3. Ventiquattro

97 23 16
                                    

Ruby:

«Buongiorno!»
La mia vista era annebbiata e avevo mal di testa; mugolai in risposta, muovendo la testa da parte a parte e stiracchiando le braccia.
«Dove sono?»
Erik rise e, per quanto amassi la sua risata, non mi sentivo bene, mi infastidii.
«Sei nella cabina di un famigerato pirata, piccola e innocente donzella!»
«Chi, tu? Ma per piacere!»
Mi voltai dall'altro lato del letto, trattenendo delle leggere risatine anche se non ero affatto felice. Emise un verso contrariato, non gli piaceva che qualcuno lo contraddicesse, ma a me lo permetteva.
«Alzati! Hai del lavoro da sbrigare, non dirmi che hai bevuto così tanto da non reggerti ancora in piedi»
Mi scrollò gentilmente, ma non volevo alzarmi per nessuna ragione al mondo.
«Ventiquattro»
Sussurrai talmente piano che ebbi l'impressione di averlo solo pensato. Invece no, l'avevo detto e Erik mi aveva anche sentito. Si sedette al mio fianco, accarezzandomi dolcemente la testa e capendo ciò a cui stavo pensando. Quel giorno Esmeralda avrebbe compito ventiquattro anni, sarebbe stata sposata e forse avrebbe avuto dei figli.
Erik sapeva che non doveva dire niente, non avevo mai reagito bene quando qualcuno diceva: "mi dispiace" "condoglianze" "era una brava ragazza"
Sorrisi tristemente. Esmeralda non era mai stata una brava ragazza. Faceva di tutto pur di disobbedire, adorava mettersi nei guai, ma mi voleva bene. Tanto, tantissimo bene.
«Ricordo quel giorno come se fosse ieri»
Iniziai, voltandomi verso di lui. Ogni anno, nel giorno del suo compleanno, nonché giorno delle sua morte, ripetevo ad alta voce cosa era successo. Erik non mi guardava; sapeva che odiavo chiunque mi osservasse con dispiacere. Andò a cercare la mia mano, l'afferrò e la strinse dolcemente nella sua.
«Ero andata dal gioielliere a ritirare l'anello per Esmeralda, Derek mi aveva chiesto di farlo»
Si irrigidì al nome del fratello, ma comunque alzò la testa e mi guardò. Non aveva nessuna espressione: solo lui era in grado di celare ogni sentimento e guardarti senza che potessi vedere qualcosa nei suoi occhi. Da marrone chiaro diventarono scuri e cupi, sembravano fatti di vetro.
«Dopo aver lasciato la scatolina nelle mani di Virgilio, tornai a casa a passo lento e pensieroso. Esmeralda avrebbe coronato il suo sogno dopo che, in missione, gli avevano rotto il braccio»
Virgilio era un uomo fidato di Derek. E, il fatto che ero pensierosa, non era dovuto dalla proposta imminente, ma da una parte di storia che solo io, mia sorella e Derek conoscevamo.
«Passammo varie ore e, mentre ricamavo, qualcuno bussò alla porta freneticamente. Pensai che era Esmeralda, ma no: era Derek. Aveva un'espressione sconvolta e non si reggeva in piedi»
Ingoiai delle saliva e mi leccai le labbra. Avevo la gola secca, ma il mal di testa si stava affievolendo piano piano.
«Mi disse che alcuni della vostra banda avevano trovato mia sorella, morta, vicino al fiume. Il suo corpo era coperto di tagli e lividi, il vestito bianco lacerato e la cesta dei panni da lavare al suo fianco. Era morta dolorosamente e lentamente. Derek era scosso da pianti e singhiozzi, si incolpava della sua morte perché era stato lui a mandare lì Esmeralda, per tenerla lontana e prepararsi per chiederle la mano»
Mia sorella se ne era andata per sempre, non l'avrei più rivista. Mai più. Ma la vera storia non era iniziata così. Esmeralda era venuta da me per dirmi che non mi sarei dovuta dichiarare a Erik, secondo lei, non era l'uomo giusto per me. Io uscii di casa furente, con l'intento di dichiararmi in quel preciso giorno. Ma per le scale del covo incontrai Derek, anche lui, prima di mandarmi a ritirare l'anello, mi disse le stesse cose, ma "almeno" aggiunse anche di pensarci bene.
Dopo essersi sfogato, piangendo insieme a me, disse queste esatte parole guardandomi negli occhi: "Ti prego Ruby, ti supplico, esaudisci l'ultimo desiderio di tua sorella. Prima di andare al fiume so che avete bisticciato e che ti ha chiesto di non dichiararti a mio fratello. Ti supplico! Fallo per lei"
Solo per mia sorella acconsentii a quella promessa. Non avevo mai visto Derek così scosso, e allora capii che anche lui aveva un cuore, anche lui aveva dei sentimenti e amava veramente Esmeralda.
«Storcerò fino all'ultima parola i segreti di quella vagabonda, costi quel che costi!»
Affermai alzandomi dal letto, buttando bruscamente le coperte a terra. Persi l'equilibrio e maledissi il dondolio continuo del galeone. Non toccai il pavimento, Erik mi tenne in piedi. Avevo ancora un po' di mal di testa e la nausea. Ma chi se ne frega! Chi se ne frega di tutto! Al diavolo!
Mi allontanai dal moro con uno spintone infastidito, anche se non si mosse di un millimetro. So tenermi in piedi da sola!
Lui mi lasciò fare senza dire niente, ma solo pochi passi dopo, venni tirata indietro e avvolta dalle sue forti e accoglienti braccia. Tutto di lui urlava: "casa" e mi sentivo confortata dal suo tocco delicato e famigliare.
«Sono e sarò sempre qui per te Ruby, raccontami tutto, lo sai che ti ascolterò»
Sussurrò nell'incavo del mio collo. Il fiato caldo, a contatto con la mia pelle, mi fece rabbrividire e il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Se potessi veramente dirti tutto...
«Mi manca terribilmente, la vorrei qui, vorrei ancora dirle tante cose, vorrei non aver mai litigato con lei quel giorno»
Sospirai strofinando il viso sulla sua camicia, alla ricerca di più calore e sicurezza.
«Non puoi far niente per cancellare il passato, puoi solo accettarlo e andare avanti. Sei forte, coraggiosa, determinata, ma anche dolce, amorevole e sincera. Sei speciale, e sono sicuro che Esmeralda lo sa e non voglia vederti con i sensi di colpa»
Annuii piano, trovando in quelle parole un riferimento a se stesso. Se non fosse per me, lui, sarebbe come il fratello: uno spietato assassino. Certe volte, soprattutto quando combatteva, ritornava la sua fredda crudeltà. Una volta si era perfino messo a ridere in maniera maniacale, nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi, ma io sì. Lui era buono, era solo colpa del fratello se aveva fatto del male.
Ispirai il suo profumo, mi rilassava  e esorcizzava la mia tristezza; odorava di Erik, un po' strano a dirsi, ma era così: non sapeva di muschio, vaniglia, sporco o non so' che. Lui aveva un profumo tutto suo.

