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Fred mi trova passando con la sua auto, sono così stremata che rifiutare un suo passaggio sarebbe morire comunque.
In macchina non gli parlo, ho paura dei suo modi sempre troppo gentili e del fatto che non si arrabbi neanche.
«Perché te ne sei andata?», mi domanda, preoccupato, non alterato.
Sembra essere davvero interdetto, poi qualcosa lo illumina e gli fa accostare l'auto.
Eravamo molto più lontani da casa sua di quanto mi aspettassi.
L'auto è ferma al ciglio della strada, gli occhi di Fred risalgono lungo il mio petto, fino al viso, so che tra poco le sue mani troveranno le mie gambe ed allora i miei pensieri saranno di nuovo realtà.
«Hai incontrato Jace, non è vero?», chiede, come se questo fosse la spiegazione di tutto.
«Lo so, ti avevo detto che mio figlio non era mai a casa, ma quando te lo dissi era vero, e lo è ancora. Jace torna tre o quattro volte l'anno e non resta mai per più di qualche giorno, non credevo che questo avrebbe potuto metterti a disagio, so come è fatto, avrei dovuto dirtelo, ma speravo partisse prima che tu potessi incontrarlo...», perché non avrei dovuto incontrarlo?
Perché la sua spiegazione sembra molto meno orribile della realtà che avevo immaginato io?
Come può mettermi a credere una realtà del genere?
«So l'effetto che potrebbe fare in alcuni casi...», ho l'impressione che nasconda qualcosa, con le sue parole, che ancora una volta tema di aver detto troppo.
Io non lo capisco lo stesso, però.
Perché sento di dovergli ancora credere?
Vedendo che non gli rispondo fa un ultimo tentativo.
«Jace partirà questo pomeriggio, poi la casa sarà solo per te. Hai bisogno di tempo, credo, forse anche di spazio... ed io non ho paura di offrirti ciò di cui hai bisogno», conclude, prima di rimettere in moto e ripartire.
Cosa crede di me Fred?
Perché si comporta così?
Cosa intende quando dice che ho bisogno di tempo e di spazio?
E che lui è disposto a concedermeli?
Cosa ha capito?

Arrivati a casa troviamo il pranzo già pronto, ed io ho una fame tale che ripulisco il mio piatto prima ancora che Jace possa essersi seduto a tavola.
«Non ti aspettavo per il pranzo», osserva Fred, rivolgendosi al figlio, che si sta sistemando il tovagliolo sulle ginocchia, seduto di fronte a me.
Jace ignora il padre e si rivolge a me.
«Ho dovuto rispondere ad una chiamata, e non ci ho messo più di due minuti, ma a quanto pare sono stati troppi...», non capisco se vuole essere un rimprovero verso se stesso o nei miei confronti.
Io, per l'ennesima volta, non riesco a rispondere.
Mi volto e trovo lo sguardo di Fred puntato su di noi, e non sono i suoi occhi a mettermi a disagio, ma ciò che esprimono.
Sembrano colmi di emozione, di gioia, come se finalmente stesse realizzando il suo sogno.
So riconoscere quegli occhi, sono quelli che ho cercato per mesi, ma che non ho mai trovato, neanche negli oceani più profondi, o nelle altitudini più estreme.
Quegli occhi non esistono, se non in pochi e rarissimi uomini.
Forse è per questo che non riesco a fare a meno di fidarmi di Fred, ogni volta che mi parla, anche se poi la vita ci si mette di mezzo e mi dona l'incertezza, è come se avessi finalmente trovato la mia fonte.
L'acqua in grado di sciogliere ogni cosa e di sanare ogni ferita.
Ascoltare Fred mi fa credere di nuovo in ciò che non esiste, ed a volte non si chiede altro.
Fred è un uomo speciale, forse dovrei restare.

