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Io non sono Dafne!
Tutto nei suoi pensieri mi attrae, il suo modo di scrivere, di ragionare, le sue teorie sul mondo, ma non riesco a farle entrare.
La paura di poter diventare come lei si aggiunge a tutti i timori che già avevo e mi sento male, ancora più male .
Fred credeva di potermi aiutare, ma in che modo avrebbe potuto aiutarmi una storia del genere?
Non voglio suicidarmi!
Ma cosa voglio?
È forse questo il problema...
Andarmene da qui, quasi sicuramente.
Ho bisogno di alzarmi dal letto, uscire, vedere il cielo e smettere di pensare, ed è quello che faccio.
Ma neanche il vento del giardino è di conforto, né il sole.
Sento gli sguardi di Rosalinda, da dietro le finestre della casa, e mi bruciano la schiena.
Le sto antipatica, lo so già, anche se non capisco perché, ma non mi importa.

Vado a stendermi sull'erba, incurante degli abiti che rischiano di sporcarsi e dei capelli che diventeranno un disastro.
Voglio solo trovare un posto nel mondo, un senso al mondo, un perché alla vita, ma più di tutto una ragione al dolore.
Ma non ci riesco.
È tutto così complicato, o forse talmente semplice da non poter essere accettato.
Dafne aveva capito.
Il mondo, la vita, la storia, è tutto una colossale dicotomia, una divisione di una stessa entità in due parti, dove una viene considerata diversa dall'altra.
Ed il mondo è senza senso, ed allora, probabilmente, sarebbe davvero la scelta giusta essere nichilisti.
Voler solo morire...
Sembra un desiderio così semplice da esprimere, così certo, anche, che verrà realizzato, eppure la certezza non mi è di nessun aiuto.
In alcuni casi non importa che il desiderio si avveri o meno, l'importante è che si avveri nel momento in cui lo si chiede.
È un pensiero superficiale, forse, ma cosa significa superficiale?
Perché andare sempre contro i desideri umani?!
Voglio la morte, ora o mai più, e siccome ora non arriva, preferisco il mai più, così da avere a disposizione tutto il tempo del mondo per rimediare al passato.
Rientro dentro quando le nuvole si fanno così grigie da non promettere bene.
Infatti dopo pochi minuti inizia a piovere.
Non so cosa fare.
La casa è enorme, la sola entrata è grande quanto il bilocale in cui ho vissuto vite fa.
La scala che porta al piano di sopra si piega come le dita di una mano che stanno per chiudersi.
Alla mia sinistra c'è una grande porta di vetro con la struttura in legno, dietro la quale riesco a vedere un pianoforte.
Deve essere lo stesso al quale suonava Dafne.
Sono incuriosita, e allo tesso tempo mi sento attratta da quell'oggetto così candido, e lucido.
Apro la porta ed entro dentro.
La stanza è ancora più grande rispetto a come sembrava dall'esterno.
Le pareti sono quasi internamente costituite da vetrate che danno sul giardino, ma che non riescono comunque a far entrare i raggi del sole, nascosti terribilmente bene dalle nuvole pesanti che non fanno altro che riversare le loro lacrime su di noi, come se fossero le uniche a soffrire, in questo universo senza senso.

Cerco l'interruttore della luce e quando lo schiaccio la stanza sembra trasformarsi.

Le vetrate diventano specchi in grado di riflettere la mia immagine e la figura possente ed elegante del pianoforte a coda.
Il lampadario è una cascata di cristallo sospesa a mezz'aria, e si riflette in ogni parete creando stelle disperse tra la luce soffusa che illumina la stanza. Il soffitto altissimo raffigura un cielo con qualche nuvola bianca e un giardino con una miriade di fiori.
Sono incantata, è come essere in un altro mondo, la stanza ti esclude dal resto della vita, e riflette te stesso.
Ci sei solo tu, in ogni senso.

Le stanze di solito ti connettono con il mondo esterno attraverso le finestre, e c'è la stanza, ma non ci sei tu.
Qui, invece, la stanza sei tu, la stanza è dentro di te.
Faccio una giravolta su me stessa, come se all'improvviso fossi divenuta la principessa delle favole, con un abito lungo e pieno di diamanti, un'acconciatura ordinata e dei gioielli che fanno invida a tutte le ragazze del reame.
Ma poi mi guardo allo specchio, e capisco di essere sempre io.
Una diciannovenne senza una famiglia, violentata e con un aborto alle spalle.
Mi avvicino al vetro della finestra e mi osservo meglio.
Gli occhi azzurri, di un azzurro che spesso si confonde con il grigio, il naso dritto e non troppo lungo e le labbra leggermente carnose...
Nulla sembra essere cambiato, solo la luce negli occhi sembra essere svanita.
Non che prima fossi felice, ma almeno speravo, ed è la speranza la felicità.
È la possibilità.
Chiudo gli occhi e inspiro, quando li riapro mi costringo a meravigliarmi di nuovo di questa stanza, e non lo trovo affatto difficile, perché il suo fascino mi entra dentro, o meglio, trova ciò che di bello è dentro di me.
E mi piace, come se finalmente avessi trovato qualcuno che mi vuol bene, capace di adattarsi alle mie paure, e nonostante tutto illuminarsi come io mai potrò fare.
Mi avvicino al piano e lo accarezzo.
La vernice è lucida, come se qualcuno se ne fosse preso cura in tutto questo tempo.
Penso che se qualcuno lo ha pulito, qualcun altro deve averlo tenuto accordato.
Apro lo sportello.
I tasti sono protetti dalla stoffa rossa che li ricopre, la tolgo.
Sono così belli...

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora