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Quando mi accorgo che le braccia che mi stringono non sono quelle di un'ombra, ma di Christian, mi tiro subito indietro.

È a petto nudo davanti a me, con il lenzuolo legato in vita, mentre io sono ancora avvolta nel mio, con il reggiseno umido che non si è asciugato, anzi, ha reso solo il lenzuolo più freddo.
Christian mi sta osservando, stupito dal mio comportamento.
Prima piango accorata tra le sue braccia e poi mi allontano d'improvviso.
«Scusami», inizia a dire, alzandosi in piedi.
Non volevo che si sentisse in colpa, non volevo che mi vedesse così, non volevo che fosse qui...
Il modo in cui mi ha stretta mi ha fatto sentire così bene che ne ho paura...
«Ti lascio sola, se vuoi...», mi avvisa, osservando un'ultima volta me, le scie delle mie lacrime e poi il fuoco.
I muscoli delle sue spalle si contraggono e poi si volta.
La sua schiena è scolpita e vorrei che fosse di nuovo sotto le mie mani...
«No, aspetta...», allungo un braccio davanti a me, senza però riuscire a toccarlo, da qui.
Christian si volta, con un'espressione in volto che riesce a farmi pensare a qualcosa che non sia la pioggia là fuori, le lacrime, o le ombre.
Si riavvicina, fino a quando la sua mano non afferra la mia, ancora protesa verso di lui.
Si inginocchia davanti a me, allunga anche l'altra mano e sposta una ciocca di capelli che mi era caduta davanti agli occhi.
Sento il calore della sua pelle, ma non solo.
C'è un calore diverso, a volte, che va oltre quello che il corpo è in grado di produrre.
Un calore che proviene dall'anima, un calore che non è mai eccessivo, né troppo debole...

«Stavi piangendo...», sospira, cercando i miei occhi.
Nonostante la semioscurità della stanza, i suoi assumono una sfumatura di verde unica, sembrano pietre luminose, smeraldi roventi, circondati da delle ciglia così nere da mettere in dubbio il nero del mio passato.
«Se non vuoi dirmi perché, non importa, ma mi renderebbe felice sapere che stai meglio», aggiunge, continuando a sussurrare, come se temesse che parlando ad alta voce io potessi allontanarlo di nuovo.
«Ho paura», ammetto, senza riuscire ad impedire alla mia voce di tremare, come un germoglio al primo freddo.
E io, di freddo, ne ho conosciuto abbastanza...
«Non devi», afferma Christian, facendosi ancora più vicino.
«Non con me», e i suoi occhi abbracciano i miei, li accarezzano e li coccolano, come se potessero trasformarsi in mani in grado di riservare carezze, in labbra in grado di baciare, in cuore in grado di amare.
Christian si alza in piedi e va verso il divano, ci si siede e mi fa segno di raggiungerlo.
Mi accomodo accanto a lui, ancora scossa e agitata.
Stringo il lenzuolo intorno al mio corpo, e lo stritolo tra le dita.
«Vieni qui», lo ascolto, poggio la testa sulle sue gambe e chiudo gli occhi.
Sento che inspira e poi cambia posizione, allungandosi anche lui, così che la mia testa finisce contro il suo petto.
Mi stringe a sé, ed io mi meraviglio di come questo divano riesca ad accoglierci entrambi.

«Quando ero piccolo mia madre mi raccontava sempre qualcosa, prima che mi addormentassi...», inizia a dire, mentre nei miei occhi si riflette la luce del fuoco.
«Il più delle volte era ciò che aveva fatto durante la giornata, ma a me piaceva lo stesso, mi sentivo parte della sua vita, ed un bambino non desidera altro», sposta la mano dal mio fianco alla pancia, ed un brivido inatteso, quanto ben accolto, mi percorre tutto il busto, partendo proprio da lì dove le dita di Christian si sono posate.
«Sentirsi importante per i propri genitori», si...
Non mi sono mai sentita importante per mia madre, né per mio padre, ho sempre creduto che avessero troppi impegni, per pensare a me.

«Christian?», voglio che mi parli di sé, voglio che mi dica che non sarà mai Roger e non diventerà mai un Di Lauro, quando invecchierà.
Respira rumorosamente, sono sicura che è pronto ad ascoltarmi.
«Raccontami una storia», lo prego, mentre inizio a sentire la mancanza dei suoi occhi.
Vorrei girarmi, ma ho paura di non riuscire a coprirmi bene con il lenzuolo, e ho paura di... lui e di ciò che starà pensando, perché non riesco proprio ad immaginare cosa stia pensando.
Alla fine, però, decido di girarmi.
Mi stringo contro il suo petto, mentre lui posa il suo mento sul mio capo.
I suoi occhi hanno brillato di nuovo, le sue mani calde mi accarezzano, ed i miei pensieri volano come petali portati da un soffice vento.
C'è leggerezza in tutto questo.
Una sincera semplicità che mi emoziona.

