Capitolo 23

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Jack svoltò nella via buia e rallentò fino a fermarsi davanti a una macchina con i vetri oscurati accostata al marciapiede. L'umidità risaliva dall'asfalto impregnando l'aria e si mischiava al tanfo provocato dall'immondizia abbandonata sui bordi della strada.

Il finestrino si aprì piano. Un uomo con lo sguardo nascosto dietro a degli occhiali da sole scuri e radi capelli biondi tese una mano verso di lui. Jack, in silenzio, si chinò sul borsone, prese i soldi e glieli porse. L'uomo li afferrò con un gesto secco e li contò a voce alta. «... novemila. Bravo ragazzo, come pattuito. Hai avuto problemi?»

Jack scosse la testa e l'uomo annuì, poi, da quel gruzzolo, tirò fuori una banconota da cento euro. «Fatteli bastare! Fino a che non saltano fuori i pezzi di merda che hanno venduto l'ultima dose a quella stupida che c'ha tirato le cuoia è meglio stare lontano dalle strade, gli sbirri le battano a tappeto. Ti contattiamo noi se ci servi come fattorino. Chiaro?»

Jack prese i soldi e li mise nella tasca interna della felpa con un'espressione scura in volto. Sperava di ricavarne qualcosa in più, ma lo tenne per sé. Non si sarebbe mai azzardato a discutere con lui, o l'altro che sedeva al suo fianco. Anche se il buio dell'abitacolo gli impediva di vederlo, sapeva che era lì. Si muovevano sempre in coppia.

«Chiarissimo. Aspetto vostre notizie e mi tengo fuori dai guai.»

L'uomo con gli occhiali da sole annuì e Jack si domandò come facesse a vederlo. Lui riusciva a distinguere i lineamenti dell'altro solo grazie alla fioca luce del faro del suo motorino.

Le prime volte, quella situazione l'aveva spaventato; lo stomaco gli si contorceva sempre quando il finestrino di quella macchina si abbassava, ma adesso, dopo un anno, aveva iniziato a farci l'abitudine.

«Avverti anche la ragazza. Se qualcuno le scrive dille di non rispondere, ma che si tenga pronta nel caso di consegne. Il capo è convinto che viaggiando in due date meno nell'occhio. Stasera si è comportata bene?»

A Jack tornò in mente il modo in cui l'aveva stretto quando aveva avuto paura e il calore che gli aveva scosso il petto di rimando. Quella ragazza riusciva a risvegliare in lui sensazioni che non provava da tempo, come la prima volta che l'aveva vista a casa di Andrea Menna. Accorgersi che era lei e non Rebecca era stato un colpo.

«Sì, è stata brava.» E lo pensava davvero. A differenza dell'amica, che aveva passato le prime sere a tremare e piangere quando pensava che non la guardasse, Marika era stata impeccabile. Anche se terrorizzata, l'aveva seguito e non aveva fatto domande. Non si era tirata indietro, si era fidata di lui. E non era facile reagire così per una persona che non aveva mai fatto parte di quel mondo.

«Il capo ne sarà felice» constatò l'uomo con un ghigno, poi la sua voce si fece più autoritaria. «Ora smamma. Abbiamo finito per stasera.»

Jack non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver fatto un breve gesto di saluto con il capo, diede gas e ripartì.

Jack non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver fatto un breve gesto di saluto con il capo, diede gas e ripartì

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Jack ringraziò l'impiegato, prese il resto, il sacchetto del drive in del fast food e rimontò sul motorino. Erano quasi le due di notte di un martedì di fine aprile e le strade erano deserte. Guidò fino alla cancellata di un parchetto e vi si fermò davanti. Il quartiere residenziale stava dormendo e in giro non c'era nessuno.

Si mise il borsone a tracolla, si assicurò di essere solo e scavalcò la ringhiera. Il parco era avvolto nel buio, ma camminò a passo sicuro verso l'area giochi.

Facendosi luce con la torcia del telefono, salì gli scalini che portavano in cima al pianerottolo dello scivolo, si sedette sulle assi di legno e sistemò il borsone accanto a sé. Quella notte le temperature non erano troppo rigide, ma non si poteva dire lo stesso dell'umidità. Il pianerottolo tappato su due lati e da un tetto spiovente forniva un minimo di riparo al suo corpo stanco.

Sbloccò il telefono per controllare la carica e un sospiro di sconforto gli sfuggì dalle labbra quando si accorse che era solo al trentotto percento. Lo spense veloce, prese il sacchetto che aveva comprato al drive in e finalmente cenò.

Anche se si sentiva lo stomaco chiuso, si sforzò di mangiare tutto quello che aveva comprato, poi tirò fuori dal borsone una giacca più pesa e se la mise addosso come coperta.

Non sapendo quando avrebbe lavorato di nuovo, per quella notte aveva deciso di rinunciare alla comodità di un letto sotto la schiena e di arrangiarsi. I cento euro guadagnati quella sera non sarebbero bastati per molto.

Si tirò il cappuccio della felpa sopra la testa e l'odore della ragazza che aveva passato la serata con lui gli invase le narici. Era rimasto il suo profumo sulla stoffa.

Lo inspirò a pieni polmoni e la sua mente fu invasa da ricordi che aveva provato a seppellire per mesi. Scosse la testa, avvicinò le gambe al petto e appoggiò la nuca contro le assi di legno della balaustra, ripensando alla serata.

Aveva sbagliato ad accettare che Marika prendesse il posto dell'amica. Se i suoi superiori l'avessero scoperto, avrebbero passato entrambi dei guai seri. Ancora non riusciva a capire come avessero fatto quelle due a finire in quel giro e la cosa lo preoccupava.

Provando a non pensarci, chiuse gli occhi e spostò le spalle, cercando una posizione più comoda. Anche volendo, non avrebbe potuto fare niente per loro. Ce la faceva a malapena a non lasciarsi travolgere dal disastro totale che era la sua vita.

Pur non volendo, le guance si colorarono di rosa al ricordo di come Maika si era affidata a lui quella sera. Era la prima volta, dopo anni, che non si era sentito completamente solo.

Doveva essere una stupida storia d'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora