00. Tightrope

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Le mie dita sfiorarono i tasti come se bruciassero e ne tracciarono i contorni lentamente, indugiando sulle lettere sbiadite che li distinguevano l'uno dall'altro.

La luce emanata dallo schermo si irradiava nella stanza buia, infrangendosi contro la retina sensibile dei miei occhi fino a farli bruciare.

Il cuore batteva come impazzito nel mio petto, sembrava poter fracassare improvvisamente la mia gabbia toracica per saltar fuori.

Sapevo cosa fare. Non sapevo se fosse la cosa giusta, però.

La mia scelta avrebbe cambiato la mia vita, la sua, quella di milioni di persone. Ed era tutto racchiuso in un tasto, nel dannatissimo tasto 'invio' di quel computer.

I rumori al di là della porta iniziarono a farsi più vicini: dei passi, delle urla, uno sparo.

«Ragazzina»

Il mio cuore perse un battito, il respiro mi si spezzò in gola, le mie vie aeree si occlusero come se si fossero annodate su loro stesse.

Mi stava cercando.

Dei tonfi si susseguirono l'uno con l'altro: dei passi. Sempre più veloci, sempre più vicini.

Il mio sguardo tornò sulle mie dita ferme sulla tastiera, tremanti come fuscelli al vento ed incapaci di muoversi nonostante gli impulsi del mio cervello.

Dovevo farlo, era la cosa giusta.

Il pavimento scricchiolò, il suono di un respiro si diffuse al di là della superficie in legno.

Sollevai lo sguardo: la maniglia si abbassò lentamente prima che la porta iniziasse ad aprirsi con un lieve cigolio.

Deglutii.
Ora o mai più.

Sollevai la mano, la avvicinai a quel tasto come al rallentatore. Il mio dito medio sfiorò le minuscole lettere che componevano la parola 'invio'.

Poi, lo schiacciai.

La porta fu spalancata nel momento esatto in cui le immagini iniziarono a cambiare sullo schermo.

«Che cosa hai fatto?!» urlò camminando a grosse falcate verso di me.

Osservai in silenzio l'icona del caricamento che si completava lentamente.

Non si torna più indietro.

Giunse dietro di me accanto alla scrivania e fissò lo schermo del computer schiudendo le labbra per lo stupore.

«Evie, che cosa hai fatto?» ripeté più lentamente, con gli occhi spalancati e un'espressione incredula in volto.

Sospirai profondamente stringendo le labbra in una linea sottile.

«Ho fatto la cosa giusta»

«Ho fatto la cosa giusta»

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