36. Grotta Azzurra

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Erik:

Continuai a remare senza sosta, guardando l'alta parete alla nostra destra in cerca di una qualche fenditura. Il mare era calmo intorno a noi e i gabbiani volavano spensierati nel cielo azzurro privo di nuvole.
Sirenity si era addormentata poco dopo essere atterrati; aveva la testa appoggiata al bordo della barca, il braccio sinistro posato sulle mie gambe e il dolce viso a cuore contratto in un'espressione concentrata, come se si stesse forzando di ricordare qualcosa.
«Ehy, svegliati... non ho la più pallida idea di dove sia questa grotta!»
Lei mugolò contrariata, scuotendo appena il capo e ricadendo nel mondo dei sogni.
Sbuffai e, osservando di sfuggita la falesia notai qualcosa di "diverso": una specie di piccola insenatura nella grande parete rocciosa tutta uguale.
«Sirenity! Apri gli occhi e dimmi se questa è l'entrata della Grotta Azzurra»
Le punzecchiai il braccio provando a svegliarla e lei, finalmente, aprì gli occhi. Ritirai i remi e la aiutai a sollevarsi, pesava meno di una piuma ed era questione di minuti: presto sarebbe scomparsa. Lei rantolò a fatica, muovendo appena il capo in assenso. La distesi nuovamente e ripresi a vogare con forza, con nuove energie dettate dalla speranza e dalla paura. I muscoli mi facevano male, il mio corpo stava raggiungendo il limite, eppure mancava così poco...
Raggiungemmo la fenditura in un batter d'occhio, ma le pareti di roccia erano troppo ravvicinate, temevo di non riuscire a passare.
«...Ritira... remi, corda... usa la corda»
Seguii le flebili indicazioni di Sirenity. Il suo respiro si faceva pian piano più lento, le sue palpebre erano di nuovo chiuse e la sua immagine sbiadita e immobile. Non avevo mai avuto tanta paura in vita mia, iniziavo a pensare al peggio: sarebbe morta tra le mie braccia, a un passo dalla salvezza. Avevamo fatto lunga odissea in mezzo all'oceano per nulla: non ce l'avrebbe fatta.
Digrignai i denti cacciando con rabbia i miei pensieri pessimistici e, afferrando con ferocia la corda consumata inchiodata ai lati della parete, tirai con forza riuscendo a far entrare la barca senza rimanere bloccati.
Noi ce la faremo, è una promessa: sfileremo davanti alla morte, le faremo assaggiare le nostre vite, ma ad un soffio dalla sua tagliente falce ce ne andremo, perché insieme siamo più forti Sirenity.

L'acqua e le pareti appuntite creavano uno scenario oscuro, claustrofobico, rispecchiando ampiamente i timori di poco fa. Si sentivano dei sibili fiochi, simili a quelli dei serpenti, e avevo la sensazione che mille sguardi o forse più fossero puntati su di me: maligni, benevoli, beffardi, comprensivi... Qualcosa si mosse intorno a noi e la barca ondeggiò seguendo i moti dell'acqua. Allungai una mano per accarezzare la testa di Sirenity, avendo improvvisamente bisogno di un contatto, ma toccai solo il legno e il sangue mi si gelò nelle vene. Per una frazione di secondo non ragionai più, il buio più totale si impossessò di me. Ci fu un movimento quasi impercettibile e, subito dopo, la barca di legno si capovolse su se stessa e il contatto con l'acqua ghiacciata ravvivò ogni mio senso. Coordinai i movimenti disordinati di braccia e gambe per cercare di ritornare in superficie, ma una mano squamata mi afferrò per la caviglia trascinandomi giù. Fu in quell'esatto momento che i raggi del sole entrarono nella grotta, illuminando l'acqua e rendendola di un azzurro mai visto prima tranne che negli occhi di Sirenity. Mi bloccai improvvisamente, completamente attratto da quel colore, ma soprattutto sollevato nel vedere il corpo della mia amata apparentemente al sicuro tra le braccia di una sirena.
Venni trascinato più giù e -grazie alla luce magica che inondava la grotta- scorsi altre due sirene, dalle code verdi e gialle, che mi spiavano curiose. Loro mi guidarono verso il fondale, dove giaceva la statua di una sirena fatta di cristallo; era talmente bella da sembrare viva. Pareva volesse danzare con l'acqua e indicava con le dita sottili la superficie; sul suo viso era scolpita un'espressione di pura tristezza, come se stesse salutando qualcuno di molto caro.
«Toccale la fronte e chiedile con la mente il permesso di passare»
Parlò una delle due sirene, facendo uscire piccole bollicine d'aria dalle rosee labbra sottili. Annuii decidendo di fidarmi e con poche bracciate, libero dalla loro presa, raggiungi la statua di cristallo. Fronte contro fronte, pregai di lasciarmi passare spiegando il motivo della mia impresa e perché fosse così importante.
Sentivo l'aria mancare, non avevo più ossigeno e lottavo contro l'istinto di tornare in superficie. Lasciai la presa sulla statua ormai debole e privo di forze; neanche vedere Sirenity talmente trasparente da confondersi con l'acqua servii ad alimentare il mio spirito combattivo. Volente o meno, mi stavo piegando all'inevitabile. Mi dispiace tanto, non sono riuscito a salvarti...
La statua di cristallo iniziò a creparsi in più punti e l'acqua intorno ad essa venne spinta lontano con forti ondate d'energia. Dalle fessure della scultura uscii della luce e più si intensificava più i frammenti di cristallo sprofondavano lenti sul fondale.
Guardai esausto la statua e gli angoli della sua bocca sembrarono alzarsi, mostrandomi un accenno di sorriso. Le ultime riserve di ossigeno si esaurirono e gli occhi, già socchiusi poiché irritati dal sale marino, si chiusero definitivamente.

Una Goccia di MareWhere stories live. Discover now