Sheol

By Little57

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Tra le macerie di un posto che cadeva a pezzi non ci eravamo resi conto che quelli piรน distrutti eravamo noi... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
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Capitolo 36
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Capitolo 49
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Capitolo 79
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Capitolo 81
Capitolo 82
Capitolo 83
Capitolo 84
Capitolo 85
Capitolo 86
Capitolo 87
Capitolo 88
Capitolo 89
Capitolo 90
Sequel ed altre storie
Nuova Storia: Madera

Capitolo 65

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By Little57

POV di Harry. 

Tre giorni. Tre giorni senza venderla né parlarle.

L'ultima volta in cui l'ho vista è stata all'ultima lezione di inglese. La Judith ha voluto fermarla per parlare di Dio sa cosa. Ho cercato di immaginare cosa potesse volerle dire ma il compito si è rivelato arduo. Forse dei voti, ma Skylar ha voti eccellenti, forse del comportamento, se solo avesse qualcosa per cui rimproverarla.. Avrei potuto chiederlo a lei, mettendo fine a questa stupida reclusione interiore, ma il mio orgoglio è troppo alto e duro da abbattere. Avrei potuto chiedere a Sean, o agli altri, ma a quale scopo? Non è che una ragazza qualunque, non merita più attenzione di quanta non ne meriti chiunque altra. 

Finisco l'ultimo goccio di birra ancora nel mio bicchiere. Non potrei essere più scontento di così. Non c'è nulla che non vada per il verso giusto eppure non c'è nulla di cui io possa godere. Perché quella dannata domanda? Cosa si aspettava? Forse quello che chiunque vorrebbe sentirsi dire dopo le cose che io e lei abbiamo condiviso. Non voglio ammettere a me stesso che starle vicino mi costa parecchia fatica: vorrei che fosse semplice come con chiunque altra dannata ragazza io abbia incontrato nel corso della mia vita. Ha pensato di potermi cambiare, e forse io ho sperato che ci riuscisse. Ma perché abbandonare questo Harry? Finora non mi ha mai deluso. Ho i miei amici, riesco a tenerli al sicuro, sono riuscito a tenere al sicuro perfino me stesso, da qualsiasi cosa. Odio che lei non possa semplicemente accettare ciò che le concedo e voglia scavare sempre più a fondo. 

La mia testa ha viaggiato parecchio negli ultimi giorni, ma lei è sempre rimasta un punto fermo al centro di ogni discussione con me stesso. Non l'ho più vista, nemmeno di sfuggita. Per un certo verso questo ha reso il compito di ignorarla più semplice ma per un altro non ha fatto che accrescere il desiderio di vederla e di sapere di lei. Avrei potuto parlarle in qualsiasi momento, provato a far funzionare le cose, con baci, carezze ma non sarebbe stato lo stesso: ha messo in mezzo la fatidica domanda 'che cosa siamo io e lei?'. Non ignorerà il fatto che non voglio rispondere, e nemmeno io posso farlo. Posso starmene qui seduto a riflettere, consumarmi il cervello fino a morire di emicrania, ma non credo che sarò mai disposto ad aprirmi totalmente a qualcuno. Non a lei, poi. E' così diversa, così distante, non ha idea di quello che vuole. Starmi vicino è l'ebrezza di rompere quel ciclo di regole che le è sempre stato imposto. Sapere che io non sono ciò che dovrebbe volere la porta così vicina a me, sempre ed inevitabilmente. E queste sono ragioni labili. Ma io perché continuo a desiderarla? 

Vorrei che uscisse dal buco nel quale si è rintanata e mi affrontasse a viso aperto. Il fatto che non lo abbia fatto, che abbia chiuso la conversazione quella sera al lago mi mette una certa paura: forse ho tirato troppo la corda. So di esercitare un certo tipo di fascino su di lei, se ne fosse improvvisamente immune, se fosse capace di andare avanti con la propria vita, non lo sopporterei. Non voglio essere lasciato indietro in questa fottuta landa desolata. Certo questo auto-isolamento dovrà finire prima o poi: domandi partiremo assieme ad Arthur per lo Yorkshire, come tutti gli anni. 

