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Rientro a casa che non sono neanche le undici.
Fred è ancora sveglio e mi sente sbattere il portone.
«Golden», mi chiama dalla sua stanza, quando passo in corridoio.
Mi fermo davanti alla sua porta.
Dovei entrare?
«Golden, entra», mi invita, deve aver sentito che mi sono fermata qui.
Socchiudo la porta.
«Come mai siete tornati così presto?», domanda, alzandosi dalla poltrona dalla quale stava leggendo un libro, illuminato dalla lampada.
«Non mi sentivo bene», invento.
Si avvicina all'interruttore della luce e lo schiaccia.
«Golden!», esclama, come avesse visto sua moglie tornare a casa questa sera.
«Cos'hai fatto?», si avvicina velocemente a di me.
Inizialmente non capisco a cosa si riferisca, poi mi alza il volto, così da poterlo osservare meglio, e mi rendo conto che debbano essere ancora chiari i segni del pianto.
Non mi sono guardata allo specchio, forse sono un mostro.
Forse sono solo come Roger.

«Non mi sono sentita bene», ripeto, come se davvero potessi ingannare anche Fred.
Il vantaggio con Christian è che da lui posso scappare, da Fred no.
Viviamo nella stessa casa.
Anzi, io vivo nella sua casa.
«Con Christian? Tutto bene?», domanda, preoccupato.
Annuisco.
«Golden, sii forte, un giorno riuscirai a superare tutto. Lasciati aiutare, così che quel giorno possa essere più vicino, e visibile all'orizzonte... Io non so davvero più cosa fare... forse, se andassi da uno specialista...».
«Non lo so, Fred», sospiro, con la voce che riprende a tremarmi.
Sto per piangere di nuovo.
Devo andarmene.
Mi volto, e prima di richiudermi la porta alle spalle gli dono il sorriso migliore che posso, tra le labbra che tremano e gli occhi che minacciano di tradirmi, anche loro, da un momento all'altro.
Fred non mi chiede mai nulla, ma sa sempre ciò di cui ho bisogno.
Anche Christian, sa ciò di cui ho bisogno, nonostante io non gli dica nulla.
E allora perché è così diverso?
Perché da Fred non voglio fuggire, anzi, da Fred mi rifugio, quando invece da Christian non chiedo altro che scappare?
Il più delle volte sto bene con entrambi, ma quando accade qualcosa, è Fred che preferisco, mentre temo Christian.
Quando sto bene, però, la compagnia di Christian non ha eguali.
Potrò mai capirmi?

La domenica Christian non si fa né vedere né sentire.
Ho paura che abbia cambiato idea.
Che non rispetterà ciò che mi ha detto in auto.
Ma aspetterò di tornare in ufficio, il lunedì, per scoprirlo.
Non voglio chiedere a Fred, né a nessun altro.
Aspetterò e basta.
Come sempre.

«Golden», sono ancora al piano di sopra, ma sono pronta per scendere e andare in ufficio con Fred.
«C'è Christian, è venuto a prenderti», mi informa, ed io mi immobilizzo, in mezzo al corridoio.
Cosa gli dirò?
Come devo comportami? Dopo quello che è successo sabato...
In ogni caso devo muovermi.
Raggiungo le scale, le scendo velocemente, ripensando a quando sabato, in fondo ai gradini, c'era Christian ad aspettarmi.
Oggi c'è solo il suo ricordo.
Arrivo al portone.
Ci sono entrambi, Fred e Christian.

«Ciao», saluto, in imbarazzo, domandandomi quando potrò finalmente stare con lui per abbastanza tempo da non dovermi più sentire a disagio, senza che accada qualcosa che mi faccia ricredere su tutti i miei buoni propositi.
Christian mi sorride.
«Ciao», ripete.
Fred si volta a guardarmi, in mano ha delle buste.
«Questa è per te», mi porge una lettera.
«Cos'è?», domando.
«Viene da una clinica privata», mi informa.
Ed io mi pento, mi pento, e mi maledico, per averglielo chiesto.
La afferro, pietrificata.
Sento che il sangue sta calcificando nelle vene.
Prima o poi non riuscirò più a muovermi.
«Grazie», rispondo, sotto lo sguardo interdetto di Fred e di Christian.
Metto la busta nella mia borsa, dopo aver letto il mittente, e poi aspetto che gli altri escano, così da poter partire.
Durante il viaggio Christian non accenna a nulla.
Neanche io so cosa dire, così decido di aprire la lettera.
È della mia dottoressa.
Mi dice che dopo l'aborto devo effettuare dei controlli.
Non appena lo leggo la richiudo.

