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Si vede ogni cosa da qui.
Anche ciò che non c'è, perché l'immensità di questo posto lascia spazio a quelle fantasie che le mura di casa non potrebbero mai accogliere.
Il cielo è limpido, quasi trasparente, ma non grigio.
Nessuna nuvola all'orizzonte, solo il verde della natura, la dolcezza dei pochi fiori che nascono tra l'erba e l'imponente presenza degli alberi di pino.
Ci sono alcune panchine, ma la maggior parte delle persone siede sull'erba.
Mi avvicino ancora di più al dirupo di fronte a me e vedo la città sotto di noi, come se fossimo stati elevati, per merito, da tutto quel caos.
Qui c'è silenzio, qui c'è pace, qui il mondo è immobile, e da l'impressione di aspettarti, di essere qui per te, solo per te.
E la grandezza di questo posto si riflette nel lago limpido ai piedi dei monti.
Uno specchio perfetto.

«Ti piace?», domanda Fred, ed io annuisco, sorridente.
Mi prende per mano e mi accompagna fino ad una panchina.
Ci sediamo vicini e osserviamo insieme il cielo.
Il sole è ancora alto, ma credo sia passato mezzogiorno.
Sto bene.
C'è del vento, e un odore di libertà che mi da alla testa.
Fred non dice nulla, ed io ascolto il rumore della vita.
Le voci di chi parla e sorride dietro di noi.
Dopo un po' Fred si alza, lasciandomi sola.
Continuo ad osservare gli altri, fino a quando il mio sguardo non incontra quello di Christian, ancora con Vanessa.
Sembrano molto intimi, più che amici, forse.
Vanessa si da molto da fare, sorride e cerca un contatto con il corpo di Christian, ma lui è... riservato, sorride a metà, nonostante assecondi l'atteggiamento di Vanessa.
Dopo un po' la scena diventa noiosa e torno a guardare la natura.
Pranziamo, ma più che altro osservo gli altri pranzare.
Qualcuno ha portato dei tramezzini, ne assaggio uno e poi torno al mio posto.
Non mi importa di parlare con gli altri.
Mi piace stare sola, perché so che ormai sola non potrò più esserlo.
Con me ci sarà Fred, che io lo voglia o no, e questo è più che rassicurante.
È importante, è presente.
E mi fa stare bene.

Le cinque arrivano presto e non aspetto altro che il tramonto.
«È diverso da qui, non trovi?», mi domanda Vanessa, avvicinandomisi alle spalle.
Mi sorride, rassicurante.
Le faccio spazio accanto a me.
«Cosa?», domando.
«Il mondo», risponde, come se quello che ha detto potesse avere senso per le mie orecchie.
«Ma c'è molto di più in un uomo che nel mondo intero», continua, osservando il sole scendere lentamente dietro le montagne, avvicinandosi, ogni secondo di più, alle vette innevate.
C'è molto di più in un uomo che nel mondo intero...
«La grandezza dell'uomo è difficilmente immaginabile, è per questo che mi piace venire qui», osserva, come se desiderasse davvero rendermi parte dei suoi pensieri, come se davvero volesse che io mi sentissi accettata.
«Qui la meraviglia dell'universo apre i tuoi occhi, la tua pelle respira forza, i tuoi polmoni assorbono l'argentata presenza delle stelle, il cielo assume sfumature dorate, violacee, cosmiche, e tu ti senti finalmente parte di qualcosa, perché comprendi, almeno un po', ciò che sei su questo mondo», le parole di Vanessa sembrano fondersi con l'aria.
Ogni lettera sfuma fino a raggiungere delle note basse, profonde, le stesse che provengono dall'erba, dalla terra, dalle radici degli alberi.
Sono parole forti, sincere, dette con convinzione.
E tutto sembra assecondarle, persino il verso degli uccelli che si affievolisce facendosi più profondo.
«C'è un universo dentro ognuno di noi, ma non c'è dato di capirlo, perché il senso delle cose fugge dalle crepe aperte delle cicatrici che abbiamo», cicatrici...
Si, proprio quelle che non rimangono sulla pelle, quelle che non si vedono, e sono le peggiori.
Ce le portiamo dentro e ci rendono deboli.
«Ci si perde con gli anni, se non si capisce fin da subito che si nasce per trovare se stessi, e non qualcuno che sappia amarci, qualcuno che sappia trovare noi», non riesco più a seguirla, non so più se parla per se stessa o per dire qualcosa a me.
E le parole diventano troppo pensanti, annientano speranze e possibilità.
Sono crudeli.
Eppure rimangono impresse nella mia mente, allo stesso modo in cui fanno le più dolci e amabili, perché è così che va.
Si ricorda il bene, e con la stessa precisione non si dimentica il male.
«Sei l'unico a poter scoprire chi sei, e non c'è nulla dopo», sospira, gli occhi nei miei.
«Me c'è l'immenso infinito adesso».

È scesa la notte.
Le stelle hanno iniziato a brillare proprio in quel cielo che Vanessa ha appena finito di descrivere, e tutto sembra acquistare un significato nuovo.
Quelle luci lassù mi fanno sentire importante, in un mondo che brucia ed esclude tutto, eccetto se stesso.
E credo davvero di poter essere più forte di tutto questo, di potercela fare, di poter sopravvivere, ma soprattutto, di poter tornare a vivere.
«Non hai l'impressione che qualcosa di magnifico stia per accadere?», domanda Vanessa, come se l'incomprensibile e indiscutibile fascino del cielo, e di questo posto, la coinvolgessero in un modo non paragonabile ad altri.
L'unico pensiero che ho in testa, però, riguarda il modo in cui le cose cambiano, lentamente, forse anche troppo, ma alla fine, quando ti accorgi del cambiamento, capisci che è ormai troppo tardi.
Il sole è appena scomparso, lo ha fatto lentamente, ad osservarlo attentamente avrebbe potuto sembrare noiosa la sua discesa dietro ai monti, ma adesso mi domando come le parole di Vanessa abbiano potuto distrarmi a tal punto da non cogliere l'attimo esatto in cui il suo ultimo raggio a schiarito il cielo.
Come ho potuto ignorare la sua luce?
È davvero così difficile rendersi conto del momento in cui qualcosa sta cambiando e riafferrarla in tempo?
Ma a volte è davvero giusto legarsi al passato e rinunciare al cambiamento?
Se penso a me, mesi fa, quando ancora vedevo un futuro completamente diverso davanti a me, non mi sarei mai posta domande del genere.
E sarebbe stato peggio?
O meglio?
«Golden?», Vanessa mi sfiora il braccio, gli occhi inchiodati al mio viso.
Mi domandano cosa c'è che non va.
Scuoto la testa.
«È proprio bello questo posto», ammetto, senza sapere se è la cosa che dovevo dire o se non ha niente a che fare con la domanda di Vanessa, ma volevo dirlo.
«Sì, proprio bello», Christian compare alle nostre spalle ed io sobbalzo, un brivido mi fa tremare la spina dorsale.
«Christian! Vieni, siediti», lo invita Vanessa.
Ma Christian si siede accanto a me.
Vanessa mi osserva dubbiosa, mentre io non so dove mettere gli occhi, magari potessi scollegarli.
Christian guarda a terra.
Solo dopo parecchi secondi Vanessa si rilassa e torna a guardare il cielo che si imbrunisce ad ogni attimo di più, mentre io resto irrigidita al mio posto, le mani strette in grembo e le gambe congiunte.

Christian sospira, poi si volta verso di me, avvicina il viso al mio collo, e il suo respiro è accanto al mio orecchio.
È un soffio leggero, eppure è troppo forte, troppo intenso, ed i brividi che suscita in me mi fanno sentire come se fossi in preda ad una scossa elettrica.
Ho bisogno di staccarmi.

«Mi dispiace, per oggi, se ho detto qualcosa di sbagliato», parole soffici, ovatta candito, cotone morbidissimo, una seta fresca e liscia che scivola addosso lasciandosi dietro brividi di piacere.
Forse devo smetterla di trattare gli altri come se fossero mostri.
Forse sono solo stata sfortunata.
Forse Christian vuole solo essere gentile, come Fred.
«Non importa», rispondo.
«Importava a me», sorride, guardandomi in volto.
Gli occhi cangianti brillano come due stelle, e le sue labbra si aprono come i petali di una rosa che sboccia.
È tutto semplice, e in pace.
È la sua voce.
Deve essere lei.
L'artefice della mia momentanea gioia.

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Giornata magica per Golden, e anche se siamo a febbraio, nella storia, il tempo è addirittura meglio di quello nelle mie zone, in cui sembra novembre😒😑
Coooomunque, fatemi sapere cosa ne pensate dreamers, intanto io vi lascio 1360 baci😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘 da oggi si pubblica un capitolo al giorno! (O almeno ci provo)

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now