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«Ti sei raffreddato?», domando preoccupata a Fred, mentre in macchina mi spiega il programma del nostro viaggio a New York.
«No, non è nulla di grave, ma di sicuro la pioggia di avanti ieri non mi ha lasciato indifferente...», risponde.
«Spero che tu ti rimetta», dico sincera.
«Non ti preoccupare», Fred sorride, incerto.

«Come stai?», chiede Christian, in ufficio.
Fred è seduto al suo posto, ed io al mio sul divanetto, Christian mi è di fronte.
«Bene, grazie, tu?».
«Anche io, non c'è male...», osserva.
«Non sei venuta i giorni passati...», aggiunge.
«A casa c'era molta tranquillità», spiego, rendendomene conto anche io solo adesso.
«Anche qui c'è stata tranquillità, ma era noiosa, senza di te...», gli occhi si socchiudono, lasciando intravedere solo il nero della pupilla.
«Ma se sto sempre da sola», ribatto io, colpita dal complimento, colta alla sprovvista.
«Io so che ci sei però», mi sorride e poi stringe di più la cartella che tiene sotto braccio.
«Be', grazie», rispondo, in imbarazzo, non più abituata alle lusinghe.
«A dopo allora, ci vediamo a pranzo», mi saluta, uscendo dalla stanza.
«Sapevo che sarebbe successo», sospira Fred.
«Cosa?», domando interdetta.
«Ciò che succederà», risponde, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
Mentre nel mio petto scende qualcosa che mi fa tremare il cuore e non mi permette di prestare attenzione alle poesie.
Non per il resto della mattinata.

A casa trovo una lettera che mi aspetta.
Non ne avevo mai ricevute, non so neanche come sappiano che vivo qui...
Ma a ciò è Fred a rispondere, dicendomi che è stato lui a segnalare il mio nuovo indirizzo.
La lettera comunque non porta buone notizie.
Devo tornare in quella casa dove speravo di poter vivere con quello che sarebbe potuto essere mio marito, perché c'è un albero in giardino che rischia di cadere, dopo gli ultimi giorni di pioggia, ed è un pericolo per i pedoni e le auto.
Devo recarmi a casa il prima possibile e chiamare qualcuno per rimuoverlo.
Spero che Fred possa indicarmi a chi rivolgermi.
«Fred», entro nel suo ufficio, a casa.
Alza lo sguardo dalla sua scrivania e mi osserva, ma non è lo sguardo vivace e rassicurante di sempre, è stanco.
«Golden», sospira.
«Cosa c'è?», domando preoccupata, andandogli in contro.
«Credo sia l'influenza», spiega, girando sulla sua sedia prima di alzarsi.
«Di cosa hai bisogno?», si appoggia alla scrivania e cerca di concentrarsi su di me.
«Ti ricordi della lettera, ho bisogno di qualcuno che porti via un albero dal... giardino di...», Fred non sa nulla, della casa, di me, del mio passato...
Abbasso lo sguardo e vado a sedermi sulla poltrona nera all'angolo.
«Comprai una casa, quasi un anno fa, in previsione di un futuro che è diventato passato senza mai essere presente, e adesso c'è un albero in giardino che rischia di cadere a causa del maltempo, ma non so a chi rivolgermi...», spiego, non ancora in grado di essere completamente sincera.
Ed ora non perché non mi fidi di lui, ma perché temo che lui possa smettere di fidarsi di me.
«Sì, potresti chiamare il nostro giardiniere, ti prendo il numero», Fred non fa domande...
E la cosa un po' mi rattrista...
Non è invadente e non mi obbliga a fare cose che non voglio, ma allo stesso tempo temo che non vorrò mai fare alcune cose se lui non mi spronerà a farle.
Si allontana da me e prende un foglio su cui scrive il numero.
«Chiamalo, sono sicuro che potrà aiutarti», mi offre il biglietto, e sorride, gli occhi lucidi di chi non sta bene.
«Perché non vai a riposarti?», so che ne ha bisogno.
«Sì, hai ragione, credo proprio che ci andrò...», chiude gli occhi e non li riapre abbastanza velocemente da farmi credere che non stia poi così male.
«Vorrei accompagnarti, domani, ma non credo che la mia situazione migliorerà...», mi informa, avvicinandosi alla porta.
«Potresti chiedere a Christian, però, sono sicuro che ti accompagnerebbe volentieri», Christian...
Forse è meglio la sua compagnia, in confronto a quella dei ricordi che sono chiusi in quella casa.
Dovrei chiamare anche l'agenzia alla quale ho affidato la vendita dell'immobile, ancora non sono riusciti a concludere nulla. Forse non avendo neanche miei recapiti...
«Grazie lo stesso, Fred», gli rispondo sorridendo.
«Chiamerò io Christian per te», mi assicura, accompagnandomi alla porta, ancora una volta comprendendo ciò che io non volevo dire.
Mi avvicino al suo viso e gli poso un bacio sulla guancia.
Gli voglio bene.
Un bene che non credevo di poter provare più, dopo Roger.

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Il passato torna a farsi sentire, Golden sarà in grado di affrontarlo questa volta?
Intanto 800 baci tutti per voi DREAMERS!😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now