"Harry, amico, che faccia da funerale!" Sean mi batte una mano sulla spalla prendendo posto accanto a me. Si guarda attorno: Lucilla ha una casa modesta ma ben tenuta. Si è offerta di dare una festa, come se fosse un ballo di chiusura, cosa che la scuola non può certo permettersi. Non la troverei un'idea terribile se fossi di un umore migliore. Se Skylar fosse qui, con una di quelle sue mise sgargianti e totalmente inaspettate.

"E tu? Come mai così felice?" chiedo osservandolo di lato.

"Come perché? Perché tra poco è Natale! Andremo nello Yorkshire! Stacchiamo da tutta questa merda Harry. Vuoi dire che non ti emoziona l'idea di lasciarti questo schifo alle spalle per un po'?" afferra un bicchiere e vi versa dentro del denso, e scadente, whisky. Distolgo gli occhi, noto Jayden: tiene Ginger sulle spalle mentre le fa fare il giro della casa. Entrambi ubriachi, ovviamente. Di solito lei e Gwen riescono a convincerla a partecipare a qualsiasi festa, non capisco cosa ci sia di diverso questa volta. Aggrotto le sopracciglia, quindi volgo il mio sguardo a Sean.

"Dov'è Adkins?" domando. La sua reazione è totalmente inaspettata: si raggela sul posto, come se gli avessi gettato addosso un secchio di acqua ghiacciata. Beve dal proprio bicchiere, il volto prosciugato di ogni colore. "Quindi?" continuo sollevando un sopracciglio.

"Cosa?" sorride evasivo. Si guarda attorno alla ricerca di qualcosa che possa schiodarlo da questo divano, che possa schiodarlo dalle mie domande scomode. Non capisco perché gli è così difficile rispondere.

"Mi prendi in giro?" borbotto, sempre meno voglioso di scherzare "Dov'è Skylar?" ripropongo. 

"Ehm- si gratta la nuca -sono un poco ubriaco ora. Potrei vomitare. Ne parliamo domani?" ridacchia facendo per alzarsi dal divano. Sa che non basteranno un paio di bugie dette male a liquidarmi. "Non credo sia il luogo, né il momento.." cerca di spiegarmi, sempre più nervoso, sempre meno ubriaco. 

Riduco gli occhi a due fessure, realizzando che è un fatto strano non averla nemmeno incrociata per tre giorni di fila, visto che viviamo letteralmente a cinque metri di distanza l'uno dall'altra, e considerato che abbiamo lo stesso gruppo di amici. Mi sistemo meglio sul divano, lo guardo dritto negli occhi per un altro po', fin quando non scovo della viscida compassione negli occhi di Sean. Perché provare della pena nei miei confronti? D'istinto mi alzo dal divano dirigendomi in fretta verso l'uscita. 

"Harry! Harry!" Sean cerca di fermarmi ma fa fatica perfino a starmi dietro: "Harry, dannazione!" sono già fuori, pronto a raggiungere la moto, intanto infilo la giacca. "Dove stai andando?" domanda esasperato. 

"Da lei." rispondo con voce ovvia mentre mi volto per guardarlo, fermo a pochissimi metri da me, il fiato corto, si tiene una mano sul cuore.. credevo fosse più in forma.

"Devo parlarti." conviene, vivendola come una vera e propria sconfitta. Sembra anche abbastanza scocciato dal fatto di non potersi godere la serata. Io non gli sto certo chiedendo di stare qui fuori assieme a me, ed il fatto che lo stia facendo comunque mi preoccupa. 

"Torna dentro. Parleremo domani. Devo assolutamente vederla e dirle in faccia quanto è vigliacca a non farsi vedere per giorni." ribatto sicuro afferrando il casco. 

"Harry.." Sean scuote la testa confusa, porta una mano alla fronte e mette da parte il bicchiere. Continuo a guardarlo, non lo capisco. Non credo di averlo mai visto così ubriaco. 

"Devo anche dirle un paio di paroline carine. Non capisco proprio cosa si aspetti dal sottoscritto."

"Harry.."

"E poi, che genere di maturità è quella che le fa nascondere la testa sotto la sabbia per giorni dopo qualsiasi litigio ci sia tra di noi?" domando al vuoto.

"Harry.."

"Che c'è?!" urlo quando ormai sto per salire sulla moto.

"Non la troverai a casa." sussurra abbassando gli occhi ed arrossendo leggermente. Corrugo la fronte scuotendo leggermente la testa. 

"E dove dovrei trovarla se no?" domando spalancano le braccia a dimostrazione della mia confusione. "Lei è sempre a casa." 

"Non questa volta." ripete con più sicurezza, facendo qualche passo verso di me.

"Allo Sheol, allora." ma la mia esce più come una domanda che come un'affermazione sicura. Una mezza idea di quello che sta succedendo inizia a farsi largo all'interno della mia mente, ma la scaccio immediatamente. Mi incammino verso di lui con fare minaccioso. Serro i pugni lungo i fianchi per evitare che afferrino o colpiscano qualcuno o qualcosa. Sean scuote la testa, incrementando la mia voglia di picchiarlo.

"Che stai dicendo?" ringhio tra i denti. "Sean!" urlo spingendolo per le spalle. Le persone nel cortile cominciano ad accalcarsi assistere a quello che accade.

"Non fare l'idiota davanti a tutti." sussurra tra i denti spingendomi indietro, incombe su di me in un attimo "Com'è che solo ora ti importa di lei? Hai finito con Lucilla per stasera? La credi più stupida di quanto non sia. Skylar sa quello che merita, sa come merita di essere trattata, e questo- mi guarda -non è certo quello che vuole. Anche se fosse a casa, accogliamo l'ipotesi, cosa le diresti? Cercheresti di portartela a letto perché è l'unico modo che conosci di approcciarti ad una donna. Ma lei non te lo permette, ecco perché è così difficile. Più considerazione, Harry." sussurra "E, sopratutto, prima che sia troppo tardi." il fatto di essere ubriaco lo rende furibondo verso di me, eppure non riesco a capire per quale ragione. 

"Parla!" gli intimo, quindi lancio un'occhiata omicida alle persone attorno a noi: "E voi andate tutti a fanculo da un'altra parte!" questo basta a garantirci la dovuta privacy. 

"Sei un idiota, Harry."

"Sean, dimmi un'altra sola parola che non sia rispondere a quello che ti chiedo e sarà la scusa giusta per spaccarti la faccia." lo minaccio al limite di sopportazione. 

Si prende un attimo per riconsiderare il proprio approccio: "Ha parlato con la Judith." sospira sconfitto. "I professori hanno chiamato i suoi. Li hanno convinti a farla tornare a Londra." il cuore mi sale in gola, è come se la gravità risucchiasse il sangue dalle vene, come se qualcuno tirasse via il tappeto sotto i miei piedi. Faccio un passo indietro, il volto pietrificato "Hanno considerato gli ottimi risultati che ha riportato a scuola, ed hanno tutti convenuto che si meritasse di studiare in ambienti più stimolanti. In più le voci che girano su di lei a scuola non hanno fatto che incentivarli ad allontanarla, per il suo bene, è chiaro." si stringe nelle spalle "Non posso nemmeno dire che non abbiano ragione, accidenti." sbuffa. 

Non riesco a collegare i pensieri, né tanto meno ad articolare delle parole. Il caldo mi invade ed è una delle sensazioni più sgradevoli che io possa provare: questo viscido calore, quest'afa interiore non mi piace, mi soffoca. Sapere che è così lontana mi soffoca. Il sangue pulsa contro le mie orecchie come se volesse perforarmi i timpani.

"Tuttavia Sky era furibonda. Hanno deciso tutto senza chiederle nulla." riporto gli occhi su di lui, so che si accorge di come fatico a riempire i polmoni d'aria, ecco perché il suo sguardo si addolcisce, ed il suo tono di voce anche "La Judith ha cercato di farla ragionare. Ha detto che sarebbe andata, per accontentare tutti quanti, ma solo per convincere tutti che è qui che vuole stare. Mi ha promesso di tornare dopo le vacanze di Natale." gli do le spalle. Le sue parole dicono una cosa, ma il suo tono ne intende una diametralmente opposta. "Io credo che al momento non sappia bene quello che sta facendo. Non ha capito qual è il suo posto, o se ne ha uno." vorrei potergli dire che il suo posto è qui, con noi, con me. "Ha detto che sarebbe andata dai nonni, non sopporta l'idea di dover fare rientro dai suoi genitori, ma sa che prima o poi li dovrà affrontare." calcia un sassolino, infilando le mani nelle tasche dei jeans "Lei non vorrebbe andarsene di qui, ma non credo che le permetteranno di tornare." 

Scuoto lentamente la testa. Se n'è andata quindi. Le parole di Sean risuonano glaciali nella mia mente. Avrebbe potuto scegliere di non raggiungere i nonni a Londra, ma l'ha fatto, perché non sa se qui c'è un posto per lei. E' normale, è chiaro, che l'ultima discussione che abbiamo avuto non ha fatto che facilitarle il compito. Serro gli occhi deluso da me stesso, dalle mie parole, più che mai prima d'ora. 

"Gli altri lo sanno?" chiedo in un sussurro, ancora a dargli le spalle. 

Passano alcuni istanti prima che risponda: "Ha salutato tutti quanti la sera stessa in cui è venuta a sapere che doveva far ritorno a Londra." la sua voce va mano mano affievolendosi. So che sa cosa sto pensando: non tutti. Non ci ha salutati tutti quanti. E' un gesto crudele andarsene in questo modo. Davvero tutto quello che abbiamo avuto è valso a così poco? "Harry- riprende Sean -eri nello Sheol, furibondo, non vi parlavate da giorni. Non.." non voleva vedermi in quelle condizioni, lo so, non l'avrei voluto nemmeno io. Serro forte le mani attorno al casco, vorrei poter urlare, distruggere qualsiasi cosa si muova davanti a me in un gesto di follia estrema. 
"Se fosse venuta da te.." riprende la voce di Sean "Tu non l'avresti lasciata andare." 

"No dannazione! Non l'avrei fatto!" urlo con impeto, voltandomi verso di lui. "E tu me lo dici così, proprio tu!" urlo gettando da parte il casco. 

"Ma che diavolo sta succedendo?" Jayden spunta fuori, assieme a Gwen e Ginger. Mi guardano e capiscono che so. Vedo il senso di colpa tingere i loro volti, ma questo non mi soddisfa nemmeno lontanamente quanto dovrebbe. 

"A che scopo farla restare?" interviene Gwen "Per questo?" indica il contesto, indica me "Per venire a questa maledettissima festa, vederti con un'altra, piangere e poi baciarti sotto il vischio?" incrocia le braccia al petto, sapendo benissimo di avere ragione. Non c'è nessuno da incolpare per la sua partenza se non il sottoscritto.

Ma perché nessuno di loro si accorge che sto soffocando? Ho bisogno di lei, questo è tutto. Non posso stare qui a spiegare a queste persone perché le cose vanno male, perché io non riesco ad aprirmi. Non posso nemmeno spiegare loro che forse Skylar era riuscita a fendere questo scudo senza che me ne rendessi conto e che si è portata via troppo andandosene. Lancio un'ultima occhiata a tutti loro, quindi raggiunto la moto. 

Sfreccio in mezzo all'aria gelida della notte senza badare a nulla che non sia questo opprimente senso di vuoto in mezzo al petto. A che scopo essere ciò che sono se non riesco nemmeno ad aggrapparmi a ciò che mi procura gioia? Sono forse irrecuperabilmente perso nel buio e nel male? Una serie di brividi percorre ogni centimetro della mia pelle. Non riesco a pensare ad altro se non a questo dolore. Danza nella mia testa sulle punte dei suoi piedi, toccando ogni nervo scoperto, demolendo ogni convinzione. Mi prende le mani e mi trascina lontano, nel suo mondo rosso ed infuocato per me deleterio. Poi è sdraiata nel mio letto, tra le lenzuola bianche nasconde il volto, torna tra le mie braccia e si tuffa in quel lago di disperazione, quello che ci ha portati l'uno dall'altra. Le mie dita tengono le sue, ma è una presa labile, fragile e tutto ciò che davvero mi resta da accarezzare è un'ombra ambrata. 

Avrei dovuto parlare, gettarmi, serrare la corda con entrambe le mani e tenerla stretta invece che continuare a limarla giorno dopo giorno. E' una rottura da cui non riuscirei a risanare me stesso? Non posso semplicemente lasciarla andare. Non tornerà, lei non farà ritorno in questo posto. Non è molto quello che si è lasciata alle spalle. Anzi, è nulla quello che si è lasciata alle spalle. Ed ora? Non posso lasciare che l'ultimo ricordo che abbiamo l'uno dell'altra sia quella maledetta sera. Se davvero la devo perdere, questa volta per davvero, che almeno sappia che non era un gioco, che mai lo è stato. 

Fermo la moto davanti all'unico posto in cui so che potrei ritrovare una parte di lei. Raggiunto la porta della libreria di Arthur e non mi faccio scrupoli a battere con fermezza ed insistenza, nonostante l'ora tarda. Le luci sono spente, non riesco a scorgere assolutamente nulla, ma questo non mi fa demordere. Ho bisogno di questo posto. Noto alcune luci essere accese e poi Arthur arrancare alla porta. Il suo sguardo è incredibilmente confuso, accorre credendola un'urgenza: per me lo è. 

Entro immediatamente, senza aspettare inviti e senza sentire le sue parole. I tizzoni ardono ancora nel camino, l'odore dei libri e della polvere è sempre lo stesso. Ripercorro con gli occhi ogni angolo di questo luogo, ogni parola ed ogni evento. Non credevo potesse demolirmi fino a questo punto, non credevo di poter essere deluso ulteriormente dalla vita. 
"Se n'è andata." sussurro appoggiandomi al cornicione del camino. "Le ho fatto troppo male, delusa troppe volte.. non credevo che se ne sarebbe andata per davvero." il vecchio lega la vestaglia e si lascia andare sulla solita poltrona. E' perplesso, e come sempre quando è perplesso accende la sua pipa. 

"Perché la cosa ti sorprende tanto?" domanda. E' chiaro che sa. Skylar deve essere passata di qui. Non avrebbe potuto allontanarsi senza prima un'ultima occhiata a questi scaffali, senza un ultimo sorriso ad Arthur. "Sei ragazzo colmo di giudizio, dopotutto." 

"Io non sono nulla contro Londra. Non ho speranza contro quello che lei ritroverà lì." borbotto, deciso a non osservarlo negli occhi. 

"Non mi è mai parsa molto felice della sua vita precedente." parla aspirando del fumo. "Ragazzo mio.." sussurra, è un invito affinché io lo guardi negli occhi. "Sono felice che tu abbia paura." 

Sbuffo corrugando la fronte: "Per la prima volta in vita mia, non so cosa devo fare." ammetto.