«Jace, questa è Alba, non ho provveduto a presentarvi ieri sera, ma ero convinto che saresti partito questo mattino presto», si giustifica Fred.
«Non importa, abbiamo avuto comunque modo di conoscerci», risponde Jace, leggermente infastidito.
«Alba è una ragazza speciale, non giocare con lei», lo ammonisce, prima di iniziare a mangiare.
Jace rivolge un'occhiataccia al padre e poi un sorriso curioso nella mia direzione.
Abbasso lo sguardo ed inizio a contare i secondi che passano prima che io possa alzarmi da tavola e rinchiudermi di nuovo nella mia stanza.
Jace e Fred non parlano più, ed un silenzio troppo pesante mi fa credere di essermi sbagliata ancora.
C'è una tensione troppo tangibile tra i due, per poter pensare ancora che la bellezza degli occhi di Fred non sia stata solo una mia immaginazione.
O forse era reale, ma non aveva il significato che io le ho attribuito...
Continuo a fissare la tovaglia bianca e a contare, fino a quando non mi perdo nei miei pensieri ed i numeri non hanno più significato.

Macchie nere invadono la mia vista ed io torno lì dove credevo aver costruito un muro.
Mia madre e mio padre stanno cenando con me, a disturbare i nostri pensieri sono gli unici rumori delle posate sui piatti.
Nessuna parola, nessuno sguardo.
Dopo aver bevuto dal suo calice di vino, mia madre trova il modo per umiliarmi.
«Non credi che nostra figlia dovrebbe impegnarsi un po' di più? Ha dei voti mediocri, non sembra avere più interesse nei confronti dell'equitazione e ha smesso, da un giorno all'altro, di ricamare», il suo tono è indignato, ha persino messo giù la forchetta e lasciato da parte il cibo.
«Flavia, Golden ha sedici anni, ricamare non è l'attività di un'adolescente», mi sembra di essere un'estranea, perché ovviamente nessuno vuole sapere la mia opinione.
«Andare a scuola lo è, invece? O neanche questo ha più importanza?!», sembra fuori di sé, ma forse è proprio questa mia madre...
La voce si fa improvvisamente alta e gli occhi si spalancano senza nessun ragionevole motivo.
«Flavia», la richiama mio padre.
«Flavia niente! Grazia, la figlia di Mirella, eccelle a scuola e non ha un pomeriggio libero! Sua madre non si lamenta mai di lei, è la figlia perfetta!», continua, mentre un'inimmaginabile tristezza mi sale dentro, fino agli occhi.
Li punge da dentro e sono costretta a chiuderli, se non voglio iniziare a piangere.
«Se è per questo lo è anche Golden! Non è ciò che pensano i genitori dei figli a rendere i figli ciò che si pensa che siano! Quella Grazia è una pettegola insopportabile e chissà da chi avrà preso poi...», quella di mio padre è una frase in mia difesa, ma non serve a nulla, perché mia madre non si lascia convincere facilmente, ed io con la stessa riluttanza, riesco a dimenticare.

«Alba?», riapro gli occhi e vedo quelli di Fred davanti ai miei.
Le sue mani si allungano verso il mio viso, pronte a ferirmi, ma io non le lascio libere di fare ciò che vogliono, mi tiro indietro e mi alzo dalla sedia.
Fred si lascia sorprendere dalla mia reazione, ma poi riacquista serenità e consapevolezza di ciò che vuole.
«Stai piangendo», osserva Jace, alzandosi anche lui dalla sedia, pronto a venirmi incontro.
Mi porto una mano al viso e sento le scie umide che hanno lasciato le lacrime.
Inspiro.
Fred cerca di nuovo di avvicinarsi, ma io ho solo bisogno di stare sola.
Mi volto e corro nella mia stanza, incurante degli sguardi pietosi e confusi.

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Colgo l'occasione oggi di fare gli auguri a tutte le mamme di wattpad!❤
E per tutti gli altri 1210 baci di gratitudine per le letture che mi regalate😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now