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«Sabato è il primo febbraio», afferma Christian, dopo essersi seduto a tavola.
Vanessa e Fred alzano gli sguardi come se ciò significasse davvero qualcosa.
Aspetto che qualcuno parli.
Fred si volta verso di me e coglie la mia confusione.
«È tradizione, il primo febbraio, non lavorare e andare tutti lassù, sulla collina dove il sole splende più a lungo ed il cielo è stupendo», mi stanno prendendo in giro?
«Lo abbiamo sempre fatto, anche quando pioveva, è un rito scaramantico, non che io ci creda, ma è... rilassante», si spiega meglio.
Vanessa e Christian annuiscono, come se condividessero anche le parole non pronunciate.
«Ovviamente quest'anno parteciperai anche tu», si affretta ad aggiungere.
Ed io non posso rifiutare, non avrei un buon motivo, dopo aver promesso a me stessa di provare.
Devo farcela.
Tornerò a respirare normalmente, senza temere che l'aria possa di nuovo ferirmi i polmoni.

Venerdì torno in ufficio con Fred e lui, anche oggi non ha molto tempo da dedicarmi.
Colgo l'occasione per uscire in giardino e vado a sedermi sull'erba accanto alla fontana che ieri ho osservato dal terrazzo con Vanessa.
Da qui non sembra poi così straordinaria.
Sono troppo vicina per rendermi conto della sua immensa bellezza, e la luce sembra riflettersi diversamente sull'acqua.
Ma ogni cosa ha un suo fascino, anche la terra nascosta tra i ciuffi d'erba.
I raggi del sole sembrano dare forma alle cose, le modella come fossero semplici colori acrilici su di una tela.
E l'abile mano di un maestro muove su di loro un pennello fine, in grado di donare i più piccoli dettagli alle cose.
Tutto sembra essere ingigantito e reso più nitido da una spessa lente invisibile che riflette ogni sfumatura.
Anche le nuvole sembrano solide...
Anche gli uccelli sembrano potersi dissolvere nell'aria...
Anche il sole...
Sembra...
Brillare...

«Golden!», sento esclamare.
Apro gli occhi all'improvviso.
Credo di essermi appisolata, perché la luce del giorno mi colpisce come se vagassi da ore nel buio.
O magari da una vita intera...
Mi volto e vedo Christian venirmi in contro.
È sempre così elegante...
Non c'è stato un giorno in cui non l'abbia visto in jeans e felpa.
Forse è per il ruolo che ricopre nell'azienda, ma in ogni modo esercita un certo magnetismo su di me.
Una forza strana che al contempo mi impaurisce perché mi ricorda l'eleganza di Roger e quella di Di Lauro, mostri avvolti dai più lussuosi ed eleganti dei manti.
Brividi, come di freddo, mi percuotono, mentre io spero di riuscire a reprimere il pensiero che minaccia di strattonarmi di nuovo fino a condurmi con sé nel più terribile dei luoghi.
La paura.
«Cosa fai, lì?», mi domanda, ormai a pochi passi da me.
Il sole che prima avevo tanto ammirato rende i suoi capelli un perfetto intreccio di fili dorati, spessi e iridescenti, sembrano brillare di luce propria.
Mentre le sopracciglia, leggermente più scure, sembrano più spesse e rendono gli occhi di un terribile, per quanto profondo, verde marino.
«Nulla, osservavo il cielo», rispondo, con voce flebile, ancora non del tutto sicura di riuscire a sfuggire alla paura.
«Andavo a prendere un caffè, vuoi qualcosa anche tu? Mi accompagni?», domanda, facendo un passo ancora verso di me, sorridendo.
Gli occhi cambiano colore, all'ombra dei pini che sono in giardino, ed assumono una sfumatura blu zaffiro.
Zaffiro.
Lo stesso colore di quelli di Roger...
Altri brividi mi elettrizzano, fino a quando non vengo scossa da qualcosa.
Mi alzo in piedi velocemente.
Lo osservo.
Perché è qui a domandarmi se voglio del caffè?
Perché si è avvicinato?
Io non gli ho mai fatto capire di desiderare la sua presenza!
E non la voglio!
«Cosa c'è?», corruga la fronte e mi osserva preoccupato e frastornato dal mio repentino cambiamento d'umore.
«Nulla, credo che Fred mi stia cercando», invento una scusa ed inizio ad allontanarmi da lui.
Un'ombra nera gli si avvicina.
Credo voglia portarlo via con sé.
Ed invece non lo osserva neanche, viene verso di me.
A pochi metri dal mio corpo si trasforma, si divide, fino a diventare due e poi tre e poi quattro...
Ombre senza tratti si accostano sempre di più.
Sento i loro respiri gelidi congelare l'aria e tutto ciò che mi circonda.
Indietreggio fino a quando non mi accorgo di aver superato la fontana.
«L'ho appena visto, non era preoccupato per te, era...», non lo ascolto più, ed inizio a correre.
Non me ne importa niente di ciò che era Fred.
Sento qualcosa prendere possesso delle mie caviglie, le spinge, le spinge fino a quando non sono in grado di camminare, di correre.
Qualcosa che permette al mio cuore di battere più velocemente.
Qualcosa che non mi lascia essere tranquilla.
Torno dentro ed inizialmente voglio tornare nell'ufficio di Fred, ma poi capisco che lì anche Christian mi troverebbe facilmente, così mi infilo dentro la prima stanza con la porta aperta che trovo.
È buio e sembra non esserci nessuno.
Mi raggomitolo in un angolo e aspetto che tutto questo finisca.
Che le ombre che mi inseguono smettano di gridare.
Ed il loro respiro...
Il loro respiro è ancora sotto i miei abiti.
Sulla mia pelle.
Mi sento nuda.
Povera.
Di nuovo sola.
Di nuovo persa.
Di nuovo troppo lontana.

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora