indurì lo sguardo. Conosceva Asso da quasi due anni e non era la prima volta che gli rivolgeva quelle parole, ma stavolta non erano dirette a lui. «Perché vuole distruggerla? È una ragazza come tante, non ha fatto niente per meritare tutto questo.»

L'uomo rimase in silenzio per alcuni attimi, poi parlò con voce dura. «Bazzichi in questo ambiente da un po', Jack. Ormai dovresti aver capito che a pagare non è mai chi se lo merita.»

La folla esplose in un boato più forte dei precedenti ed entrambi si voltarono verso il ring. Uno dei due lottatori aveva alzato un pugno insanguinato al cielo, mentre l'altro giaceva a terra. Immobile.

Jack sentì lo stomaco contrarsi in una morsa dolorosa, quella scena gli dava la nausea. Prese i soldi dalla mano dell'uomo e li ripose nel borsone. Avrebbe voluto dire tante cose, ma si morse la lingua e rimase in silenzio. Non era nella posizione giusta per poter esporre il suo punto di vista, rischiava solo di peggiorare le cose.

Asso smise di applaudire quando Jack si rimise il borsone sulle spalle e gli lanciò un'ultima occhiata penetrante. «Non farti coinvolgere, Jack. Ti porterà solo guai.»

Stanco di tutto, scosse la testa e andò via senza rispondergli, a testa bassa. Quelle parole lo avevano colpito più di quanto avrebbe voluto.

Quando l'aria fredda della notte gli colpì il volto tirò un sospiro di sollievo e subito si mosse verso il motorino.

Marika era rannicchiata accanto alla gomma anteriore, con le braccia allacciate intorno alle ginocchia. Stava singhiozzando piano lasciando che le lacrime le bagnassero la stoffa dei jeans. Vide Jack avvicinarsi, ma non si mosse finché il ragazzo non accucciò davanti a lei.

«Mi dispiace» le disse lui con un filo di voce e il tono sommesso lasciava intuire che era sincero.

Marika tirò su con il naso e scosse la testa. «Non è colpa tua. Mi porti a casa, per favore?»

Lui avrebbe tanto voluto passarle le braccia intorno alle spalle e stringerla a sé, ma rimase immobile. Il suo cuore sanguinava alla vista delle lacrime che le solcavano le guance, ma temeva che abbracciandola l'avrebbe sporcata con il marcio che si sentiva nel petto. Asso aveva ragione, non doveva lasciarsi coinvolgere, ma la sua coscienza non si astené da fargli notare che era già coinvolto fino al collo. Anche Rebecca l'aveva vista piangere, ma il suo corpo non aveva reagito così.

Si rimise dritto, poi allungò una mano per aiutare Marika a fare lo stesso. «Sì, ce ne andiamo.»

Doveva essere una stupida storia d'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora