"Skylar!" alzo la testa dal libro che tengo aperto sulle gambe mentre mangiamo. Mi guardo attorno leggermente spesata, siccome non comprendo chi sia stato a chiamarmi. Da quando ho avuto quel crollo emotivo, perché non so definirlo in altro modo, a causa di Harry mi sono chiusa in me stessa. Tutti si sono accorti che c'è qualcosa che non va, sopratutto se nei paraggi c'è anche lui, ma nessuno ne fa parola per evitare di rendere la situazione più imbarazzante di quanto già non sia. Ecco perché, sebbene io mi trovi in mensa, nell'unica pausa a disposizione, mi estranio da gruppo per dedicarmi alla lettura del libro su Custodi e Protetti. In realtà lo faccio solo quando Harry mangia con noi.
Ho scoperto molte cose interessanti su questo libro: per esempio che il Custode fa un giuramento di sangue, che il patto può essere sciolto solo dalla morte. Non riesco ancora a comprendere bene il legame emotivo e nemmeno quello fisico, visto che, a quanto pare, ce n'è uno. ho chiesto a Sean alcune cose ma sembra sempre in difficoltà e quindi cerco di non disturbarlo troppo.
"Ehi.." non posso non sorridere ad Hunter in piedi dietro Ginger, quindi direttamente davanti a me. Mi schiarisco la gola visto il mio tono di voce insolitamente roco. Il tavolo viene avvolto dal silenzio, alcuni di loro osservano Hunter, altri me, altri Harry. Quest'ultimo tiene gli occhi fissi sul ragazzo appena arrivato come se potesse saltargli addosso da un momento all'altro. Hunter se ne accorge ma questo non lo ferma dal continuare ad essere gentile e sorridente con me. Sento che potrei mettermi a piangere da un momento all'altro: l'ho trattato malissimo. E l'ho trattato malissimo proprio a causa di Harry, sul quale non poteva avere più ragione.
"Ti va di venire con me?" domanda con un tono leggermente teso ed sorriso sbieco. I ragazzi mi guardano tutti quanti, l'unico a continuare a tenere gli occhi su Hunter è Harry.
Annuisco affrettandomi a mettere via il libro che avevo sulle gambe, lancio un'occhiata agli altri mentre stringo le spalle di Sean: "Stavano parlando di una cosa importante.." cerca di fermarmi.
Gli occhi di Harry sono su di me e non potrebbero essere più contrariati di così, cerco di non guardarlo per non permettergli di deludermi ulteriormente.
"Può rispiegarmela dopo." gli sorrido. Non è vero che stavano parlando di cose importanti, discutevano di una festa a cui sono andati solo Jayden e Ginger. E poi la mia presenza non mi è sembrata così indispensabile finora. Li lascio prima che possano sollevare altre obiezioni.
"Sembri triste." osserva Hunter mentre, frettolosamente, ci dirigiamo fuori dalla mensa.
"Ah si?" domando con morbida ironia, dandogli una leggera gomitata. Sposto i capelli dietro le orecchie.
"È per loro?" mi chiede facendo un cenno verso la mensa.
"In parte." ridacchio amareggiata, non voglio dire che è a causa di uno preciso di loro. "Credo tu avessi ragione sai? Sul fatto che non conosco alcuni di loro come dovrei. Eppure nonostante tutto, mi hai vista triste e sei venuto a parlarmi comunque, nonostante io non sia stata molto gentile con te negli ultimi tempi." arrossisco.
"È chiaro che si tratta di alcuni di loro in particolare." e dice alcuni per non dire Harry. Mi zittisco, non ho il coraggio di continuare questa conversazione perché verrebbe fuori tutta la mia stupidità e la mia mancanza di giudizio. I pianti dei giorni scorsi riecheggiano nella mia mente e la delusione è tale da farmi venire di nuovo gli occhi lucidi.
"Non è importante." sussurro "Che mi racconti? È da tanto che non ti chiedo come stai. Parliamo sempre dei miei problemi." sono tesa come una corda di violino quando arriviamo in palestra. È vuota.
"La cosa più entusiasmante che ho da raccontarti è mia zia crede che io sia depresso." lo guardo con occhi assottigliati.
"Non è un gran periodo nemmeno per te?" lo seguo fino al centro della palestra.
"Non lo è." si gratta la nuca mentre osserva, al mio stesso modo, lo stereo appoggiato per terra "E posso arrischiarmi a dire che è per le tue stesse ragioni." lascia andare lo zaino per terra.
"Non credo proprio!" scoppio a ridere, buttando lo zaino da parte a mia volta. Scruto con attenzione lo stereo: è vecchio ma sembra ancora funzionante a giudicare dalla pila di CD stipati lì accanto.
"Hai mai desiderato ardentemente qualcosa che non riesci ad avere?" mi chiede lui armeggiando con qualcosa all'interno del proprio zaino. Scoppio in una risata isterica quando mi pone la domanda: conosco questa sensazione fin troppo bene.