«Cos'è?», domanda Christian, incuriosito.
«Nulla», mi affretto a dire.
«Non è vero!», esclama, forse con troppa enfasi.
«Non è mai nulla, non con te», aggiunge, abbassando la voce.
Mi sembra così affranto, così rassegnato.
Non voglio che sia così.
«Golden», mi chiama.
«Cosa vuoi che faccia?», mi domanda, disperato.
Lo guardo, senza capire.
«Non lo so», rispondo.

Christian si volta verso di me un'ultima volta, gli occhi disperati ma pieni di una forza nuova.
Rallenta e si accosta al ciglio della strada.
Spegne l'auto.
«Questa volta non mi accontenterò di un riportami a casa», afferma, voltandosi verso di me, sedendosi in modo tale da appoggiarsi con la schiena allo sportello.
Non riuscirò ad andarmene, non oggi, non riuscirò più a mentirgli, questa volta.
Ci sono troppi segreti, troppe bugie, e non voglio dirgliene altre.
Non potrei neanche, perché non so più cosa inventarmi.
«Golden... credo di meritarla, la verità», continua, rendendo la voce un suono così dolce da ricordami le note della più bella canzone al pianoforte.
«No», rispondo d'istinto.
«No, non meriti la verità! È troppo brutta e... ingiusta, perché tu possa meritarla», la mia voce trema, come il più giovane dei ramoscelli alla prima dolce folata di vento.
«Golden...», mi richiama, alzando una mano, pronto ad accarezzarmi il viso, se solo glielo permettessi.
Ed invece le mie dita incontrano le sue, e le bloccano, prima che queste possano sfiorarmi il viso.
«Golden, vorrei solo essere parte della tua vita, e vorrei che questo ti rendesse felice», lo vorrei anche io, e lui non può immaginare quanto.
«Cosa dice quella lettera?», domanda, di nuovo.
Cosa dovrei inventarmi? Quale altra bugia devo raccontargli?
Forse la verità è la migliore delle bugie...
«Devo fare dei controlli», ammetto, sperando non mi chieda altro.
Il suo sguardo invece è pieno di domande, e so che se non glielo dirò, sarà lui a chiedermelo apertamente.
Sento il naso pizzicarmi e le lacrime salirmi agli occhi.
Sto di nuovo rischiando di perderlo.
Perché la mia verità non può essere qualcosa che lui accetterà tanto facilmente.
«Alcuni mesi fa sono caduta, ero incinta... e ho perso il bambino», ed alla parola bambino il mio viso diventa il letto di fiumi irregolari che scorrono senza poter giungere e trovare pace in nessun lago o mare.
«Incinta?!», ripete, incredulo.
Annuisco, non in grado di giustificarmi per questo.
«Oh, Golden, mi dispiace», dice, sinceramente, e questa volta la sua mano trova il mio volto, e le sue braccia avvolgono il mio corpo.
È un abbraccio instabile, insicuro, non significa nulla, né che questa rivelazione aggiusterà le cose tra di noi, né che non ci parleremo più a causa di essa, eppure mi sento rassicurata.
Sono riuscita a dirgli una delle mie verità, magari non gli piacerà, ma almeno sarò io a non piacergli, e non sarà una Golden che non esiste a piacergli.
«Allora è per questo?! C'entra il padre se tu...?», non sa come continuare la frase, ma ho già capito cosa vuole dire.
«No, suo padre non c'entra nulla, nessuno aveva mai voluto quel bambino», ed ora i suoi occhi sono scioccati.
Non sono la persona che credeva lui, non sono mai stata amorevole con nessuno, non ho mai avuto bisogno di nessuno.
«Non volevo quel bambino, avevo diciotto anni, nessuno si immagina con un figlio a quell'età...», cerco di calmare il respiro e parlare normalmente.
Christian mi ascolta, non vedo giudizi nei suoi occhi, solo i suoi tentativi di comprendere le mie parole.
«Quando l'ho perso però... sono stata male, erano cambiate troppe cose, e lui era l'unica che mi restava».
Cala un silenzio colmo di dubbi, ed io non so cosa accadrà ora, mi sento solo un po' meglio, perché per una volta, so di aver soddisfatto le richieste di qualcuno che dice di tenere a me.

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E finalmenteeeee!! Parte della verità è stata detta😏 e ora manca davvero poco alla fine DREAMERS... 1330 baci per voi che mi avete seguita fin qui😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘 spero di tornare presto con nuove storie, nel mentre mi dedicherò alla revisione di JUNIPER💪

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now