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Quando mi sveglio trovo sul mio letto un bigliettino.
La carta è spessa ed ha il solito color avorio dei biglietti da visita del signor Finnigan.
Lo afferro e leggo le righe che nasconde.

C'è una sorpresa per te, in giardino.
Roger

Ieri sera siamo rimasti su quella panchina per non so quanto tempo, ma ricordo solo che gli invitati avevano iniziato ad andarsene, allora Roger mi ha presa in braccio e mi ha accompagnata fino alla mia stanza.
Abbiamo continuato a baciarci, attratti, legati da qualcosa di inspiegabile, fino a quando non ho sentito un rumore dal corridoio, ed allora lui se n'è andato.
Mi alzo velocemente dal letto e, dopo essermi vestita, esco in giardino.
Seguo il sentiero che porta alla panchina dove ci siamo rifugiati ieri, e trovo una scatola abbastanza grande, avvolta nell'oro e decorata da un fiocco più rosso del sangue.
Mi affretto ad aprirla ed al suo interno trovo l'abito più bello che io abbia mai visto.
Un corpetto a cuore ricoperto di brillantini, e credo siano veri, ed una gonna morbida, con uno spacco che lascia scoperta metà della coscia sinistra.
Nella scatola c'è un altro biglietto.

Indossalo stasera, ti porto a cena sulla mia barca.
Roger

Torno in casa con la scatola sottobraccio e mi affretto a chiamare Roger.
«Ti è piaciuto il vestito? L'ho visto ieri notte mentre tornavo a casa in un negozio del centro, ho pensato a te...», inizia Roger, prima ancora che io possa aprire bocca.
«Questa sera non posso venire», mi affretto a dire, non voglio che continui ad illudersi.
«Non puoi venire?», ripete, incredulo.
«Esatto, ho già un impegno».
«E non puoi rimandare? Era un'occasione davvero importante...», protesta lui, dall'altra parte, facendomi sentire la cattiva di turno.
«E tu non puoi rimandare la cena?», ribatto, per nulla intimidita dal suo tono sdolcinato.
Sarò io a decidere dove e quando, non mi piace che sia lui a decidere tutto.
E questo mi diverte.
«Tesoro, mi hai chiesto di sposarti, ieri sera, volevo solo affrettare le cose, ma se proprio non puoi, pazienza, la mia barca non scompare dall'oggi al domani, rimanderò la splendida serata che si preannunciava... Persino le previsioni del tempo erano a nostro favore...», il tono di Roger è un continuo alternarsi tra il dispiaciuto e il supplichevole, ed onestamente mi da un po' sui nervi, ma al solo ricordo dei suoi baci...
«E va bene, rimanderò il mio impegno!», sbotto in fine.
«Non te ne pentirai», mi assicura lui, riacquistando la sua voce calda e tremendamente sensuale.
«Lo spero», concludo, prima di riagganciare e correre nella mia stanza.
Devo prepararmi.

Roger passa a prendermi con la sua Porche verso le otto e mezza.
Insieme attraversiamo il centro di Roma, ma lui non si sofferma ad osservare ciò ci circonda, punta dritto alla sua meta, senza accorgersi di ciò che lascia alle spalle.
I barboni che iniziano a prendere le loro postazioni, aprono i cartoni facendoli diventare dei letti alquanto scomodi, specialmente in inverno, quando la notte è ancora più lunga e il freddo non può essere allontanato da un semplice strato di carta.
E i mendicanti, che si fermano ai semafori in cerca di qualche spicciolo, nella speranza di trovare più bontà nel casuale passante notturno, invece che giornaliero.
Ed in fine le prostitute, ai margini di Roma, lungo la strada, non troppo distante dalla Nomentana.
Alcune in gruppetti ed altre che invece aspettano i propri clienti da sole.
Mi domando perché queste persone siano così.
E credo profondamente che se lo sono è perché in qualche modo lo hanno scelto.
C'è sempre un modo per riscattarsi, se non si ha un lavoro lo si può sempre trovare, e se non si ha una famiglia si può vivere anche soli.
Ma a volte la gente non ha voglia di impegnarsi, e molto più spesso ci si abbandona all'imprevedibile e incontrollabile scorrere degli eventi, affibbiando la colpa di tutto a qualcosa che non si può vedere, come il destino, ad esempio, o al dio in cui spesso si crede.
Non credo più in dio da... neanche io ricordo quanto. Forse avevo quindici anni, o forse quattordici, quando ho iniziato a farmi domande su questo dio.
E non è il fatto che non possa essere visto ad avermi fatto dubitare di lui, bensì il fatto che non esistessero risposte alle domande che mi ponevo, e anche Veffa, la cuoca, che predicava la parabola di dio un giorno si e l'altro anche, parlava di destino ed al contempo della volontà di dio, quando destino e dio sono cose completamente diverse, per chi crede.
Per me sono la stessa cosa, il destino decide per noi e dio decide per noi.
La conclusione, alla fine, è che non esisterebbe libertà al mondo, se credessi in essi.
Ed allora ho smesso di crederci.
Sia al destino che a dio, ed è per questo che adesso penso che queste persone avrebbero tutte le possibilità per rifarsi una vita, se solo lo volessero.
Non dico sarebbe semplice, probabilmente sarebbe la cosa più difficile della loro vita, ma se volessero, se solo lo volessero davvero...

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now