"Direi di sì." sussurro osservando gli specchi alla parte e la mia immagine su di essi.
"Il cibo non ha sapore ed i giorni sono tutti uguali." arresto i miei passi "Non riesci a non capire perché qualcosa che ai tuoi occhi potrebbe funzionare meravigliosamente non accada. Non capisci quello che desideri e il mondo attorno a te si mescola tutto in un unico colore grigio scuro." mi volto verso di lui, ma mi da le spalle "Cerchi di convincerti ad andare avanti- inserisce un disco all'interno dello stereo- ma la vita è ferma." lo guardo con occhi sull'orlo del pianto perché so che è di me che sta parlando mentre descrive ciò che io provo per un altro. Scuoto leggermente la testa: non voglio ferirlo, se sa già tutto questo perché portarmi qui?
"Lo so." sussurra poi stringendosi nelle spalle dopo aver fatto partire una dolce musica di archi e pianoforte. "Ti sei persa." ed è a queste parole che sento le lacrime scendere lungo le guance, fino al collo. Annuisco ed a passi lenti mi avvicino a lui. "L'ho notato." mi sorride allungando una mano ed accarezzandomi il viso. "Ho una cosa che potrebbe farti stare meglio. Chiudi gli occhi." eseguo l'ordine ed attendo.
Vorrei dirgli che essere qui con lui e sentirlo parlare in questo modo è già una sorpresa più che sufficiente. Ma ho paura che se aprissi bocca scoppierei in singhiozzi incontrollati. E dirgli ciò per cosa? Per illuderlo ulteriormente? La mia coscienza è già abbastanza compromessa così.
Lo sento armeggiare con qualcosa e non capisco cosa stia facendo, ma la cosa mi diverte e l'emozione cresce. Non riesco a stare ferma sui miei passi quindi prendo a camminare avanti ed indietro.
"Sei pronta?" mi domanda. Annuisco impaziente: "Apri gli occhi."
Lentamente li disserro, solo per trovarlo davanti a me con in mano un paio di scarpette da ballo. Lo stupore è tale che mi pietrifico osservandole.
"Hunter.." bisbiglio senza riuscire a rigare nulla che possa esprimere la mia gioia meglio.
"Mi è giunta voce che sei una deliziosa ballerina di danza classica." mi sorride. Annullo la distanza tra di noi lanciandogli le braccia al collo ed abbracciandolo forte.
"Ti va di ballare?" domanda poi sui miei capelli. "Guai a te se rispondi di no: progetto questo momento da quando mi hai confessato di aver ballato classica."
"E giri con un paio di scarpe da ballo nello zaino da mesi?" ridacchio afferrando le scarpette e stringendole al petto. Mi affretto a metterle. Avere indossato i leggings è stata una buona idea questa mattina. "Lo sai?" gli chiedo mentre le sistemo ai piedi "È stata mia nonna Ofelia ad iscrivermi a danza. Appena ho imparato a camminare." sorrido ripensandola.
"È un bene che tu abbia dei ricordi così felci della danza. Questa è un'altra delle tantissime cose che abbiamo in comune, io e te." sollevo lo sguardo su di lui "Mia madre ballava danza classica." mi spiega.
Lo stupido sorriso che avevo sul volto svanisce lentamente: "Erano di tua madre?" domando conoscendo già la risposta. Lui annuisce, incrociando le braccia al petto. "Oh.. Hunter." scuoto lentamente la testa non riuscendo nemmeno a credere a quanto questo ragazzo si stia esponendo a me.
"Non conosco una persona più adatta di te ad indossarle." sorride e mi porge la mano per farmi alzare da terra.
La musica del pianoforte confina ad andare. Ha organizzato tutto: le scarpe, l'ora buca di entrambi, la musica, la palestra vuota. "Nessuno si è mai disturbato tanto per me." gli confesso.
Faccio dei passi indietro iniziando a riscaldare i piedi e i muscoli in generale.
"Spero di saperci ancora fare." ridacchio nervosa. Assumo una posa rigida per divertirlo: "Demi-pointe!" descrivo mentre eseguo. Lui sorride mentre si apparta in un angolo della palestra.
"Einquième!" continuo.
Ispiro a pieni polmoni chiudendo lentamente gli occhi. Muovo la testa in modo da allungare i muscoli del collo. Ala fine improvvisare un balletto non è poi molto distante dal cercare di chiudere tutto fuori pr riuscire a possedere la mente di una volte bianca. Qui in mezzo a questa palestra ci sono solo io e mi ergo alta e possente sulle punte dei piedi, come se dovessi assurgere al cielo. Muovo le braccia in un onda morbida per allegarle dal resto del corpo: permetto a me stessa di sentirle fino alla punta delle dita.
