Sheol

By Little57

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Tra le macerie di un posto che cadeva a pezzi non ci eravamo resi conto che quelli piรน distrutti eravamo noi... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
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Capitolo 38
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Capitolo 41
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Capitolo 80
Capitolo 81
Capitolo 82
Capitolo 83
Capitolo 84
Capitolo 85
Capitolo 86
Capitolo 87
Capitolo 88
Capitolo 89
Capitolo 90
Sequel ed altre storie
Nuova Storia: Madera

Capitolo 9

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By Little57

Un'ora e mezzo dopo vengo assalita da un senso di nausea inspiegato e inizio a sentirmi davvero come se potessi vomitare ovunque da un momento all'altro. La testa mi sta per scoppiare e certo essere circondata da musica e persone rumorose non mi aiuta affatto. D'altro canto non so cosa mi aspettassi di diverso venendo in un pub di sabato sera. Ma la parte positiva di quest'uscita è che io rappresento una minoranza, che il resto del gruppo invece si sta divertendo cantando e ballando felice ed ubriaco in messo ad altre persone ubriache e felici.
Mi massaggio le tempie con delicatezza. Ho provato ad ordinare un tè calmante, e, nonostante l'occhiataccia riservatami dal barista, non ha funzionato molto; così come non è servito praticamente a nulla prendere l'aspirina che mi ha offerto Millicent. So che non è qualcosa che parte direttamente da me, ma dallo sguardo agghiacciante e penetrante di Gwendolyn Cruz, i cui occhi hanno perlustrato ogni centimetro del mio essere. Ma mentre faccio questi pensieri mi derido, assumendo per vero che è impossibile che una persona, soltanto guardandoti, possa causarti un dolore così grande. Forse mia nonna lo classificherebbe come malocchio, o altre diavolerie del genere, ma non credo proprio che sia l'attività principale degli adolescenti di queste parti. Ridacchio divertita dai miei stessi pensieri.

Decido che l'unico modo per cercare di alleviare davvero l'inferno che si sta scatenando nella mia testa è andare a prendere una boccata d'aria e cercare di allontanarmi dal rumore assordante di questo pub. Faccio a gomitate tra la gente ammassata tra i tavoli fino a quando non riesco a trovarmi fuori. Una volta all'esterno controllo di non aver perso né il cappotto né la borsa. Mi riprometto che, se riesco a riprendermi nel giro di poco, andrò subito a casa. Essere all'esterno, fuori dai miasmi della gente e dell'alcol, con la musica e le grida isteriche ovattate, mi fa sentire leggermente meglio. Recupero un po' della mia lucidità e ringrazio il cielo che la situazione non sia peggiorata, altrimenti sarei potuta svenire da qualche parte e chissà cosa ne sarebbe stato di me.

Mi appoggio in un punto poco lontano dall'entrata e chiudo gli occhi respirando a pieni polmoni. Cerco di fare mente locale e di capire quale strada sia meglio seguire per tornare a casa. Quella che mi tiene attaccata a questo portico è proprio la paura delle strade buie di questa cittadina. Bisogna stare in allerta quando le si percorre di giorno, figurarsi di notte, nei pressi di un pub. Per un attimo mi balza alla mente il libro che ho preso in prestito da Arthur: tratta di un investigatore che tenta di risolvere una serie di omicidi nelle stradine della Londra del 1800. Con l'unica luce dei lampioni e la leggera nebbia sento che potrei far parte di un romanzo simile anche io. Più i miei pensieri si susseguono meno sento il mal di testa. Ho sottovalutato il potere dell'aria aperta.

"Come mai tutta sola qui fuori quattrocchi?" una voce inconfondibilmente roca mi desta dalla strada nebbiosa di Londra per riportarmi davanti al pub. Alzo gli occhi verso Harry che presto incombe su di me con la sua stazza. Volgere gli occhi verso la sua figura in fretta non mi aiuta affatto, infatti una fitta mi fa serrare immediatamente le palpebre.

"Harry.." lo saluto in un sussurro dolorante.

"Tutto bene?" domanda, e se la sua voce non fosse perfettamente piatta potrei quasi credere che sia preoccupato per il mio stato psico-fisico. Non mi piace che sia qui in questo momento. La sua presenza richiede un quantitativo di energie che io non possiedo, al momento. Ma è proprio in questo che confido, che si renda conto della situazione e decida di lasciarmi in pace. So che quando siamo soli, o con Arthur, Harry sa essere altro oltre ad uno spaccone idiota, ma qui non siamo soli: la Douglas Hight School ha solo cambiato location.

"Sto bene. Ti ringrazio." riapro gli occhi lentamente, sistemando dietro le orecchie delle ciocche di capelli cadute davanti al viso.

"Non si direbbe." mi indica, col volto impassibile tanto quanto il tono di voce.

