23. Bisticci prima della tempesta

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Erik:

Da un giorno io e Sirenity non ci parlavamo più. Lei era sempre indaffarata o persa nei suoi pensieri, non mi rivolgeva la parola; ed io ero troppo orgoglioso per iniziare un discorso, anche di poco conto.
L'unica cosa che lei voleva era portarmi al tesoro e svanire per sempre, uscendo dalla mia vita così com'era arrivata.
Ormai non ero più interessato a quello stupido tesoro, anzi: stavo iniziando ad odiarlo. Quello che più volevo era che Sirenity rimanesse, ma questo lei non l'avrebbe mia accettato. Era libera e sfuggente come l'acqua: bellissima, indispensabile e ingovernabile.
Bevvi un altro bicchiere di rum e scaraventai il bicchiere contro la parete. Sentivo i brividi di rabbia percorrermi tutto il corpo, su e giù, senza darmi tregua. Dovevo darmi una regolata: non volevo o potevo costringerla a rimanere senza il suo volere.
Mi sdraiai sul mio letto, cercando di farmi passare il nervoso. Ci riuscii, ma divenni un pezzo di ghiaccio privo di emozioni e, guarda caso, Sirenity varcò la soglia della porta in quel momento.
Volevo sorriderle, ma non ci riuscii. Non la degnai neanche di uno sguardo.
«Che vuoi?»
La mia domanda risuonò, involontariamente, fredda. Ci fu silenzio, Sirenity non se lo aspettava.
«Ci dobbiamo organizzare per arrivare alla grotta dov'è il tesoro»
«Organizzati da sola, non me ne importa più niente»
Questo era vero, però avrei potuto dirlo con più... come si chiama, ah sì: gentilezza.
«Ma insomma! Che ti prende! Prima perdiamo delle settimane su un'isolotto, ora non vuoi neanche più finire la tua ricerca!?»
Lei sbottò, infastidita dalla mia totale indifferenza.
«Cosa non hai capito del: non me ne importa più niente? Non mi sembra tanto difficile da comprendere!»
«Sei infantile! Un moccioso viziato. Sentiamo, cosa vuoi!? Vorresti che rimanessi qui come un cagnolino scodinzolante ai tuoi ordini?! Vorresti che pendessi dalle tue labbra come faceva Ruby!»
È no Sirenity, lei la dovevi lasciare stare. La bolla di indifferenza che si era creata intorno a me, esplose. Sei in grado di farmi impazzire gocciolina. Scattai in piedi e la fronteggiai. I suoi occhi bruciavano di rabbia e di delusione, i miei, immaginavo, fossero più cupi del solito.
«Non hai il diritto di nominarla, non hai nessuna ragione per dire ciò. Sì, va bene, non mi sarò accorto che mi amava ma non è colpa sua. Puoi sparlare di tutti tranne che di lei, ti rode il fatto che "si capisce che si ama qualcuno solo quando lo si perde"? Ti da fastidio che gli altri si innamorino e tu resti sola. Ammettilo che è così!»
Il suo viso fu sfondo di innumerevoli espressioni, dalle arrabbiate, alle deluse e alle sconcertate. Non si mosse di un millimetro: eravamo ancora fronte contro fronte, respiro nel respiro, occhi dentro gli occhi.
Le sue labbra si serrarono fino a diventare bianche poi, con uno spintone, mi allontanò da me e mi guardò con disgusto.
«Speri che mi metta a piangere? Speri che cadi ai tuoi piedi?! Oh no, Erik, non sono così. E va bene, ammetto che mi piacerebbe essere guardata con amore, ma non che mi "rode" il contrario. Non vedo l'ora di andarmene da te, sei insopportabile! E poi, guardati. Scappi dai tuoi problemi come un codardo, non hai affrontato Derek, non hai vendicato la tua "amata Ruby" speri che degli insulsi gioielli ti possano servire, ma per favore! Stai zitto e pensa alla tua vita senza ostacolare la mia»
Lei girò i tacchi, figurativamente parlando, e se ne andò furibonda sbattendo la porta. Io non la fermai, avrei potuto fare qualcosa di insensato o peggiorare la situazione. Come se non l'avessi già fatto...
Mi misi a ridere, una di quelle risate pazze. Mi sedetti sul letto con calma, cercai di riacquistare quella freddezza che Sirenity aveva infranto e rimasi immobile a contemplare una parete.

Sirenity:

Quel! Quel! Quel brutto idiota, infantile e rintronato! Diamine come mi dà sui sui nervi!
Era stato lui a voler prendere quel tesoro della malora! Se non fosse per il fatto che fossi legata a lui, e che era una specie di Creatore, me ne sarei andata di certo.
Avevo bisogno di un bagno. Presi la rincorsa, evitando tutti i filibustieri, e mi buttai in acqua tramutandomi in sirena.
Nuotai fino a quando non fui immersa nel buio. Non ero ancora arrivata al fondale, ma più di così non volevo scendere. Rimasi immobile a mi abbracciai da sola, ripensando a quello che mi aveva, e avevo, detto. Erik... perché di nuovo a me? Perché chi mi piace mi ferisce? Piansi. Le lacrime si confusero nel mare e piccole bolle d'aria, i miei singhiozzi, risalivano in superficie accarezzandomi il volto. A parte tutte le cavolate, ero io che non me ne volevo andare: stavo bene con lui.
«Sirenity, piccola mia, non piangere. Forse non è lui la persona per te, non si merita le tue lacrime»
«U-Uran?»
«Sì, sono io. Sirenity non piangere, ricorda tutte le volte che sei stata forte. Ora devo andare, ma ricorda: io e Aer ti aspettiamo a braccia aperte, non vediamo l'ora che torni. Soprattutto lui, gli manchi da morire»
Sorrisi debolmente, essere forte, due piccole parole con tanto significato. Tirai su col naso e passai le mani sul viso, sorridendo. Sarei stata forte, per loro.