***

Scesi nella stiva con un pezzo di legno in mano. Lo sbattei due o tre volte contro la parete, poi mi avvicinai alla cella della ragazza; facendolo ticchettare contro le sbarre. Avevo una lanterna, ma la luce era comunque fioca e traballante. Stare nella stiva mi disorientava, non si vedeva né il mare né la luce del cielo, preferivo rimanere sul ponte o nella cabina di Erik.
«Posso sapere, per una buona volta, come ti chiami vagabonda?»
«In tutta la mia vita mi hanno sempre chiamata in modi diversi, dipende da te quale vuoi sapere»
Parlava con così tanta superiorità da darmi i nervi. E se riusciva a far perdere le staffe a me, voleva dire che era proprio odiosa. Aveva uno sguardo altezzoso, l'aria regale e decisa di coloro che sanno cosa fanno e ciò che vogliono.
Lei mi sorrise, avvicinandosi armoniosa alle sbarre che la tenevano rinchiusa. Sbaglio o non ha più le catene ai polsi? Eppure ero sicura di avergliele messe!
«Il tuo nome di battesimo»
Chiesi seria, non lasciandomi intimorire dai suoi occhi cristallini. Mi osservò divertita e rise beffarda, come se avessi detto la cosa più sciocca al mondo.
«Non sono battezzata e non credo nel tuo Dio»
La osservai stupefatta. Ma da che mondo viene! Forse è di una famiglia illuminista o una pellerossa, no impossibile, non sarebbe così pallida e non conoscerebbe la nostra lingua.
«Dovresi essere scomunicata solo per questo!»
«Uh che paura! Sono terrorizzata!»
Sbattei il bastone contro la cella, ma niente, nessuna reazione: solo immensa noia da parte sua.
«Cosa ci facevi in quell'isola sperduta? Non abbiamo trovato nessuna imbarcazione o roba del genere. Come ci sei arrivata?»
«A nuoto, che domande!»
Lei rise ed io perdevo la pazienza. La terra ferma distava più di tre giorni di viaggio, nessun umano poteva arrivare fin lì.
«Ruby, ci serve una mano, muoviti!»
Gridò qualcuno affacciandosi alla botola della stiva.
«Arrivo!»
Mi voltai, rispondendo a Rapidamano, che mi tendeva una mano per aiutarmi a uscire con più facilità.
«E per te, niente cibo né acqua fin quando non ci dirai qualcosa in più su di te»
La prigioniera aveva un'espressione da una che se lo aspettava, mi guardò raggiante mentre me ne andavo. Voleva proprio farmi innervosire. Che donna strana...

Angolo autrice:

Lo so, scusate, ho cambiato l'ordine dei capitoli modificando un po' i fatti. Tranquilli non succederà più (spero)
E successo tutto così per caso, mentre stavo scrivendo il continuo mi sono immaginata questi avvenimenti e mi piacevano troppo, non potevo non metterli.
Voi cosa ne pensate?

Una Goccia di MareWhere stories live. Discover now