"Harry, sto bene." ripeto piantando gli occhi nei suoi. "Puoi tranquillamente tornare dentro e continuare la tua serata. Se stessi per morire e tu fossi l'unico a potermi essere d'aiuto verrei io stessa a disturbarti, non temere." gli concedo un sorriso ironico. Non vorrei sembrare scortese in questo momento, d'altro canto so fin troppo bene che genere di persona può essere e non voglio che questo momento già orribile peggiori a causa sua.

"Okay." fa spallucce girando i tacchi ed entrando di nuovo dentro il pub. Tiro un sospiro sollevato appoggiando la testa contro la parete a cui sono appoggiata. Subito vengo pervasa da un'irrazionale rabbia verso me stessa perché non riesco a nascondere che per un attimo ho sperato che restasse con me. Ma perché proprio lui? mi domando. I miei tre unici amici sono all'interno del pub a fare festa, com'è giusto che sia poi, perché proprio il più ottuso e maleducato degli uomini che abbia mai incontrato in vita mia dovrebbe prendersi il disturbo di stare qui fuori con me? Non sono uno spasso, in generale, ma in questo momento men che mai, e lì dentro è pieno di ragazze che lo divorano con gli occhi e che farebbero di tutto per lui.

Decido di sedermi a terra. Forse potrei chiamare un taxi, ma ho come la sensazione che non ce ne siano di disponibili. Rido di me stessa, perché anche se ce ne fossero io non potrei certo permettermelo. Prendo di nuovo la testa fra le mani cercando di valutare quanto ancora dovrò attendere prima che uno tra Roger, Hunter e Millicent decida di averne abbastanza e di tornare a casa. Potrei rendermi il compito più semplice e tornare lì dentro e provare a divertirmi ma conosco me stessa e conosco il mio stato attuale, so che non riuscirei ad impormi il divertimento. C'è solo un modo per riuscirci ed è bere, bere tanto, cosa che non voglio fare visto che rimedierebbe ai miei malanni soltanto per pochissimo tempo. E' mentre fisso le mie converse bianche che sento la porta aprirsi e la musica diventare un po' più assordante per un attimo. La cosa non mi disturba fino a quando:
"Ecco a te testa di fuoco. Spero tu non decida di svenire qui. Odierei che il fatto venisse ricollegato a me. La mia reputazione, da quando sei arrivata tu, sta peggiorando di giorno in giorno." Harry si siede accanto a me, facendo attenzione a spingermi più in là nonostante vi sia tutto il posto del mondo a disposizione per lui. Ha in una mano un bicchiere di cartone pieno di quello che credo sia caffè e nell'altra un piccolo bicchierino di cristallo pieno di liquido trasparente.

"Cosa stai facendo?" domando più che confusa.

"Ti porto un caffè nella speranza che possa aiutarti a riprendere colorito. Non c'era molto altro che io potessi ordinare." sospira.

"Sei serio?" ridacchio gemendo subito dopo per il mal di testa.

"Sarà meglio per te se la smetti di parlare prima che il mio buon animo si ritenga offeso e voglia tornare di nuovo dentro."

"Non ti ho chiesto io di stare qui." faccio spallucce.

"Ma perché diavolo la fai così difficile!?" alza la voce facendomi spalancare gli occhi.

Li riduco subito dopo: "Scusami se mi risulta parecchio strano che la stessa persona che non ha perso occasione di fare il bullo con me e che ha più volte, apertamente, dichiarato la sua antipatia nei miei confronti, al momento si preoccupa di 'farmi riprendere colorito'."

"Il caffè è tuo." risponde dopo una breve pausa, sembra non aver nemmeno sentito quello che ho detto. Decido di fare resistenza. Incrocio le braccia al petto e guardo lontano da lui; prende il bicchierino con dentro il liquore e lo butta giù con una facilità disarmante. Sollevando la testa indietro mi da una perfetta visuale del suo profilo e quando ri-appoggia il bicchiere a terra si accorge che lo sto guardando:
"Bevilo." suggerisce mettendomi il caffè in mano. "E poi, non per compromettermi ulteriormente dicendo altre cose sconvenienti, ma dove sono i tuoi migliori amici per sempre?" domanda ridacchiando.

"Il tuo alito puzza d'alcol." rispondo sdegnata.

"Non ti ho chiesto di baciarmi." è la sua risposta; arrossisco profondamente mentre porto il bicchiere di cartone alle labbra e bevo, lui sogghigna, capendo che è riuscito nell'intento di mettermi in imbarazzo.

"Perché sei qui?" gli chiedo poi.

"Voglio farti la stessa domanda." pianta gli occhi verdi nei miei, ed attende con pazienza. Le mani mi tremano leggermente e cerco di convincermi che sia per il freddo e non per il modo in cui sta seduto qui, accanto a me, come se avessimo sempre parlato tranquillamente del più e del meno.

"Sono qui con Millicent e Hunt-"

"No, Adkins, non hai capito. Ho visto con chi sei venuta qui e ho visto anche il tuo ragazzo che ti cercava-"

"Non è il mio ragazzo."