"Sky non è andata a Londra per non fare più ritorno." interviene la voce di Arthur "E' andata lì per due ragioni: per mettere in chiaro la propria volontà e per prendere una pausa. Da te, Harry. Non da questo posto. Da te." distolgo di nuovo lo sguardo "Tuttavia- riprende fumando con tranquillità la propria pipa -non durerà molto." sbuffo una risata "Alcune cose non si dicono Harry. Non conto le volte in cui vi siete guardati, incontrati, ignorati.. proprio qui, davanti ai miei vecchi occhi. E quante volte ho fatto il tuo nome credendo di aver fatto il suo, per il modo in cui gli occhi scattavano verso di me ogni volta che ti nominavo in una conversazione." sorride di lato. "O vogliamo parlare delle volte in cui entri di soppiatto qui dentro, di metti in uno di quei tavolini solo per poterla guardare lavorare? Io posso fare finta che tutto questo non succeda- sussurra -ma voi due no. Certe cose hanno solo bisogno di essere."

"Non credo che verrò con voi nello Yorkshire." sospiro dopo un lungo, lunghissimo silenzio.

"Tu sai qual è la cosa giusta da fare." sorride sollevando le sopracciglia bianche. Scuoto lentamente la testa, prendendo posto sullo sgabello del pianoforte. 

"Non rivolgerò più la parola ai ragazzi."

"Come mai?" corruga la fronte.

"Perché non mi hanno detto nulla di tutto questo."

"Oh, ma non sono forse colpevole quanto loro?" si acciglia.

"Tu sei tu. Sei Arthur. Nessuno di noi ha il diritto di tenerti il muso." gli sorrido. 

"L'unico davanti al quale poni in dubbio il tuo dominio." ridacchia. "Buonanotte Harry caro. Cerca un po' di pace e riposo." 

Salgo di nuovo sulla mia moto. Parlarne con Arthur, sfogarmi con lui, sentire quello che aveva da dire ha raffreddato solo in parte quello che ho dentro. Cosa dovrei fare? Lasciarle i propri spazi? E' una cosa logica da fare ma forse non quella giusta. Potrebbe gestire la situazione magnificamente, ma deve sapere tutto, deve sapere che non sono l'uomo di quella sera al lago. C'è qualcosa per cui sperare, qualcosa per cui restare. Se fossi stato una persona diversa me ne avrebbe parlato, di questo forzato ritorno a casa. Nonostante il litigio. Ma non l'ho mai fatta sentire così al sicuro, così a suo agio. Ha preferito andarsene senza parole e senza sguardi e la dice lunga su quanto poco abbiamo funzionato finora.

Quando giungo a casa corro in camera, chiudendo la porta a chiave. Dovrei parlare con gli altri: se c'è una cosa che tutto questo mi insegna è a non lasciare che le persone cerchino di scervellarsi per comprendere quello che penso. Ed io non dovrei saltare a conclusioni o pretendere che quello che va bene a me vada bene a tutti gli altri. Non hanno fatto che comportarsi da amici con lei. Cosa che io non sarei mai riuscito a fare. Vorrei poter riuscire a contattarla, ma come fare? 

Sto misurando la stanza a passi ampi e nervosi quando noto una busta bianca scivolare sotto la porta. Resto interdetto: "L'avresti dovuta avere solo quando avessi saputo." mi informa la voce dolce di Ginger. "Non avrei voluto nascondertelo- sussurra poi appoggiata alla porta -è solo che.. E' tutto così complicato. Se te lo avessimo detto sarebbe rimasta, ma non sarebbe stata la cosa giusta da fare. So che lo capisci. Tu avresti fatto lo stesso per qualsiasi di noi, Harry." si, è così, lo avrei fatto. Quando sento i suoi passi allontanarsi dalla porta affetto la busta.

Quando lo apro riconosco subito la sua scrittura:
Questo è un buon momento per dare una risposta diversa.. -S

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