Riesco a sentire la pioggia di note irrorarmi ogni muscolo del corpo e mentre la musica aumenta d'intensità inizio a muovermi di conseguenza. Si susseguono una serie di piroette e di slanci ma sopratutto pensieri. Questo è un momento perfetto: dovrebbe cristallizzarsi e restare così per sempre. Non c'è nulla che io debba volere di più, e in parte è così: qui ritrovo la calma che da così tanto mi manca. Posso scappare da ciò che sono anche se solo per alcuni minuti. Occupo lo spazio di tutta la piccola palestra mentre i piedi rincorrono note e pensieri.
I capelli mi frustano il volto. La climax di note ascende ed io volteggio sulle punte seguendo quel ritmo malinconico ed incalzante. I respiri si affannano perché l'aria disposizione sembra infinta, questa palestra lo è, se non la guardo.
Non c'era nessuno riguardo in lui, non per me. Ho creduto a molto ma mai alle cose giuste: ho creduto ai nostri baci ma non alle brutte parole che ne seguivano. È forse questo delusione ciò che mi merito per essere ciò che sono? Vale questo dolore come moneta di scambio? Non ho mai compreso questo battere nel petto, ora men che mai. Non voglio più chiedermi perché, tutto ciò che desidero è una finestra di felicità. Non voglio la pace, voglio sentirmi viva e sentire la pelle d'oca quando investita dal vento gelido delle sue mani. Ma non dovrei volerlo, non dovrei desiderare così invano spiragli di luce se tutto quello che mi circonda è perso in una terribile oscurità.
I piedi iniziano a dolermi, non ballo da molto tempo. Continuo a volteggiare su me stessa nonostante la fatica ed il dolore.
Il trucco è non fermarsi.
Dietro le palpebre serrate un caleidoscopio di ricordi: Millicent il primo giorno di scuola, lo Sheol per la prima volta, il bacio con Harry, il bere con Jayden e gli altri, la voce di mia madre al telefono, il vento tra i capelli mentre spezziamo l'aria in moto, le sigarette dei miei amici e le risate colme di fumo, le notti senza sonno e quelle colme di pianto.
I movimenti del mio corpo sono sempre meno automatici, sempre più fluidi. Mi sembra di star galleggiando nell'aria, di essere una nuvola.
Stampati nella mia mente Harry e Lucilla ed il fatto che la prima cosa che abbia desiderato vedere appena tornato sia stata lei. Stupida, mi sussurra mia mente. Sorrido, ma so di star piangendo perché la cosa più triste di tutto ciò è che io stia pensando a questo mentre ballo davanti ad Hunter.
Rotolo a terra raccogliendo i piedi vicino al petto e poi inarco la schiena. I capelli sciolti si aprono come raggi di un sole violento attorno alla mia testa. Apro lentamente gli occhi e tutto ciò che posso vedere e il soffitto triste e screpolato della palestra. Gli occhi bruciano: sono stanchi e pesanti. Dormire potrebbe essere una soluzione ma non mi è possibile. Sono sfinita, tutta l'energia a me concessa e stata prosciugata da delusioni processate come veri e propri lutti. Vorrei poter genere di dolore ed è a quest'ultimo che apro un varco quando mi raccolgo di nuovo si me stessa, abbassando la testa e pingendo.
Qualcuno mi trascina a sé: è Hunter. Stringe le braccia attorno alla mia persona e mi concede di singhiozzare sulla sua spalla. Mi vergogno enormemente di me stessa, se solo questo pianto mi servisse a capire che è lui che potrebbe rendermi felice.
"Sono terribile." borbotto ancora in lacrime.
"A me sei parsa magnifica." risponde stringendomi a se ancora più forte. Mi culla con dolcezza mentre la musica termina. "Non ti merita." sussurra "Se non per altro, per aver interrotto quei magnifici passi di danza." mi fa ridacchiare e per questo non potrei apprezzarlo di più.
"Sai sempre cosa dire e come dirlo, non è così?" il petto continua a salire e scendere.
"Cerco solo di farti sentire meglio. Mi dispiace tu stia così. Se avessi tanti muscoli quanto cervello lo farei a pezzi." fa spallucce. "Non si accorge della persona magnifica che sei.." la sua voce va affievolendosi "E tu sei così persa." sussurra poi con un sorriso addolorato in viso.
Lo attiro a me in un abbraccio stretto stretto, affogo la testa nell'incavo del suo collo e mi sento cullata quando avvolge le braccia attorno al mio busto e mi solleva facendomi roteare in aria. Rido io e ride lui mentre mi tengo sempre più stretta.
È mentre Hunter mi rimette a terra che noto Harry appoggiato allo stipide della porta che da sul corridoio: ci guarda, le braccia conserte, gli occhi indecifrabili. Non mi azzardo più a provare ad indovinare le sue sensazioni.
Non distolgo gli occhi dai suoi. Benché lucidi e terribilmente stanchi, per la prima volta, li osserva con l'intensità con cui avrebbe sempre dovuto.