"Chi lui sia, o non sia, non ha importanza. Quello che ti ho chiesto è perché sei qui, alla Douglas Hight School." la serietà nella sua voce e l'attenzione con cui si concentra su di me mi mettono in soggezione.

"E tu perché sei qui?" svio.

"Io ci sono nato qui. Ma se ti dicessi la vera ragione per cui mi trovo ancora in questo posto avresti più paura di me di quanto tu non ne abbia già."

Sostengo il suo sguardo con sicurezza e, forse sorprendendolo, le mie labbra si schiudono in un sorriso: "Lo stesso vale per me."
Il fatto che sia nato qui implica che sia orfano. Ricambia il mio sorriso: "Scommetto che sei stata costretta ad un trasferimento forzato, nessuno, per quanto psicopatico metterebbe mai piede qui. Figurarsi poi una brava ragazza del ceto alto-borghese come te." gli rivolgo un'occhiataccia che nemmeno nota. "Quelle come te sono le peggiori."

"E, dimmi un po', Styles, come sarebbero quelle come me?" domando in tono di sfida.

"Io non ho paura di te testa di fuoco Adkins." continua senza rispondere alla mia domanda, ed è totalmente serio. "Quelle come te sono quelle che non hanno mai dovuto sopportare una fatica nella vita, ciononostante credono di potersi ritenere parte di un branco di disagiati come questo.." ed allarga le braccia in dimostrazione del suo punto. "Ma tu non sei una di noi." scuote la testa riccioluta con un'espressione di disprezzo in volto.

La cosa mi ferisce più di quanto io non voglia ammettere. E' esattamente la ragione per cui ho cercato di respingere le sue apparenti cure: c'è sempre qualcosa di nascosto in quello che Harry fa o dice nei miei confronti. Appoggio il caffè a terra e ridacchio amareggiata:
"Questa è la cosa più carina che qualcuno mi abbia detto da quando sono qui." e volgo gli occhi verso di lui con un sorriso sornione sul volto. Il fatto che sembri sorpreso ed infastidito allo stesso tempo mi appaga moltissimo. "Ed è da ragazza alto-borghese che ti dico che quelli come te è bene che stiano tra di loro. Là fuori, infatti, non sono nessuno."

"Attenta a ciò che dici Skylar." ringhia tra i denti, punto sul vivo.

"Nemmeno io non ho paura di te, Harry Styles." scuoto la testa alzandomi da terra. Preferisco tornare in mezzo al rumore ed alla gente piuttosto che continuare a parlare con lui per un minuto in più.

Lo lascio alle mie spalle dirigendomi di nuovo all'interno del pub. Lo stomaco mi si aggroviglia ma non nel senso di nausea in cui ha fatto fino a poco fa. E' una stretta soffocante e più ripenso a quello che è accaduto più si acuisce. Vorrei poter tornare a casa ma sono terrorizzata all'idea di farlo da sola. Perché cercare di comportarsi in modo carino nei miei confronti se tutto quello che voleva fare era trattarmi in quel modo? E poi, per qualche ragione a me totalmente estranea la morsa si inasprisce quando ripenso alle mie parole. Ho odiato dirle e ora il loro peso mi soffoca. Non penso che quelli come Harry debbano stare tutti insieme, isolati, né qui né in nessun altro posto. E la cosa che mi fa stare peggio è sapere che può essere così diverso da quello che da sempre a vedere e che con me ha sempre deliberatamente scelto di essere noncurante e irrispettoso. Continuo a spingere tra la gente per riuscire a raggiungere Millicent e gli altri.

E' una fortuna che non siano troppo lontani, ed è una fortuna che abbiano già dei bicchieri pronti per essere bevuti. Ho solo voglia di dimenticare il breve dialogo che c'è stato là fuori: col senno di poi avrei preferito passare il tempo da sola al freddo ad aspettare gli altri piuttosto che con lui, anche se mi sento meglio.

"Sky!" esclama Hunter "Mi stavo chiedendo dove fossi finita!" mi trascina in un abbraccio. "Stai bene?" domanda guardandomi negli occhi. Annuisco ringraziando che sia abbastanza ubriaco da non rendersi conto che in realtà la mia è una bugia.

Poco dopo noto Harry entrare nel pub, ha l'aria rabbuiata e quest'aria non fa altro che incupirsi non appena incontra il mio sguardo. La nostra interazione a distanza termina in fretta. Lui torna dei suoi amici, ed una ragazza bionda, particolarmente carina, si siede vicino a lui avvinghiandosi lentamente alla sua persona.

Distolgo lo sguardo e decido di impegnarmi particolarmente per riuscire ad ubriacarmi assieme agli altri e mandare avanti questa serata. L'alcol sale in fretta e molto presto tutto ciò che riesco a pensare è quanto sia euforico sentirsi completamente leggeri ed immuni, quasi felici, avvolti da luci e colori e, ciò nonostante, sprofondare nella pesantezza di emozioni grige.

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