***

Era pomeriggio inoltrato quando decisi di risalire sul galeone, avevo passato un intero giorno sott'acqua, seguendo la nave da lontano.
Nell'aria si avvertiva l'odore di tempesta e non ero la sola ad essere preoccupata per ciò.
«Sono solo un paio di nuvole, le affronteremo senza problemi fifoni che non siete altro, a lavoro!»
Tuonò Erik, facendosi sentire da tutti a bordo dell'intera imbarcazione. Il capitano se ne stava al timone e scrutava l'orizzonte impassibile, sembrava che la preoccupazione dei suoi sottoposti non lo toccasse minimante.
«Sirenity, vai a prendere delle corde nella stiva»
Mi voltai, era stato Romeo a rivolgermi la parola.
«Aspetti che ti dico "per favore" sirena? Muovi quelle gambe!»
Mi riscossi subito e attraversai tutto il ponte fino a scendere nella stiva. Era tutto buio, dovetti aspettare un attimo poiché i miei occhi si dovevano abituare. Andai a tastoni, con le mani protese avanti e un passo alla volta; le stive non mi erano mai piaciute. Mi facevano ribrezzo, c'era muffa e acqua stagnante ovunque. Rovistai tra delle botti e delle sacche ammucchiare e, senza volerlo, ascoltai la conversazione tra due pirati ubriachi e ozianti. Canticchiavano, imprecavano, si lamentarono dell'umore cupo del capitano e mi insultavano: mi credevano la causa del suo malumore. Cercai di restare calma e di non attaccar briga con quei nulla facenti.
«Sirenity, muoviti con quella corda, corpo di mille balene!»
Mi riscossi e, affermando la corda, uscii di corsa passando in mezzo a quei due. Loro caddero, li avevo "accidentalmente" spintonati. Risalii la scaletta di legno ridacchiando e porsi la corda a Romeo. Lui la afferrò e se ne andò borbottando qualcosa sulla mia lentezza. Non avendo più niente da fare, raggiunsi Erik al timone.
«Dove bisogna andare?»
Chiese lui, in evidente difficoltà nel tenere ferma la mappa. Il vento iniziava a farsi più forte, la burrasca era vicina.
«Per ora sempre a Nord-Est»
Nascosi della tristezza, non mi piaceva quando Erik era così distaccato e impassibile da tutto.
Rimanemmo in silenzio mentre una lieve pioggerella ci inumidiva i capelli e i vestiti; avevo una brutta sensazione.

***

Ormai la pioggia era diventata violentissima, i lampi squarciavano il cielo scuro della sera e i tuoni sovrastavano il rumore dell'oceano in tempesta. Erik e Romeo erano occupati a impartire ordini ai pirati, i quali, cercando di non cadere, si muovevano rapidi. Io provavo a stare al passo, ma tutto era troppo veloce e caotico. Le onde gigantesche sollevavano la nave e la sballottavano di qua e di là e il galeone gemeva, sembra sul punto di lasciarsi andare sotto tutta quella sollecitazione.
Non potendo fare granché, andai a polpa e cercai di impedire all'acqua di far affondare l'imbarcazione, ma l'oceano sembrava non ascoltarmi. Alcuni uomini erano già caduti in mare, poche vele rimanevano intatte e le corde, molto tese, sembravano sul punto di spezzarsi.
Troppo occupata ad appiattire un'onda alla mia destra, non mi accorsi che, sul lato opposto, ne stava arrivando un'altra, gigantesca. Ci colpì in pieno, portò via molte cose e quasi nessuno riuscì a rimanere in piedi; ma nonostante tutto, i filibustieri, si alzarono e continuarono a eseguire gli ordini. Sentivo la loro adrenalina salire, non avevano paura. Loro volevano combattere e sconfiggere il pericolo. Volevano vedere il sole spuntare da dietro le nuvole grigie e gioire per aver superato la tempesta. Tutti collaborarono, si aiutarono, mi sembravano una grande famiglia.
Niente però fu utile a domare la furia dell'oceano e del vento, neppure il mio potere. Un'onda inghiottì e ruppe il galeone facendolo affondare, finimmo tutti in mare. In mezzo al mare e la tempesta che iniziava a calmarsi.

Angolo autrice:
Ciao a tutti, che pensate di questo capitolo?
Come si risolveranno le cosa tra Sirenity ed Erik? Come faranno senza più il galeone?
A venerdì.

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