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«Sono incinta», lo avviso, un sussurro.
Non so perché lo faccio con queste parole, non so perché così direttamente, ma l'unica cosa che riesco a ricordare è che volevo che lo sapesse, perché volevo che capisse che io posso comprenderlo, anche se non crede.
Volevo che potesse sapere che avrebbe sempre potuto confidarsi con me, che l'avrei capito.
Volevo solo che non mi considerasse una bambina, una che sbaglia completamente e sempre, una che non sa cosa fare della propria vita...
Ed invece, non so cosa ho ottenuto.
Il signor Di Lauro si allontana e mi fa di nuovo spazio sotto l'ombrello, non so cosa sarebbe successo se non l'avessi detto, e non so neanche come la prenderà, adesso, dopo che l'ha saputo.
Dopotutto è il mio superiore e deve sapere che sono in stato interessante.
«Incinta...», ripete, come se fosse più sorpreso lui di me.
«Da quanto lo sai?», domanda, forse si è pentito di aver assunto una donna in gravidanza, ed io sono costretta a mentirgli, perché so che avrei dovuto dirglielo fin da subito.
Ma non so neanche se lo terrò, questo bambino!
«L'ho saputo due giorni fa», mento.
«E da quanto?», il suo tono si è fatto più freddo, distaccato, e mi dispiace di averlo allontanato, ma non volevo che si sentisse troppo vicino.
«Un mese», rispondo, e mi accorgo di come il tempo passi davvero in fretta, non mi resta molto tempo per decidere cosa fare...
«Il tuo ragazzo lo sa? Vi sposerete?», continua a domandare.
A lui non importa di risultare invadente, al contrario di qualcun altro...
«No», rispondo, ad entrambe le domande.
Il signor Di Lauro si ferma e mi osserva, stupito.
«Come mai?», domanda.
«É... partito ieri, non voglio dirglielo per telefono», rispondo, per nulla convincente, ma non credevo me lo avrebbe chiesto, e non credevo si ricordasse del fatto che fossi fidanzata...
Mi osserva, colpito dalle mie parole e poi riprende a camminare.
Lo seguo, non volendomi bagnare.
Mi accorgo che siamo arrivati.
Il portone in legno dello studio è davanti a noi.
Il signor Di Lauro mi riserva un'ultima occhiata prima di spingerlo e farmi entrare.
Chiude l'ombrello e lo lascia nell'androne.
Insieme entriamo nello studio, sotto lo sguardo indagatore di Claudia, più che di Giorgia.
«Cos'è? Adesso te la fai con Di Lauro?», mi attacca, non appena mi tolgo il coprispalle e faccio per sedermi.
Rabbrividisco al solo pensiero delle mani di un uomo del genere su di me, e al ricordo di quelle di Roger, che toccavano punti del mio corpo che non avrei mai voluto che un uomo come lui sfiorasse.
Mi sento male, ed ho la nausea.
Non riesco a rispondere a Claudia, traggo invece un respiro profondo e apro l'agenda sulla quale sono segnati gli appuntamenti del notaio.
Claudia scuote la testa e riprende il suo lavoro, mentre Giorgia mi raggiunge.

«Buon giorno, Golden», mi saluta, sorridente, per poi proseguire per la sua strada e raggiungere il distributore di bevande.
Cerco di ignorare la pressione che sento alle tempie, sembra volermi comprimere il cervello, ma non riesco a controllare la nausea.
Mi sembra di non riuscire a respirare e sono costretta ad alzarmi di fretta e raggiungere il bagno.
I conati mi fanno piegare in due, ma non esce nulla dalla mia bocca.
Mi bagno la fronte con dell'acqua fredda e poi mi sciacquo la bocca.
Tengo i polsi sotto lo scroscio dell'acqua, e aspetto che mi passi, mentre il pensiero di abortire si fa sempre più insistente, contrariamente a come avrei potuto credere.

Quando mi sento un po' meglio torno verso la mia postazione, ma poi penso a cosa mi dirà Claudia e così mi preparo prima, se avrà qualcosa da ridire le dirò di farsi i fatti suoi, non dobbiamo per forza essere amiche, o forse potrei semplicemente ignorarla, come ho fatto per la maggior parte della mia vita.
Ho ignorato.
E purtroppo ho ignorato troppe cose.
Ed invece Claudia non mi dice nulla, è impegnata a parlare con un ragazzo addetto alle pulizie.
Devo dire che non è male, ma è il tipo di Claudia, non il mio, anche perché dubito esista un tipo che possa fare per me, dopo tutto questo.

Prima di tornare a casa, questa sera, vado a comperare qualcosa di già pronto, non potendo cucinare in quella piccola padella di ieri.
Passando davanti ad un negozio però vedo delle pentole in offerta e acquisto tutta la batteria, tornando a casa soddisfatta.
Ora mi manca solo il detersivo, delle spugne, dei piatti migliori, delle posate nuove, ed un tappetino per il bagno, e magari anche qualche sedia nuova, oltre al divano, al letto, e ad un armadio...
Capisco che non manca poi così poco, ma sono sicura che riuscirò a cavarmela.
Abitare in una casa da soli non è semplice come credevo, ma ormai sono molte le cose che non sono come avevo immaginato.
Dovrò farci l'abitudine.

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E chissà a quante altre cose dovrà fare l'abitudine🙄
Capitolo piuttosto corta, maaaaaa vi aspetto nel prossimo😏❤
900 baci tutti per voi DREAMERS😘😘😘😘😘😘😘😘😘 che siete sempre qui a supportarmi.

Vi ricordo che nel mio profilo Ci sono anche altre storie
JUNIPER
I LIMITI DELL'AMORE
Entrambe complete!

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Where stories live. Discover now