«C'era un bambino, anni fa, che non vedeva l'ora di crescere, di sentirsi forte, di avere la possibilità di rendere orgogliosi i propri genitori che tanto lo avevano amato...», è serio, e la sua voce è profonda, profonda in un modo in cui neanche quella di Fred è mai stata, fa vibrare qualcosa, come se fosse in grado di sfiorare una corda, di farla suonare, dentro di me.
«I suoi genitori avevano un'azienda, ma non potevano più starne a capo, ed allora il bambino non doveva più aspettare, era giunta l'ora di diventare grandi, e di prendersi cura di ciò che gli altri gli avevano affidato», il tono si fa più calmo, lento.
«Il bambino trovò all'interno dell'azienda un buon amico, e passarono gli anni, e conobbe il dolore e la perdita, e ormai cresciuto iniziò a cercare un po' di più...», mi sto perdendo tra le sue parole e il calore del suo petto.
Christian mi accarezza i capelli, mentre con il respiro gli sfioro il collo.
«Non bastavano più i genitori, né l'amico, aveva bisogno di qualcun'altro, qualcuno che gli facesse credere che non sempre le cose vanno nel modo in cui vengono programmate», inspira, e ho l'impressione che mi stringa un po' di più a sé.
«E un giorno credette di aver trovato quella persona...», si ferma all'improvviso.
«E poi?», domando, incuriosita, ammaliata dalle sue parole, coinvolta in una musica che solo il suono della sua voce è in grado di evocare.
«E poi... solo con il tempo il bambino ormai cresciuto avrebbe capito cosa sarebbe successo», risponde, ed io ho l'impressione che la sua non sia solo una storia.

«Allora è tuo il giornale?», chiedo, stupita dalla rivelazione.
«Sì», afferma, felice del fatto che io lo abbia capito.
«Credevo... insomma», non so neanche cosa dovrei dire, ma peggio ancora, cosa voglio dire.
«Che fossi più vecchio? Ho ventisette anni, non sono più un ragazzino», domanda, sarcastico.
«Perché i tuoi genitori ti hanno lasciato l'azienda?», ribatto io invece.
«Mio padre non riusciva più a fare quella vita, era diventata troppo stressante, e mia madre non voleva lasciarlo solo... Io ho accettato, ed oggi ne sono felice».
«Fred ti vuole bene, come se fossi suo figlio», dico, sentendone il bisogno, voglio che sappia che c'è un motivo in più per essere felice, per lui.
«Sono sicuro che ne vuole anche a te, come ad una figlia...», riflette.
«Forse anche di più», aggiunge, ed io credo alluda a Dafne, e mi stupisco che anche lui conosca la sua storia.
«E se è così ci sarà un motivo», conclude.

Sospira di nuovo, mentre io sento un'aria calda, di felicità, avvolgermi.
Avverto, quasi come un bisogno, il desiderio di parlargli di me, di farmi conoscere, ma ci sono così tante cose orrende nel mio passato, cose che a me non piacciono, che il desiderio svanisce in fretta.
«Vorrei potessi fidarti di me», dice.
«Fred mi ha detto soltanto che hai avuto dei problemi, in passato, e che stai cercando di risolverli, e a me non interessa sapere di che genere di problemi si è trattato, vorrei solo poterti aiutare», aggiunge, accarezzandomi la schiena.
«Ogni uomo ha qualcosa che preferisce non dire di sé, o meglio, qualcosa che preferisce non condividere con tutti. È finisce che si confida solo con chi rivelarsi non è un sacrificio ma un desiderio», non un sacrifico ma un desiderio.
Ed il mio desiderio di aprirmi non è più forte del sacrificio, non oggi.
«Ti starò vicino, se vorrai», promette, riscaldandomi con il suo corpo.
Assorta nel mio silenzio ascolto i battiti del suo cuore contro il mio, frenetici e vivaci.
Persino loro sono affascinanti.
Vorrei poter restare così per sempre e ricordarmene, ma gli occhi si fanno irrimediabilmente pesanti, ed io non riesco più a resistere.
Avvolta da un generale torpore, un liquido e tiepido bagno, una dolce culla, mi lascio andare tra le sue braccia, incurante della paura che minacciava di prendermi con sé pochi minuti fa.
Ora sono a casa, questa è casa mia, fatta di mobili vecchi, di sedie che alimentano fuochi e di divani in grado di accogliere due persone che cercano qualcosa in questo mondo, e forse credono di averla trovata, perché hanno capito che non sempre le cose sono così semplici, e a volte bisogna saper aspettare, senza perdere la speranza.

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Nuovo capitolo DREAMERS!🎉🎉🎉
Stamattina mi sono svegliata con una sorpresa davvero carina😏 quando sono entrata qui per aggiornare la storia, wattpad mi ha avvertito che avrebbe potuto partecipare ai wattys2019, e così ora è iscritta😍
Non vedo l'ora di vivere questa avventura❤
Nel mentre però, vi lascio i miei 1560 baci parolosi, ricoperti di glassa alla gratitudine😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now